È morto Ornette Coleman. L’avrete letto. E saprete che è considerato essere il padre di quel movimento rivoluzionario nella musica jazz chiamato free jazz, altrimenti chiamato “new thing”, la cosa nuova.
Per la storia del free jazz esistono wikipedia e gli storici della musica. Vi basti sapere che il free è la forza più dirompente del panorama jazz e quasi certamente dell’intero panorama musicale.
È nato per essere libero, e Ornette Coleman ha voluto affermare questa vocazione nel titolo del suo album “Free Jazz – A collective improvisation by the Ornette Coleman Double Quartet” del 1961.
Che praticamente è un album che è una rivoluzione già per il solo fatto di esistere. Un Pollock in copertina, l’improvvisazione collettiva, il double quartet (non avrebbe prezzo vedere la faccia di chi all’epoca diceva “e cosa cazzo è ora un doppio quartetto?”).
La massa di suono, l’impasto, la libertà di fare con la musica.
La denominazione free jazz ha anche un’implicazione politica: libertaria, aperta, anti-autoritaria, collettivista, anarchica. Implicazioni che di certo l’alternativa denominazione “new thing” non ha, e non per niente non ha retto alla prova del tempo.
Sono innumerevoli le influenze che questo album e il movimento che rappresenta avrà negli anni successivi e su tutta la musica moderna e contemporanea.
Si può affermare che se attualmente la musica contemporanea ha preso la strada che sta percorrendo in questi giorni è sicuramente grazie al coraggio e all’opera artistica di Ornette Coleman.
È anche grazie a lui che il mondo è popolato da fitte schiere di free-impro, se si possono vedere su youtube tutorial di come spingere un sax oltre il recinto della musica tradizionale.
L’arte contemporanea è tutta “libertà di”, e si legge tanto in una tela di Pollock quanto in una jam di Ornette Coleman.
E quando hai avuto il coraggio di affermare l’arte del futuro, ci sei riuscito ed hai anche avuto il tempo di godere dei tuoi risultati, allora la morte è solo un effetto collaterale.