The Growlers – City Club (2016)

Avete presente la sensazione che hanno i bambini quando vedono una giostra? Ecco, ho provato la stessa sensazione qualche mese fa scoprendo l’uscita del nuovo disco dei The Growlers.

City Club è il quinto disco della band di Dana Point California, uscito a Settembre del 2016. Sono tendenzialmente una persona pigra, quindi sono venuto a conoscenza del disco solamente mesi dopo.
Quinto disco della band: soffermiamoci un secondo su questo particolare. Una band indie che arriva a produrre cinque dischi di questo tipo è sicuramente un risultato encomiabile, superando inoltre lo scoglio del terzo disco (a mio modestissimo avviso è il terzo il disco più importante per una band e non il secondo come sosteneva un noto cantante italiano).

Rispetto ai precedenti quattro dischi della band capitanata da Brooks Nielsen, City Club tenta in qualche modo di dare una sterzata stilistica non troppo netta ma sicuramente ricercata, con scarsi risultati, rispetto a quella che era la linea espressiva dei precedenti dischi. I quattro eccentrici artisti Californiani si sono così affidati a Julian Casablancas (leader degli Strokes) per produrre questo disco, questa bizzarra unione artistica però non lascia a primo impatto gli effetti sperati. Ma è proprio questa la parte che mi ha fatto interessare molto a questo disco, un sound che alle volte può risultare stucchevole e quasi fuori luogo, volutamente fuori luogo, guida l’ascoltatore verso alcuni dettagli che è possibile notare solamente dopo un ascolto minuzioso, ripetuto ed effettuato a tavolino.

Non è un disco da sottovalutare. Su tutte spiccano la traccia numero quattro Night Ride e la numero otto The Daisy Chain. City Club è un disco da molti disprezzato ma agli amanti del genere non farà rimpiangere il costo del gettone speso per salire sulla giostra.

 

 

Joseph Di Rezze

PoeticWaste – Angelo Capoccia

Pubblichiamo di seguito due poesie di Angelo Capoccia, lette e discusse nel salotto di Radio Collective Waste nella puntata 17 della stagione 4.

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L’incanto

Il monte paffuto
si tinge di bianco

La bufera ghermisce
il paese

Batuffoli giocondi
guizzano nell’aria
finché esausti
s’accucciano sui rami
Un mare di spuma
sommerge strade e campi
Il traliccio s’inchina
al cielo di porcellana
I confini dissolti
nel candore

L’uomo si sente
nudo
dinanzi al nulla

In silenzio
con la luce della candela
sboccia l’umiltà
sollievo per i propri limiti

La meraviglia di rivedere
il fratello
smarrito
nel rumore quotidiano

Non più distratti
si rispolvera l’antica comunione
tra le persone
per assaporare
la gioia del focolare

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Oltre

Il galoppo rinnova l’anima
del puledro zoppo
che fende il tarlo
della paura e
rischia di vivere

La debolezza si muta
in virtù
emerge dal deserto anonimo e
scopre il tepore della compagnia

Diverso
eppure normale
rispetta l’altro
ognuno ha il suo sapore

L’ombra del pregiudizio
si nasconde
in gabbie di cemento

La fame dello spirito
lo spinge oltre monti
abbronzati dal freddo
fino all’apice
nel profondo di sé

L’estasi
del pascolo intimo
dove il tempo non graffia

Goccia
dell’oceano divino

[RevieWaste] Anathema – Alternative 4 ( by Salvatore Uttaro)

anathema-alternative4-coverParliamo di una band che ha influenzato nettamente la mia adolescenza e che ancora oggi ascolto molto volentieri, soprattutto il loro quarto lavoro che andrò tra poco a recensire. Stiamo parlando di Alternative 4 degli Anathema. La band dei fratelli Cavanagh , con questo album, ha iniziato il suo processo di maturazione passando da esordi prettamente doom ad un Gothic Rock che strizza l’occhio al passato ma tiene conto anche di nuove sperimentazioni ed influenze. A svolgere il ruolo da padrone sono, oltre che alla musica, i testi impregnati di una malinconia e di un male di vivere per nulla scontati.

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