Limbo di Alessandro Di Traglia

Autore: Alessandro Di Traglia
Titolo Album: Limbo
Anno: 2016
Casa Discografica: autoproduzione
Genere musicale: rock
Tipo: CD
Sito web: http://tinyurl.com/adtyoutube
Membri band:
Alessandro Di Traglia – voce
Peter Cornacchia – chitarre elettriche e acustiche, mandolino, basso, cori, voce ne L’Amore Vincerà Di Nuovo
Ivo Di Traglia – batteria
Marco Lucci – piano, tastiere, hammond, rhodes
Marco Capitanio – hammond su Niente Da perdere
Paolo Cornacchia, Fabrizio Migliorelli, Cinzia Turchetta – cori

Tracklist:
1. Guardati Intorno
2. Limbo
3. Oggi No
4. Tu Lascia Piovere
5. Fragile
6. Niente Da Perdere
7. Prigradica
8. L’Amore Vincerà di Nuovo
9. Tu Sei Qui

Limbo è il primo album del cantautore pontecorvese Alessandro Di Traglia. Un disco rock, sano rock italiano. Melodico a tratti. Più potente, azzarderei quasi hard rock, in alcuni pezzi. Influenze musicali e sensibilità personali si sono amalgamate a creare 9 brani interessanti, mai scontati sia nei testi che nelle soluzioni musicali adottate. Se all’ascolto è chiaro l’eco di rock band 90s quali Afterhours, Timoria, Negrita, è anche deducibile un altro set di influenze che pur rimanendo più sullo sfondo ha comunque avuto un suo peso nel processo creativo dell’artista. Come mi rivela il cantautore stesso la sua primissima educazione musicale ha avuto un piglio decisamente metal: Black Sabbath, Iron Maiden, Stratovarius. E poi il grunge dei Nirvana, quasi inevitabile per ogni aspirante rocker che muove i suoi primi passi negli anni ’90. Una formazione musicale che lo ha nutrito ma che poi lo ha portato a scelte stilistiche e creative abbastanza distanti dall’heavy rock ascoltato nell’adolescenza. Limbo infatti è più inquadrabile nel rock melodico che in quello duro e pesante. Soprattutto per le tematiche introspettive ed intimiste affrontate nei pezzi, meglio veicolate da un rock classico e misurato che da ritmi martellanti e duri. Anche se, come accennavo prima, ci sono dei guizzi più hard in alcuni pezzi che non dispiacciono affatto ma conferiscono verve e un po’ di varietà stilistica andando a scongiurare il pericolo di un album altrimenti troppo monocorde. Di sicuro è stato fondamentale ai fini di questo risultato l’apporto dei musicisti che supportano il cantautore, molti dei quali hanno anche avuto un peso determinante nella fase compositiva e di realizzazione dell’album. In particolare il chitarrista Peter Cornacchia, che è anche produttore dell’album e autore del brano Prigradica, e il batterista Ivo Di Traglia.
Brano di apertura dell’album è Guardati Intorno. Pezzo veloce, ritmato, anche un po’ arrabbiato. Un brano che è un invito ad aprire gli occhi sulla realtà che ci circonda. Una realtà dura, spesso ostile, nella quale è difficile trovare una propria collocazione. Un’esortazione a trovare la propria identità, la propria strada, senza però farsi illusioni sulle persone e sul mondo che è fuori. Il secondo brano è Limbo, da cui il titolo dell’album. Una ballad un po’ amara. Un intro di chitarra dolce che dissolve nei cori e poi una chitarra più energica. Si va avanti così per l’intero pezzo. In un’alternanza fra il malinconico e l’arrabbiato. Echi di Afterhours hanno di sicuro ispirato l’artista. La melodia veicola un testo che parla di una crisi di identità, del limbo in cui ci si ritrova a vivere perché non si riconosce più se stessi. Una rock ballad molto sincera e fortemente sentita. Non deve essere un caso che la canzone abbia dato il titolo all’intero album. Il terzo pezzo, decisamente più rock, è Oggi No. Si parla di incertezze, di mancanza di punti saldi, della difficoltà e quasi del rifiuto ad accettare e a vivere la vita per quello che è. Una punta di nichilismo che però non sfocia nella rassegnazione. L’energica veste rock, hard rock, del pezzo conferisce al brano un qualcosa di propositivo a mio parere. Quindi si passa al quarto brano, Tu Lascia Piovere. Io lo vedo come quasi una sorta di evoluzione rispetto al brano precedente. Il nichilismo diventa presa di coscienza delle proprie capacità di reagire, della propria energia vitale. Una prorompente positività e forza nell’affrontare la vita, nel trovare le risposte. E tutto ciò non poteva che essere reso da un rock incalzante. Il quinto brano è Fragile. Ancora una ballad, un altro brano fortemente intimista. Sonorità delicate e malinconiche. Un lungo intro di chitarra acustica e mandolino. Un testo che è una candida ammissione di fragilità. Un appello, probabilmente rivolto alla persona amata, a non andarsene via. Il sesto brano è Niente Da Perdere. Una brano decisamente rockettaro e veloce. Aprono in modo piuttosto heavy batteria e chitarra elettrica. Un testo pieno di energia e di determinazione. Un appello ad andare per la propria strada, a credere solo in se stessi, ad andare fino in fondo perché non si ha niente da perdere. Il settimo brano è Prigradica. Brano interamente strumentale. Essenzialmente dolce. Cori che si alternano a chitarre delicate. Molto evocativo e rilassante. Funziona molto bene come introduzione al pezzo seguente a cui si lega in una sorta di continuum. Prigradica dissolve in L’Amore Vincerà Di Nuovo. Qui siamo di fronte a una cover, trattandosi di un pezzo della prog band Osanna. Bella la scelta di mettere una cover, interessante l’aver scelto proprio questo pezzo. Sia per la tematica del testo che parla di rinascita, di rivincita dell’amore sulla morte, e lo fa con i toni epici tipici di molte ballad prog. Sia per le musiche, dove melodie dolci sfumano in ritmi più rock e decisi. Quindi in perfetta coerenza con quello che secondo me è un po’ il filo rosso dell’intero album: l’alternanza fra delicato ed energico, fra tenue e rock, tra malinconico e fortemente propositivo. La cover conferisce respiro all’album, una sorta di divagazione che però non si pone in contrasto con il resto ma anzi ne rafforza il senso e l’unitarietà. A chiudere l’album è Tu Sei Qui. Di nuovo un brano intimista e malinconico. Testo evocativo che allude al desiderio di fuggire dalla vita che si ha, di liberarsi dal peso di una gabbia, di ritrovare la propria essenza più profonda. Un pezzo che invita alla riflessione e all’introspezione. Un finale intimamente rock. Come l’intero album.

Sara Fabrizi

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