The Dead Weather – Sea Of Cowards (2010)

Eccomi con un altro disco al primo ascolto; parliamo dei “The Dead Weather”, mai sentiti nominare da me fino a questo momento, ma con componenti di tutto rispetto: la band è composta dalla cantante Alison Mosshart (The Kills), dal bassista Jack Lawrence (Raconteurs,The Greenhornes, City and Colour), dal chitarrista Dean Fertita (Queens of the Stone Age) e dal cantante/chitarrista/batterista Jack White (White Stripes, The Racounters) – wikipedia.

Insomma non si tratta di completi sconosciuti nel mondo della musica, mentre io lo sono e mi appresto a buttare giù due righe mentre scorre questo album del 2010.

Blue Blood Blues è un blues molto particolare, con continui rimandi a sonorità stile Rage Against The Machine riscontrabili nel modo di cantare particolare di Jack White. Si prosegue con Hustle And Cuss, funky dark e con un inizio che mi rimanda nuovamente ai RATM; ammetto che mi sono lasciato trascinare dal ritmo e ho iniziato a muovere il piede per tutto il tempo. Continua a leggere The Dead Weather – Sea Of Cowards (2010)

Blood Red Shoes – Blood Red Shoes (2013)

Oggi parliamo di un album dei Blood Red Shoes, duo indie-rock inglese che ancora non ho mai ascoltato. Ho deciso di recensire questo album in particolare avendo ascoltato a caso il brano “Speech Coma”, interessante per me per la presenza della voce femminile e della distorsione presente in più o meno in ogni strumento/coro.

Stiamo parlando di un album composto da 12 tracce non eccessivamente lunghe.

La prima, Welcome Home è strumentale e ci introduce allo spirito dell’album. Chitarra distorta, batteria presente dopo i primi 5 secondi e la consapevolezza che, essendo un duo, quelli sono gli strumenti con i quali avremo a che fare.

Everything All At Once vede l’intervento della voce del batterista, che ci mostra la sua capacità di cantare in falsetto durante il ritornello.

Si prosegue con An Animal, con il riff della chitarra che entra in testa sin da subito ed un ritornello più che orecchiabile; interessante come la sola presenza di batteria e chitarra come strumenti non risenta di vuoti musicali.

Grey Smoke mi ha ricordato molto da vicino gli Sweethead, struttura lineare, voce femminile e frasi ripetute; il collegamento con Far Away è drastico, in quanto quest’ultimo è un pezzo più “dolce”, acustico nella parte iniziale.

The Perfect Mess mi ha ricordato un pezzo dei Prodigy, “Invaders must die”, almeno nel riff della chitarra; subito dopo ancora un pezzo con introduzione calma, Behind A Wall. 

Stranger ha nuovamente come protagonista la voce femminile, mentre Speech Coma, sempre cantata dalla ragazza, ha lo stile di una cantilena durante il ritornello, molto distorto e con voci “sporche”.

Don’t Get Caught è un pezzo abbastanza anonimo mentre la successiva Cigarettes In The Dark è un susseguirsi di sillabe da parte della cantante intervallate da qualche nota di chitarra e batteria.

L’album si chiude con Tightwire, senza nessun punto di merito in particolare.

Per concludere direi che si tratta di un gruppo interessante, che vede la sua peculiarità nell’essere composto solamente da due persone ma non farlo pesare con la mancanza di completezza del suono.

A risentirci!

Diagrams – Black Light (2012)

Sam Genders è un nome che probabilmente non vi dirà niente, ma in effetti qualche suo lavoro l’ho già trattato. Stiamo parlando del fondatore ed ex frontman dei Tunng, gruppo molto interessante con sonorità particolari dovute anche all’utilizzo di strumentazioni non convenzionali.

Non conosco le ragioni del suo allontanamento dal suo gruppo di origine e ne sono amareggiato, ma allo stesso tempo spero che sia riuscito a fare qualcosa di buono anche per conto suo. Con la band Diagrams ha pubblicato due album, Black Light (2012) che sto per ascoltare e Chromatics (2015) , che non mancherò di recensire. Partiamo subito con la recensione in tempo reale.

