La d apostrofata è muta, talmente muta che non compare nemmeno sul volantino che riporta questo trio come primo concerto “main” dell’edizione 2016 di Atina Jazz.
A formare la sigla ZIC sono Zabsonré (percussioni, voce) – Ioanna (fisarmonica, voce) – Capone (tastiere, balafon, voce), provenienti rispettivamente da Burkina Faso, Irpinia e Francia. Inizialmente Eric Capone e Wendlavim Zabsonré formavano un loro duo, arricchito poi dalla fisarmonica campana di Carmine Ioanna.
Proprio lui ha descritto il trio all’apertura del concerto come un meticcio, immagine in effetti piuttosto azzeccata, ma non solo per i suoi aspetti positivi.
Un cane meticcio è simpatico, familiare e porta in sé alcuni tratti delle razze che lo compongono. Ma i punti di forza di un esemplare di razza pura non appaiono, oppure sono troppo contaminati per essere dominanti.
La musicalità è sorretta dall’etnicità data dalla musica del Burkina Faso, che come tutta la musica africana è affascinante e coinvolgente, ma non ha un linguaggio, una grammatica propria una volta che si pensa al trio nel suo insieme.
Le sonorità italiane, francesi, africane si differenziano a tratti senza lasciare all’ascoltatore un “marchio” del sound complessivo.
Dico ciò perché lo stesso non accade con il duo senza fisarmonica, che ha invece un gusto di evidente provenienza africana (da notare che il balafon è uno strumento tipico africano), ben contaminato da piano e batteria jazz, perfettamente espresso in “Kabré”, e che lascia un feel tutto diverso.
Si è dovuto far ricorso ad espedienti (il kazoo e le citazioni lo sono) per rendere più frizzante un concerto che tutto sommato con le stesse forze ma con diverse intenzioni sarebbe stato ugualmente piacevole e più interessante.
In fondo i bastardini piacciono a tutti.