Björk – Utopia (2017)

Fa uno strano effetto vedere un artista mettersi a nudo.

La musicista islandese in questo nuovo album tratta con profondità e forza il distacco romantico e sessuale, la delusione e la sensazione di tradimento che seguono la fine di una relazione.

Una lucida rassegna da un punto di vista profondamente femminile delle proprie concessioni fisiche ed emotive ad un partner che non è più tale. Questo, e qui sta la potenza, senza ricorrere mai alla blasonata dialettica e ai cliché delle canzoni romantiche preferendo invece l’autenticità dei dettagli intimi, delle esperienze condivise.

In parallelo corre il tema del naturale, dell’auto-ri-conoscersi come un animale in una foresta utopica, una ingenua entità biologica nel suo habitat. Nello specifico un animale musicale, Aristotelicamente.

 

Musicalmente lo stile è quello inimitabile della cantante, che ha superato il cantato melodico da decenni, e insieme al suo produttore (Arca) in questo album ha creato un’aura ancora più forte e immersiva facendo molto uso di flauti andando a volte a imitare (o registrare) uccelli e costruzioni sonore quasi sinfoniche, alternativamente a suoni elettronici IDM spigolosi e schiaccianti in corrispondenza dei brani più duri dei testi (come Loss).

L’estetica generale è intensamente contemporanea (come non pensare a Cremaster guardando i photo shooting del disco) e mette un punto ben distinto nella musica di quest’anno, dopo Vulnicura con cui condivide l’aspetto intimista.

Un album che si legge come una esorcizzazione artistica dell’esperienza di vita personale, nel miglior modo possibile.
Consigliato ai cuori spezzati della subcultura contemporanea.

Pubblicato da

Manuel D'Orso

Nel collettivo dal 2013, INTJ, appassionato di metal e musica sperimentale.

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