Sinceramente non volevo scrivere nulla sul concerto. C’è poco da dire sulla qualità della musica degli Haken, del loro Vector, e dei loro live. Ho già detto, hanno già detto meglio di me.
C’è poco da dire anche sui New Horizons, gruppo di apertura da Pisa, che se l’è cavata bene a non sfigurare davanti alla grandezza di chi li avrebbe seguiti, non lasciando però alcuna piena soddisfazione.
C’è da dire qualcosa riguardo l’Ippodromo le Capannelle, Roma, l’Italia da Bologna in giù. Rock in Roma, ne parlammo in salotto, fa bene a fare quello che fa. Il video di presentazione con gli hater e tutto il resto.
Scrivo cultura della musica perché non è cultura della musica quella che riempie l’ippodromo con Salmo e J-Ax, quella è moda, è tendenza, è top trend, è inerzia, è facile. La cultura della musica è quella che viene dalla ricerca, dallo smazzarsi tra centinaia di band mediocri per trovarne una buona, dalla commozione di un concerto finalmente a portata di automobile. Tutto questo manca.
Ma se vi danno Haken e Yob all’anfiteatro romano ed il pubblico latita, è davvero colpa del festival?
Che si fa quando “andate ai concerti, supportate gli artisti”, o quando “eh però, il crowdfunding per il disco no”, o quando “però Spotify non ricompensa in modo equo”, o quando “maledetta sia la SIAE, dalla parte di chi crea stocazzo”, o quando “la radio è morta”?
Ve lo dico io: niente. Si ignora tutto, si va ai concerti quando si sa che ci sarà un bordello, si danno 2 spicci al crowdfunding solo se sono proprio amici, non si compra su bandcamp perché alla fine si può anche evitare, chi se ne frega della SIAE tanto è roba per gli addetti ai lavori, e la radio “Virgin o Radio Freccia, rock’n’roll cazzo”.
E finché sarà così non ci sorprendiamo se una band come gli Haken non tornerà a Roma al prossimo tour, non ci lamentiamo se a Rock In Roma c’è ogni anno Calcutta, non ci lamentiamo se in giro non si suona più così tanto live.
Il concerto però è stato proprio una bomba.