Secondo album, con un cambiamento di stile anche abbastanza netto rispetto a Collapsing Colors del 2014, recensito anch’esso su questo blog per la metal band laziale Deshody.
89th si presenta musicalmente come metalcore con una forte componente elettronica che irrompe già dalla seconda traccia.
Ben 11 brani compongono una selezione che tra djent e dubstep dà corpo ad un concept imperniato nel tema dell’imminente (immanente) apocalisse.
Lo stile da ambo i lati, strumentale ed elettronico, trova spazio per esprimersi con tracce come Stepping Into Eternity che ricorda in qualche modo i Meshuggah e con Eternal Mask che è invece dedicata completamente alla dubstep.
La produzione si dimostra attenta nello strutturare l’album e le tracce, con le (immagino) non poche difficoltà nell’attaccare organicamente l’elettronica, che non suona come una base o un accompagnamento ma si inserisce bene come parte del sound.
Inoltre non manca di intraprendenza con collaborazioni che portano a pezzi decisamente interessanti come il piano in Revelation di Gabriele “Gabriels” Crisafulli tastierista di Vivaldi Metal Project e noto agli indigeni ciociari anche per la militanza nel gruppo prog Metaphysics.
Altro brano interessante per gli appassionati di metalcore è Uncovering, con la collaborazione della voce di Ryan Kirby dei Fit For A King (christian metalcore statunitense).
Un album sicuramente solido, pieno e ben fatto.
Fa forse un po’ fatica a scorrere fino alla fine, causa via vai dagli stilemi di genere che creano un po’ di “effetto roller coaster”, che è comunque anche il punto di forza dell’album preso nell’insieme.
Diciamo che è una raccolta dalla quale pickare tracce piuttosto che scorrerla per i suoi 43 minuti.
Speriamo però che nella profezia lasciata alla fine del brano di chiusura “89th is the last one” il riferimento sia al titolo della traccia e non all’album…