Rieccoci con la nostra rubrica settimanale dedicata agli artisti emergenti; questa volta parliamo degli All Them Witches, gruppo rock particolare, con qualche rimando all’ambiente psichedelico.
Anche questo è un album che si può trovare su Noisetrade, essendo l’album vero e proprio in uscita il 30 Ottobre di quest’anno; quello che vado a recensire è in realtà un insieme di brani provenienti da Lightning At The Door (i pezzi dal 3 al 10) e dal nuovo album Dying surfer meets him maker (il primo ed il secondo pezzo). Partiamo dunque con una sintesi di ciò che troverete nell’album.
Si incomincia con Dirt Preachers, a prima vista quasi punk per il ritmo serrato ma che si trasforma subito in qualcosa di ipnotico, quasi grundge. La naturale continuazione è il pezzo successivo, Open Passageways, che sembra quasi accompagnare l’ascoltatore per mano durante una passeggiata, con il ritmo scandito dalla batteria, costantemente.
Funeral For A Great Drunken Bird ha una lunga intro (circa un minuto) in cui ascoltiamo più che altro rumori che scaturiscono in una lunga nota di synth, dando alla traccia una sfumatura di post-rock che (secondo me) non guasta mai (sono di parte).
When God Comes Back mi ha ricordato stilisticamente i Soundgarden, frasi semi-cantate del cantante alternate a pezzi di rock classico.
The Marriage of Coyote Woman, oltre a confermarmi che con i nomi strambi questo gruppo ci sa fare, introduce l’armonica che fa capolino tra i fraseggi della chitarra, in un pezzo davvero interessante. Devo dire che dopo la fine del brano mi sono ritrovato stranito dalla parte iniziale di Swallowed By The Sea, in quanto mi è sembrato di stare di fronte ad una sorta di cantilena; andando avanti con la canzone interviene la chitarra elettrica intorno al secondo minuto, cambiando completamente lo stile del pezzo. Ci troviamo comunque di fronte ad un rock psichedelico, quasi totalmente strumentale.
Arriviamo dunque a Charles William, abbastanza ripetitiva e con un crescendo giusto verso la fine, mai eccessivo, giusto accennato. Troviamo subito dopo The Death of Coyote Woman che ci illumina sulla fine della donna coyote sposatasi appena qualche minuto di CD indietro. Si tratta di un brano progressive, lungo otto minuti, che ci fa rimanere in attesa di un punto in cui la batteria si scateni insieme a tutti gli altri strumenti, momento che non arriva.
Romany Dagger è un pezzo strumentale con un tema che rimanda all’antichità, facendo da apertura a Mountain, brano standard che vede un cambiamento di ritmo solo nel finale, abbastanza “rabbioso”.
Cosa dire quindi? Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un gruppo che reputo interessante, a conferma che emergente non vuol dire di scarsa qualità. Li raccomando a chiunque fosse interessato a sentire un sound particolare, non troppo complesso tecnicamente ma comunque apprezzabile. Promossi!