Il gruppo berlinese ci ha abituato ad ottime produzioni death ma con questo ultimo lavoro sono addotti ad un livello superiore. Insieme ai colleghi neozelandesi Ulcerate, con particolare riferimento a Shrines of Paralysis, hanno conquistato un posto in un nuovo genere che sta emergendo nel panorama death: una nuova ondata di progressive death metal. Il death troppo spesso soffre di eterni e ossidati stilemi 90s e si fa fatica a trovare qualcosa di diverso dal death tradizionale o brutal con degenerazioni varie. Il nuovo album degli Ingurgitating Oblivion ha invece preso la strada del progressive, progredendo verso una visione decisamente più articolata dei brani, proiettata in avanti glissando i canoni di minutaggio e atomicità dei brani.
Certo, c’è bisogno di quella particolare disposizione all’ascolto tipica degli appassionati del progressive, in questo caso con l’aggiunta di una certa dose di gusto mistico-nichilista che serve per trovare il bello nel caos dell’oscurità.
Il sound riflette un mood ascetico violento, incarnando una visione fenomenica vuota, che elogia la scomparsa di tutti i fenomeni nella mera luce, che svela la vacuità dentro noi stessi e come essa si accordi naturalmente con la vacuità fuori di noi.
L’album vuole descrivere questi concetti con il linguaggio potente e sconvolgente del death, rinnovandolo audacemente nelle sue scansioni e arricchendolo di schive melodie ed esecuzioni tecniche stupende.
Il pezzo da novanta, anzi da 22′ 50″, è la seconda traccia A Mote Constitutes What to Me Is Not All, and Eternally All, Is Nothing che da sola sorregge come una colonna portante l’intero album e che come un diamante finemente lavorato racchiude tutte le sfaccettature dell’opera.
Raccolgano intanto il plauso che spetta a chi innova; ma speriamo anche in un sempre maggiore riconoscimento.
E occhio al feto di questo nuovo death metal progressivo.
3 commenti su “Ingurgitating Oblivion – Vision Wallows In Symphonies Of Light (2017)”