[CineWaste] “The Bothersome man” (di Gabriella Marsigliese)

Esistono alcune forme di “spostatezza” negli individui, tra cui quella dell’”ipersensibile affettivo”, esemplificata in un film del 2006 diretto dal norvegese Jens Lien: “The Bothersome man”.
È un film straordinariamente originale e strano, ma la sua stranezza non è da intendersi come un qualcosa di misterioso, perché il senso profondo è molto chiaro: la contrapposizione fra un individuo “spostato”  in quanto l’unico a provare delle emozioni, in un sistema sociale in cui le emozioni sono semplicemente bandite così come i toni caldi della fotografia.
È una rappresentazione immaginaria come atto d’accusa del sistema contemporaneo, in cui, ovviamente, il peso delle norme sociali viene concepito come una sorta di richiesta disumanizzante che schiaccia la sensibilità dell’individuo. La società dei “normali”, viene mostrata nella sua totale funzionalità ma in un totalmente anche spiazzante deserto vuoto di emozioni. I “normali” sono persone che hanno tutto apparentemente in ordine, salvo i sentimenti.

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[BlueStorieS] L’anima rubata: Robert Johnson e la sua musica

“Morì nel mistero: qualcuno ricorda che fu pugnalato, altri che fu avvelenato; che morì in ginocchio, sulle sue mani, abbaiando come un cane; che la sua morte aveva qualcosa a che fare con la magia nera.”

Greil Marcus

robert-johnsonDopo un’attenta e accurata descrizione del Blues delle origini e del Delta del Mississippi, possiamo raccontarvi una leggenda inquietante ma allo stesso tempo colma di significati e rimandi: stiamo parlando di Robert Johnson, l’archetipo dell’artista maledetto, l’uomo a cui il diavolo ha donato la chitarra e rubato l’anima, colui che ha “inaugurato” il cosiddetto Club 27 (il gruppo dei grandi artisti scomparsi a soli 27 anni). Robert Leroy Johnson nasce a Hazlehurst, l’ 8 maggio del 1911 e fece parte della scena musicale blues sorta nel delta del Mississippi tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento.

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[RevieWaste] Il concerto di Neil Young a Roma (a cura di Sara Fabrizi)

998748_10201725769089111_1993925145_n“Rock’n’roll can never die”: il rock’n’roll non può morire. Lo cantava nel 1979, Neil Young, e continua a gridarlo oggi. Una banalità? Forse, ma non in bocca a lui. Nessuno come questo allampanato canadese, infatti, ha incarnato il rock in tutte le sue anime; lo ha vissuto dentro: nei nervi, nella pancia, nel cuore. Al punto che oggi ne porta addosso i segni: il viso solcato dalle rughe, la schiena ingobbita, l’aspetto terribilmente vissuto. Tutto, in lui, mostra le tracce di una lunga battaglia: quella contro l’alcol e le droghe, contro i fantasmi degli amici scomparsi, contro le nevrosi e i dolori d’una vita.

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[BlueStorieS] Il blues – Le origini

Il blues è prima di tutto un sentimento, una conoscenza sensoriale, un’entità non una teoria, in cui il sentimento è la forma e il viceversa. Blues è il passato, l’andato, tutto ciò che è stato espresso e l’espressivo, l’esperienza andata, l’ignoto che verrà e ogni cosa al di fuori del tempo.
Amiri Baraka, Il popolo del Blues

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Fig. 1 – Lavoro nei campi di cotone. (1890)

“To have a blue devil’s”, avere i diavoli blu… con questa frase di origine vittoriana si identificava uno stato d’animo, un malessere nei confronti della vita, un sentimento.
Il blues identifica la tradizione musicale che più ha caratterizzato lo status e la cultura delle popolazioni nere americane.

È difficile stabilire una data esatta dell’origine del blues ma si può tracciare un periodo storico: probabilmente iniziò a circolare negli Stati Uniti d’America tra l’ultima decade del 1800 e i primi anni del 1900.

Il luogo di origine era il Sud, nel Delta del Mississippi, una vasta piana alluvionale che sorge alla confluenza di due fiumi: il Mississippi e lo Yazoo. Era questa una terra fertilissima che produsse dall’inizio del diciannovesimo secolo grandi quantità di cotone alla cui raccolta fu destinato un numero enorme di schiavi che per alleggerire la fatica e comunicare tra loro, iniziarono a cantare i propri sentimenti.

“John the revelator” è un canto tradizionale, una delle canzoni più influenti per tutti gli artisti blues. Blind Willie Johnson registrò “John the Revelator” nel 1930. Successivamente una serie di artisti registrarono le loro interpretazioni della canzone, spesso con variazioni di versi e musica tra cui appunto Son House con la versione che qui vi propongo. Il titolo della canzone si riferisce all’apostolo Giovanni, autore del “Libro della Rivelazione” e cita alcuni passi della Bibbia.

[PoeticWaste] Le poesie di Michele Cristiano Aulcino

Oggi con mio immenso piacere iniziamo una nuova sezione per il nostro blog dedicata alle vostre poesie. Scriveteci e inviateci il vostro materiale sul nostro indirizzo email o contattateci direttamente sulla nostra pagina facebook.. saremo ben lieti di poter pubblicare le vostre creazioni.

L’artista (amico) che ospiteremo in queste poche righe è Michele Cristiano Aulcino (bibappa lula). Nasce a Potenza il 10.04.1979,971680_10200434073468981_2041888745_n ha studiato nella facoltà di ingegneria chimica e ha vissuto e vive tra Marsiconuovo, Napoli e Pisa.

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[RevieWaste] Nick Drake – Five Leaves Left

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Come può un artista del passato prendersi  la sua rivincita oggi? Con soli 3 album in studio Nick Drake è considerato uno dei più importanti musicisti degli anni ‘70. Eppure nessuno si accorse di lui all’epoca. Come spesso accade nella storia del rock e del blues molti musicisti si sono battuti per conquistarsi una fetta di successo raggiunto solo dopo la loro scomparsa (a volte prematura).

Perse la vita nel fiore deNick+Drakegli anni lasciando in eredità tutta la sua musica specchio della propria anima e della sua personale visione del mondo. A soli 21 anni un giovane come Nick Drake non poteva aspettarsi ciò che realmente gli stava succedendo, eppure siamo negli anni ’70, anni in cui le rivoluzioni musicali esplodevano giorno dopo giorno: a Londra Jimi Hendrix faceva strage, nascevano i Led Zeppelin quando il timido cantautore  inglese iniziò a suonare la chitarra evidenziando la passione per il blues e per Bob Dylan.

Furono i Fairport Convention a procurargli nel 1969 un’audizione con il produttore Joe Boyd. Nello stesso anno nacque Five Leaves Left titolo ispirato dall’avviso che riportavano le cartine da tabacco quando ne restavano solamente cinque “five leaves left”.

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