Come procederà la carriera del nostro cosplayer di Salvatore Aranzulla?
Come procederà la carriera del nostro cosplayer di Salvatore Aranzulla?

 

  1. Ghost Lit parte immediatamente con la voce che ha caratterizzato i Tunng, rassicurante, ripetitiva e accompagnata da effetti sonori particolari, riscontrabili soprattutto intorno ai due minuti. Gli archi presenti sono un’aggiunta gradita rispetto al passato.
  2. Tall Buildings sembra partire come una canzone dei Queen per poi diventare electro-pop. Il gioco presente tra le due voci (entrambe di Sam Genders, sembrerebbe) contribuisce a migliorare il tutto. Sui tre minuti è la voce a dettare il ritmo.
  3. Night All Night vede la solita voce del cantante a fare da controcanto a se stesso; intorno al primo minuto arrivano la ripetizione e l’attenzione data al suono delle parole tipiche dei Tunng.
  4. Appetite strizza l’occhio ad un’elettronica anni 80, fino al ritornello che vede l’intervento degli archi. Una seconda voce si sente in lontananza, quasi a rispondere alla prima.
  5. Mills segue il ritmo del basso. Sam canta ogni sillaba solo nel momento in cui la linea di basso procede. Grazie a questo espediente tutto il pezzo risulta molto ritmato.
  6. Antelope vede l’aggiunta di un suono particolare che non sono riuscito ad analizzare a fondo, sembrerebbe il verso di un animale imitato da uno strumento tipo synth.
  7. Black Light è un pezzo molto pop, ritmo costante, melodia ripetitiva e che entra in testa. Intorno ai 3 minuti ci sono alcune pause che spezzano la continuità altrimenti costante all’interno del brano.
  8. Animals ricalca perfettamente una canzone tipo dei Tunng: strumenti strani, coretti in lontananza, una voce femminile accennata.
  9. Peninsula è abbastanza banale e pop, con finale improvvisamente corale ed accompagnata da drum machine. Il pezzo dura 8 minuti, senza questo cambiamento sarebbe risultato molto pesante, secondo me. Dopo 14 minuti di silenzio parte una ghost track, contenente inizialmente solo voci e batteria che simula le pale di un elicottero. Si aggiungono dunque gli altri strumenti per un finale tipico da canzone pop, senza ulteriori sorprese.

Cosa dire? Mi sembra che sia un album dei Tunng, più allegro ma molto meno sperimentale. La mancanza di  Becky Jacobs (voce femminile dei Tunng) e di Mike Lindsay (chitarrista e secondo cantante) si sente e in generale Sam Genders mi sembra aver preso una strada pop; spero che non sia così, rimando ulteriori aggiornamenti al momento in cui ascolterò il suo secondo album, per confermare o smentire questa impressione.

Non si tratta comunque di un album da buttare, quindi buon ascolto in ogni caso!

 

 

Brave Baby – Electric Friends [2015]

Ho abbandonato la zona Noisetrade da un pò, poichè era da tempo che non riuscivo a trovare un gruppo o un album interessante. Dopo i 1965 (che mi impegno a recensire) mi sono ritrovato virtualmente tra le mani questo album di un altro gruppo semi-sconosciuto, i Brave Baby.

L’EP in questione si chiama Electric Friends e sto scrivendo questa recensione al suo primo ascolto; ho avviato una canzone a caso dell’album, mi è piaciuto lo stile del cantante e ho deciso di buttare giù queste due righe.

Essendo un insieme di impressioni a caldo vi invito ad essere clementi con me per i probabili errori che conseguiranno nella scrittura.

No, non sono loro gli electric friends
No, non sono loro gli electric friends

1) Daisy Child ha un inizio che mi ha riportato alla mente un pezzo di Amy Winehouse; canzone tranquilla, voce in lontananza, registrato quasi amatorialmente.

