Se vi sembra che in questo blog si parli troppo di metal è perché ci scrivo troppo io. Ma se volete contribuire con altro le porte sono aperte, io intanto butto giù due riflessioni a ruota libera.
L’ho già scritto in precedenza, più volte. Chi ascolta metal forse lo sa già, ma mi va di scriverlo lo stesso. Il progressive metal sta cambiando, e radicalmente. Tutto il metal sta cambiando, fortunatamente, ma questo sotto-genere sta diventando qualcosa di davvero nuovo e interessante. È nato dal ceppo del rock progressivo, imparando dai Rush e dai King Crimson e prendendo forma negli anni con i lavori di Dream Theater e Symphony X.
Ma pensiamo per un secondo a cosa abbiamo oggi di progressive metal. Oggi, Dicembre 2014. Come il fiore del progressive rock, anche quello del metal progressivo è sfiorito, lasciandoci in mano solo vecchi album o nuovi album che suonano vecchi. E fin qui c’è solo un (per qualcuno) nostalgico ricordo di un aureo passato. Ma come dicevo vorrei riflettere su quello che abbiamo oggi. Il progressive metal che ci aspettiamo dai grandi gruppi ha deluso grandemente, sia per chi ha continuato a produrre, vedi Dream Theater o Pale Communion, sia per chi ha semplicemente smesso di produrre.
Per fortuna nulla si crea e nulla si distrugge. Oggi il progressive metal c’è, ha solo cambiato forma.
Quello che chiamo new wave of progressive metal è proprio questo, una nuova ondata di metal progressivo rinnovato al nucleo, riciclando un termine di genere dalla cosiddetta new wave of american heavy metal (NWOAHM), che ha passato infatti una storia simile nei primi 2000, andando a modificare radicalmente l’estetica e le forme musicali del vecchio trash o hardcore o heavy dandogli nuova vita. L’hanno portato avanti (e continuano a farlo) band come Lamb of God, Avenged Sevenfold, Pantera, Mastodon, Converge.
Il via a questo processo di cambiamento è dato, credo si possa convenire, da una saturazione della produzione. Alla fine il progressive metal è in giro da circa 30 anni, e con molte band è stato decisamente prolifico. Si può dire quindi che si è esaurito il filone che ci ha restituito gioielli come Metropolis p. 1 e Blackwater Park.
Le vecchie band però non si sono rese del tutto inutili: penso al progetto di superband Storm Corrosion, di Mikael Åkerfeldt e Steven Wilson. E anche i lavori più sperimentali degli Anathema hanno qualche merito su questa nuova ondata.
Però bisogna cominciare a fare qualche nome per capire di che parlo con questa nuova ondata; Divise per certe caratteristiche comuni:
Cynic – Kindly Bent to Free Us e Leprous – Coal
Queste due band sono presenze storiche del progressive metal, ma si differenziano con queste loro produzioni dell’ultimo anno rispetto a molte altre. Sia i primi che i secondi hanno saputo interpretare i risultati di innumerevoli sperimentazioni tramite la loro esperienza pregressa, dimostrandosi capaci di stare al passo e di amare il genere molto più in profondità di chi lo ha voluto suonare per una gratificazione legata al “suona figo”.
Haken – Restoration e The Contorsionist – Language
Si sono guadagnati una gran fama gli Haken con The Mountain e con l’ultimo Restoration. La meritano tutta perché sia tecnicamente che come idee melodiche sono davvero ineguagliabili. Pur avendo imparato bene i classici trucchetti del metal progressivo suonano incredibilmente nuovi, soprattutto grazie alle bassline oserei dire “djent”, anche se per alcuni è una bestemmia e di certo non è il termine esatto per descrivere la prominenza e la sincopazione dei ritmi. Come anche i The Contorsionist sanno dilatare i minutaggi e mantenere l’ascoltatore attaccato al pezzo. Questi secondi inoltre hanno inserito delle interessanti trovate anche nelle vocals, che sembra essere un tratto identificativo di questo nuovo genere (o come lo vogliamo vedere). C’è un certo lavoro di distorsione delle voci, cosa poco presente nel progressive tradizionale, che preferiva la purezza e si affidava alle abilità del cantante. In ogni caso avendo queste due band davanti è più che evidente da un lato il distacco dal metal progressivo tradizionale e dall’altro l’affermazione di un nuovo fronte che non si può non definire progressive metal.
Protest The Hero – Volition e The Dillinger Escape Plan – One of Us is the Killer
I due nomi qui sopra sono più legati alla tradizione dell’hardcore americano. Questo strano genere che comprende cose terribili ma anche bellissime ha portato al cosiddetto post-hardcore (e approfitto per accendere un cero ai The Fall of Troy) che si può vedere come un cugino schizzato del progressive metal.
Volition è un album che alla sua release mi ha spiazzato non poco, perché difficilmente si riesce a trovare una energia di quel genere, in puro stile hardcore, unita a intuizioni non banali. È un album che è stato capace di succhiare energia dal progressive per usarla in modo esplosivo, e che ripudia l’aspetto saccente e pretenzioso senza rinunciare ai contenuti.
One of Us is the Killer invece è più evidentemente di trazione sperimentale, anche se anch’esso si mantiene sulla sponda più distante dal concetto tradizionale di metal progressivo. Rimanendo su un concetto più allargato sono degni di nota anche gli Animals as Leaders, che non condividono la provenienza hardcore ma hanno una indubbia qualità compositiva e che, all’occorrenza, sono definiti anche djent.
Mi rendo conto che in questi pezzi comincia a diventare faticoso l’utilizzo del termine progressive metal, ma vi assicuro che è una etichetta che gli è già stata affibbiata, e non senza ragione. È un genere che distorce in modo tecnico e progressivo musicalità metal. Le stesse tecniche utilizzate sono certamente di questa provenienza anche se applicate su basi diverse ed estreme, ottenendo quindi risultati peculiari.
È ovvio, bisogna avere una buona dose di apertura mentale, mentre non bisogna avere il malsano attaccamento agli idoli del passato per abbracciare il nuovo, soprattutto se si presenta in questi termini ancora difficili da interpretare. Ma le continue ricerche musicali che presento nel mio Anfratto dimostrano che ci sono decine e decine di band emergenti in tutto il mondo che hanno accolto a braccia aperte proprio queste novità e questa nuova estetica.
Il divertente nella musica è anche questo, osservare in lontananza e cercare di capire quello che ci aspetta, e non fissare alle nostre spalle quello che abbiamo già superato.
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