Sfogliando una rivista musicale in edicola ho notato un riquadro in un angolo con una ragazza che aveva dei dread che arrivavano alle caviglie e con una faccia che sembrava volesse mozzicare il microfono. Il nome della band era OvO. Come una faccina con un becco. Una volta associato il nome ad una copertina di un album ho realizzato che l’avevo già visto da qualche parte tra i miei ascolti consigliati.
La band è un duo, formato da Stefania Pedretti e Bruno Dorella, entrambi poli-strumentisti milanesi, ed hanno alle spalle tre album. Ho ascoltato qualcosa ed è andata a finire che ho passato la serata di ieri ad ascoltarli tutti e tre, ripromettendomi di ascoltare l’ultimo uscito oggi e di recensirlo.
Si parla di noise/drone/doom sperimentale, ma sono troppe / per capirci qualcosa davvero. Gli album precedenti ad Abisso, uscito pochi giorni fa e in full streaming (il link è a fine articolo), sono un bellissimo delirio di una batteria scandita, basso distorto e una voce che sembra essere torturata dalle fiamme dell’inferno.
La band ha sempre puntato molto sulle performance live in giro per l’Europa e il Nord America, ma si è fatta conoscere anche grazie all’album Cor Cordium.
(per farvi un’idea del tipo di performance)
Il nuovo album però si distacca nettamente, ha un sound maturato rispetto agli album passati, meno sterile grazie all’aggiunta di una base electro più costante; anche gli scream / growl / gorgheggi non sono più completamente selvaggi ma gestiti meglio nel contesto canzone/album. L’elettronica si sente di più e meglio, è più professionale (sicuramente sono migliorate le post-produzioni e la familiarità con le strumentazioni). Una palese particolarità della voce è il suo gorgheggio, che hanno pensato bene di far notare nel singolo Tokoloshi.
Quello che viene fuori dall’ascolto è qualcosa di Lovecraftiano: l’abisso, i tentacoli, i suoni mostruosi, i rituali.
A parte il feel indescrivibile e particolare, l’uso che viene fatto di strumentazione e voce non lo rende simile a nessun genere preesistente. Il duo non è di certo di quelli che vuole tirare fuori i suoni dalle scatole impilate e con le etichette sopra.
Il voler parlare dei testi poi mi fa sentire quasi scemo, data la distanza che c’è tra le parole dette così e qui e la lirica.
Tracce come Abisso e Pandemonio creano un’atmosfera difficilmente rintracciabile altrove, nemmeno nel più incazzato grindcore o nel più profondo e recondito doom.
Un pezzo minimale e vocale invece, come Fly little demon, perla di ostriche infernali, ricorda in qualche modo la Chelsea Wolfe di Ἀποκάλυψις (Apokalypsis).
Il duo con questo album si è superato, dopo aver già superato tanti senza nemmeno guardarli, e ha creato qualcosa di veramente cutting edge.
Si sta facendo noise; e oltre.
Un commento su “[RevieWaste] OvO – Abisso”