2) Find You Out sembra un pezzo tipico rock pop anni 2000 americano, senza particolari colpi di scena o cambi repentini di ritmo.

3) Plastic Skateboard mi è entrata nella testa senza abbandonarmi subito, al primo ascolto. Non è complessa dal punto di vista musicale, è semplicemente orecchiabile e l’unica pecca è la registrazione altalenante che porta a sbalzi di volume improvvisi. Spero che in futuro riescano a registrare questo ed altri pezzi a qualità superiore.

4) OJ ci fa sentire la voce del secondo cantante, più bassa, meno distorta e più classica. Ritmo carino, basso molto presente senza però andare a sovrastare la batteria, la tastiera e la chitarra, presenti ma solo per qualche accordo ed un breve riff.

5) Atlantean Dreams ci porta in un’atmosfera sognante, guidati dalla voce calda del secondo cantante, tipica dei pianobar stile Richard Cheese. Improvvisamente le voci si uniscono e creano un coretto stile Queen (più “a caso”, naturalmente).

6) Be Alright mi ha fatto pensare subito allo stile tipico degli anni ’80; non sfigurerebbe in una radio stile Emotion 98.3 di GTA VICE CITY.

7) Electric Friends è un lento non molto interessante.

8) Ancients vede il ritorno del nostro secondo cantante in grado di trasformare ogni pezzo in un richiamo continuo al passato, non so nemmeno il perchè; sarà l’abbinamento voce calda e synth con la batteria che tiene giusto il tempo.

9) Larry On The Weekend sembra continuare il pezzo precedente, cambiando il ritmo ma non lo stile.

10) Hare Krishna si basa sull’unione delle due voci e la chitarra classica, quasi una sorta di inno religioso, accompagnato da percussioni e basso nella seconda parte.

11) Call It chiude l’album senza cambiare molto alla struttura vista fino a questo punto. Stile anni ’80 e andamento lineare.

In conclusione penso che farò più spesso qualche “””recensione””” del genere, anche solo per scrivere non troppo positivamente a proposito di qualche album: ad esempio non me la sento di consigliare Electric Friends a tutti, ci sono un paio di canzoni che mi piacciono ma nel complesso mi ha dato l’idea di una rivisitazione degli anni ’80 senza alcun tentativo di approccio innovativo.

Al prossimo ascolto!

Elephant Brain – Elephant Brain EP (2015)

Mi trovo a fare una brevissima recensione sugli Elephant Brain, più precisamente per il loro Elephant Brain EP uscito a novembre di quest’anno.
Di cosa si tratta?
Parliamo di un gruppo di Perugia nato nel giugno del 2015 e composto da cinque ragazzi classe 92 (Vincenzo Garofalo, Andrea Mancini, Emilio Balducci,Giacomo Ricci e Michele Giovagnoni).phpThumb_generated_thumbnailjpg (1)
Mi sbilancio subito dicendo che il loro stile mi piace; so che spesso alle band non piace essere accostati a gruppi già esistenti, ma da grande fan dei Ministri ho ritrovato negli Elephant Brain quella spinta innovativa, sia nei testi che nella musica, troppo spesso assente nel panorama musicale italiano.
Si parte subito con il brano 15 Bis che alterna il ritornello (“non esisti più, non esisti più tra me”) a strofe via via più “arrabbiate”, con la batteria che si mostra molto presente a frasi alterne (“ecco che ci sei, carica di nugoli”, durante l’ultima strofa, viene messa in risalto proprio grazie a questa alternanza).
Nella gravità parte in quarta, un basso che la fa da padrone durante la prima parte ed un cambiamento di stile intorno ai 2 minuti e 10, molto orecchiabile e con un testo abbastanza criptico come piace a me.
Tenda è più tranquilla, con un cambio di tempo intorno ai 50 secondi. Torna ad essere più ritmata intorno a 1 minuto e 50, lasciando sospesa la frase “e penso che avremmo potuto fare qualche cosa in più”, per poi lasciare la parola alla musica nella chiusura.
Blu è il brano che più accomuno allo stile dei Ministri precedenti all’ultimo album. Testo sempre criptico, riff che ti entra facilmente in testa e non se ne va. Mi è piaciuta molto la parte finale “Ero solo stanco di farmi curare così, di sentirmi solo in mezzo a tanti alberi. Per non perfermi cambierò così come se i semafori si accendessero di blu”, che fa terminare improvvisamente la canzone.
Dunque, tirando le somme? Un ottimo EP, spero vivamente di ascoltare un loro album full lenght il prima possibile e faccio gli auguri a questi ragazzi che hanno la mia stessa età e stanno provando ad uscire dagli schemi, cosa molto rischiosa ma molto interessante.

