ZU – Goodnight civilization

Avete creato una musica potente ed espressiva che spazza via totalmente ciò che molti gruppi fanno in questi giorni! E non l’ho detto io, l’ha detto John Zorn, anche se nel lontano 2002. Ma è un’affermazione ancora valida in questo EP di soli 11 minuti intitolato Goodnight Civilization.

 

Per chi non li conoscesse gli Zu sono un gruppo sperimentale nato a Roma nel 1997 che mescola generi come jazz, metal e hardcore. Dopo una densa discografia nel decennio 1999-2009 tornano oggi con questo ultimo EP che hanno registrato a San Diego con un cambio di lineup, sostituendo il batterista Jacopo Battaglia con il californiano Gabe Serbian. 

Con qualcuna delle loro collaborazioni potete farvi un’idea del gruppo: Mike Patton, Buzz Osborne dei Melvins, Mats Gustaffson e Mark Greenway dei Napalm Death, quest’ultimo proprio nella terza traccia di questo EP.

La loro musica sa essere aggressiva e dirompente come anche profonda e intrigante. Hanno tutto il meglio della sperimentazione decisa e ben realizzata, certamente aiutati da una produzione capace e collaborazioni di qualità.

Questo EP svolge il (forse) non semplice compito di farci assaggiare gli Zu attuali in sole 3 tracce. La prima, omonima, è familiare a chi ha già ascoltato album  precedenti lasciandoci tranquilli su alcuni tratti che non andranno persi. Altri tratti sono stati invzugcece acquisiti. Mi riferisco alla nenia che termina il brano, che inevitabilmente, complice anche la copertina che mostra una profondità marina, mi ha riportato alla mente gli OvO e il loro Abisso. La seconda traccia si concentra di più sulla chitarra e ci fa ascoltare per bene la nuova batteria, scegliendo di sacrificare 1 dei 3 minuti del pezzo alla suprema divinità del noise. L’ultimo brano, Easter Woman ha, come anticipato poco fa, una figura molto grindcore, dalla durata (1’08”) al growl di Mark Greenway, componente inconsueta per il gruppo ma che, detto come simpatizzante del genere, è apprezzabile nel panorama sperimentale in cui si colloca il gruppo.

Insomma un buon extended play che, per fortuna, apre ancora una porta sul futuro della band, che è certamente un fiore all’occhiello delle produzioni italiane contemporanee.

 

Pubblicato da

Manuel D'Orso

Nel collettivo dal 2013, INTJ, appassionato di metal e musica sperimentale.

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