Continuate così!

Marco Travaglio – Slurp (Festival delle Storie 2015)

Per il terzo anno consecutivo Radio Collective Waste è presente all’intervento di Travaglio (in questo caso per presentare il suo ultimo libro, “SLURP”) al Festival delle Storie! Riporto la trascrizione del suo intervento, non fedele al 100{29b42a4e1eac1746d4cba1ba46308d7cf7a2435503982c5456cdecf9c97f64d5} per esigenze di scrittura, ed invito tutti coloro che fossero interessati ad ascoltare il nostro podcast sul nostro sito www.collectivewaste.it .

“Questo libro è sui leccaculo, e questa parola potrebbe sembrare una volgarità. In realtà bisogna prendersela con Dante, perchè nella letteratura italiana il primo ad associare il servilismo all’unione fra l’unione ed il culo è proprio Alighieri. Se voi andate nell’8° girone dell’inferno, uno di quelli più in fondo e sapete che la “location” scelta da Dante per i vari peccatori indica la gravità del peccato. Li riteneva molto ripugnanti, lui usava la lingua per denunciare, per attaccare e non per leccare. Il leccaculo è un bugiardo che per fare carriera ed avere vantaggi incensa chi sta al potere, quindi contribuisce a mantenere al potere delle persone mediocri.

Qual è la pena, il contrappasso?

Nell’aldilà il leccaculo vivrà immerso in un mare di merda. Vede Alessio Interminelli da Lucca, lo riconosce e quest’ultimo gli spiega che durante la vita non si è mai stancato di leccare.

Perchè ho dedicato questo libro ai leccaculo? Perchè penso che ne abbiamo troppi.

Comprare un giornale serve se si trovano cose che non si vogliono far sapere, non per farsi dire che il Governo è buono, per quello basta la televisione.

Il Ministro Poletti l’altro giorno ha detto che quest’anno grazie al Job’s Act ci sono stati 670.000 nuovi posti di lavoro; non è il milione promesso da Berlusconi ma è buono.

Il giorno dopo si è scoperto che non era vero niente. Chi l’ha scoperto? Un paio di giornali, ed il Governo ha dovuto rimangiarsi le parole di Poletti. Gli altri giornali avrebbero potuto fare anche loro i conti, e invece hanno comunicato senza controllare le parole dette dal Ministro.

Il Potere parla ed il giornalista, che è pagato per diffondere la verità, si limita a reggere l’asta del microfono al potente di turno.

Il leccaculismo è molto dannoso per i cittadini, portandoli a credere cose che non esistono.

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Non è solo l’Italia che è affetta da cortigianeria, ma siamo tra i più bravi.

Ai tempi di Napoleone, dopo una quindicina di anni di impero, il re torna a Parigi.

Napoleone fugge dall’isola d’Elba ed in 19 giorni torna a Parigi; il principale giornale francese passa da rivoluzionario a imperiale e monarchico nel giro di questo breve lasso di tempo.

Pensate alla parabola di Berlusconi: tutti dalla sua parte mentre governava mentre ora si cercano con il lanternino quelli che lo difendono.

Feltri, su Il Giornale, nel 1994 descrive Silvio come un essere infaticabile, forte e in moto perpetuo.

Massimiliano Lussana lo descrive mentre studia modelli economici, senza mai fermarsi, facendo tre cose contemporaneamente.

Cristiano Gatti lo paragona a Marlon Brando, con spalle da pallanuotista, pettorali, bicipiti scolpiti.

Giancristiano Desiderio, su Libero, si dedica alle doti canore di Berlusconi; è lo Julio Iglesias italiano.

Tramonta Berlusconi e arriva Monti. Sembrava impossibile leccarlo più di Berlusconi, e invece, essendo un Governo di larghe intese, non ci si poteva sbagliare.

Famiglia Cristiana scriveva che i capelli bianchi sono proprio i suoi; quindi non ha quelli di un altro!

L’Ansa scriveva che la sua riservatezza è proverbiale, rispose no comment ,7 anni fa, su una domanda sul suo cane.

La Fornero sembrava che fosse scesa da un altro pianeta per salvarci. Veniva dipinta come la più grande esperta sulla previdenza sociale d’Europa.

Ha fatto 3 riforme, tutte schifose, togliendo i soldi ai poveri per darli ai ricchi e alle banche.

390.000 persone, gli esodati, si sono ritrovate senza pensione e senza lavoro.

All’epoca tutti stavano con Monti e la Fornero, nessuno scriveva una parola contro il Governo; adesso devono vivere nascosti, terrorizzati, sotto scorta.

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E’ possibile che le cose le scopriamo sempre e solo dopo, mai mentre stanno succedendo? Se abbiamo una stampa del genere sì.

Napolitano poi è stato considerato come il re Sole, non lo si poteva nemmeno nominare; come risulta da un resoconto stenografico al Senato, Grasso non permette riferimenti al Presidente della Repubblica, seguito subito dopo anche dalla Boldrini. Addirittura lo stesso Giorgio Napolitano interviene con due moniti per far capire che non esiste nessuna legge che impedisca riferimenti alla persona del Presidente.

Passiamo a Renzi, ora descritto come una sorta di Messia che moltiplica pani e pesci. In una scuola i bambini vengono costretti ad un coretto stile Balilla nei confronti del Matteo nazionale.

La Boschi è subito sotto Renzi nella classifica dei leccati, descritta con uno sguardo che riesce a placare le liti, come San Francesco. Viene descritta anche il suo passato all’interno del presepe vivente, come la Madonna. Titolo in prima pagina: Maria Elena Boschi gioca con l’anello al dito.

Repubblica risponde: l’anello di Maria Elena Boschi desta curiosità.

Ora tocca a Mattarella: non se ne sentiva parlare da una decina di anni. I leccaculo infatti non sapevano di cosa parlare, non lo si nota, ma ci sono comunque riusciti prendendo caratteristiche normali e trasformandole in punti memorabili e specifici. Per esempio Repubblica si è stupita del fatto che cammini; si tratta di 600 metri, ma per la Repubblica si tratta di una maratona. Lo descrive ansimante, sfinito dopo la camminata.

Altri hanno descritto la casa della figlia: le finestre hanno le tende, la televisione è rettangolare, ci sono tavoli, sedie, in un pezzo di 90 righe.

Concita De Gregorio ha fatto un pezzo in cui leccava fronte-retro Renzi e Mattarella, definendoli capolavori, Picasso, non sudano e raramente fumano.

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Descrive l’elezione di Mattarella come un’impresa epica che finisce con il Presidente che entra in una Panda; leggendo tutto ciò con la voce nasale sembra di assistere ad un documentario Luce.

Concludo con un caso di leccaculismo gratuito; di solito si fa per un tornaconto, ma ci sono anche quelli che lo fanno senza ricevere nulla. I leccaculo leccano solo lo stesso per tutta la vita, i leccaculi ne leccano tanti, addirittura in anticipo rispetto alla presa di potere.

Quello che vi leggo ora è un caso di leccaculismo gratuito: stiamo parlando di un leccamorto.

Muore Andreotti e Renato Farina si reca nella sua camera ardente per una preghiera sulla salma e così scrive su Tempi: “Nella camera ardente il volto di Andreotti è roseo, riposato. Non è mai stato così bello, il profilo è quello di un capo Sioux addormentato.” Poi parla di una luce che Farina ha visto negli occhi di Andreotti e conclude “ho notato che la famosa gobba non c’è più o forse è nascosta”.

Leggendo queste cose sui giornali non ci si fa nemmeno più caso; come si fa a dire che è bello e roseo? Che la gobba sparisce?

Ho tratto anche un recital a teatro e una signora mi ha detto che ora non riuscirà più a leggere i giornali con gli stessi occhi.

Questo deve succedere, bisogna chiedere un servizio migliore, sapere le verità nascoste sul potere, così la prossima volta ci liberiamo un pò prima dei governanti scarsi.

Bisogna diventare tutti soggetti attivi, e così non ce ne sarà per nessuno.

Buonanotte.

All Them Witches – Dying surfer meets him maker bonus bundle (2015)

Rieccoci con la nostra rubrica settimanale dedicata agli artisti emergenti; questa volta parliamo degli All Them Witches, gruppo rock particolare, con qualche rimando all’ambiente psichedelico.

Anche questo è un album che si può trovare su Noisetrade, essendo l’album vero e proprio in uscita il 30 Ottobre di quest’anno; quello che vado a recensire è in realtà un insieme di brani provenienti da Lightning At The Door (i pezzi dal 3 al 10) e  dal nuovo album Dying surfer meets him maker (il primo ed il secondo pezzo). Partiamo dunque con una sintesi di ciò che troverete nell’album.

Continua a leggere All Them Witches – Dying surfer meets him maker bonus bundle (2015)

Ancient Mariner – Ancient Mariner (2015)

Oggi ci ritroviamo a parlare degli Ancient Mariner e del loro EP omonimo;

Si tratta di un trio nato a Minneapolis; Gabriel Jorgensen, Connor Davison e Dan Stewart.

Onestamente non so molto di loro, anche perchè cercando informazioni riguardanti su Ancient Mariner trovo solo rimandi continui a “La ballata del vecchio marinaio” di Coleridge, ma cercherò di fare una sintesi dei vari pezzi contenuti nell’EP, per farvi giudicare direttamente la musica e non il background dell’artista.

Questo album è composto da 4 brani, non eccessivamente lunghi ma tutti particolari.

1 – Morning

Apertura calmissima, voce trascinata stile Radiohead ed intervento al minuto 1:00 del coro che trasforma la canzone in un brano dei Tunng, forse più psichedelica ed in parte malinconica. Intorno ai 3 minuti torna la tranquillità assoluta, con una voce quasi accennata ma comunque presente.

2 – Deep Space

Ancora raffigurante trame oniriche, il tono si alza improvvisamente intorno ai 2 minuti, velocizzando in ritmo fino a questo momento leggermente più lento. Trovo che anche questo sia un brano interessante.

3 – Multicon

La melodia principale cambia 4 volte durante i 3 minuti e 22 del pezzo, non risultando mai banale e facendoci sentire come i tre siano in grado di amalgamarsi perfettamente.

4 – Brother 

Si parte con una parte tranquilla, una camminata fianco a fianco alla voce, alla batteria, alla chitarra, al basso.

Superato il primo minuto un rumore sempre più forte si impossessa della nostra attenzione e trovo dei rimandi lontani (non la prendete come bestemmia) ai Pink Floyd; tutto psichedelico ma senza esagerare, infatti arrivati a 3 minuti le voci si fanno sentire su tutto. Tutto ciò dura meno di 30 secondi, perchè interviene nuovamente la tranquillità dovuta alla chitarra, basso e batteria accompagnate da un coretto in sottofondo che non pronuncia parole ma vocali. La chiusura è data dal prolungarsi di un suono, che ci può ricordare il mare o semplicemente lo spazio.

 

In conclusione consiglio questo album a tutti; in fondo si tratta di un EP, lo trovate gratuitamente su Noisetrade e dura poco più di un quarto d’ora. Buon viaggio!

Kiev – Kiev

Eccoci con la seconda recensione sugli album Indie di Noisetrade dopo la piccola pausa dovuta all’uscita di “Cultura Generale” dei Ministri.

Oggi andiamo a dare un’occhiata al lavoro dei Kiev, band emergente e, secondo me, promettente.

Per quanto riguarda la loro biografia, traduco qualcosa delle informazioni trovate in giro; il gruppo nasce a Orange, California, attraverso varie improvvisazioni, effettuate in un magazzino del 1940. Viene creato inizialmente dal chitarrista/cantante  Robert Brinkerhoff  che poi ha aggiunto uno alla volta gli altri membri nel corso degli anni fino a trovare un’organicità, tutto sommato, coesa. Tra i vari generi affrontati troviamo il post punk, funk psichedelico, indie, jazz, jam uniti all’elettronica. Ci sono contributi da parte dei corni francesi, clarinetti, fagotto, trombone, oboe e sintetizzatori ARP.

In breve, mi hanno ricordato in parte i Cold War Kids, con la voce particolare del cantante unita perfettamente ai vari strumenti, che in questo caso si amalgamano bene con l’aspetto elettronico presente nei vari pezzi di questo album.

Kiev si compone di cinque pezzi; analizziamoli sinteticamente.

01 – Falling Bough

Il brano si apre con la batteria raggiunta subito dal basso, a sua volta seguito dalla voce. Si riscontra subito la particolarità della voce dalla tonalità alta del cantante, mai fuori tema rispetto alla parte strumentale. Non si tratta di un qualcosa molto complesso, è di facile ascolto.

02 – Ariah Being

Partiamo con un tempo più veloce rispetto al brano precedente, con l’intervento di un sax intorno ai 2:20. Gli strumenti si mischiano sempre più tra loro, per poi lasciare spazio al basso e alle voci in stile Radiohead intorno ai 4 minuti.

03 – Solving And Running

Anche questo è un pezzo di facile ascolto, con il solito alternarsi di intro, strofa, ritornello.

04 – Pulsing Cough Focus

La presenza costante del basso somiglia quasi ad un cuore pulsante, senza mettere ansia, anzi suggerendo una calma che aumenta in un climax lungo tutto il pezzo.

05 – 3rnd (Bonus Track)

Qui troviamo il sintetizzatore che fa capolino in più di qualche momento insieme al sax in un interessante vortice musicale che rimanda alle sonorità degli anni 80.

In breve direi che si tratta di un gruppo interessante, appena potrò metterò le mani sull’album full-lenght e approfondirò il loro stile. Consigliato ai fan dei Radiohead e Cold War Kids, non lo sconsiglio nemmeno a chi volesse sentire qualcosa di orecchiabile e di facile ascolto; è anche gratuito, quindi non avete proprio scuse!

Ministri – Cultura Generale (2015)

Seguo i Ministri da quattro anni e devo dire che quando ho saputo che stavano lavorando su un nuovo album sono rimasto ad aspettare con impazienza la sua uscita. Ora che ho tra le mani il disco mi ritrovo finalmente a poterlo recensire, sperando di non far prevalere il mio affetto nei loro confronti sulla qualità reale dei brani.

DISCLAIMER: Come ogni volta quelle che leggerete sono opinioni personali, non prendetevela troppo se i nostri gusti non corrispondono.

L’ultimo lavoro dei Ministri si compone di 12 tracce registrate quasi totalmente in presa diretta, limitando al massimo la postproduzione, e questo si sente molto durante l’ascolto dei vari brani. E’ stato prodotto in collaborazione con Gordon Raphael ed è stato registrato in uno degli studi del Funkhaus, storica sede della radio di stato della Germania Est. Proverò a dare un voto separato (sempre personale) per quanto riguarda la parte musicale e per i testi, anche se per comprendere bene i vari significati di questi ultimi dovrò sicuramente ascoltare il tutto più e più volte.

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