RECENSIONE PRIMO ALBUM CREEDENCE CLEARWATER REVIVAL

Autore: Creedence Clearwater Revival

Titolo Album: Creedence Clearwater Revival

Anno: 1968

Casa Discografica: Fantasy Records

Genere musicale: Rock

Voto: 10

Tipo: LP

Sito web: http://www.creedence-online.net/

Membri band:
John Fogerty – voce, chitarra, sax tenore, armonica a bocca, tastiere
Tom Fogerty – chitarra, voce
Stu Cook – basso
Douglas “Cosmo” Clifford– batteria, voce

Tracklist:
1. I Put A Spell On You
2. The Working Man
3. Suzie Q
4. Ninety-Nine And A Half (Won’t Do)
5. Get Down Woman
6. Porterville
7. Gloomy
8. Walk On The Water

L’album omonimo è il primo album della band, quello che sancisce di fatto la nascita dei Creedence Clearwater Revival. Otto brani tra inediti e potenti rifacimenti, otto segni indelebili nella storia del rock. Si inizia col botto, davvero. Si entra immediatamente nell’essenza della band. Si consacra subito a sè stessa e al pubblico. Il primo brano è I Put A Spell On You, cover di un pezzo del ’56 del bluesman nero Jay Hawkins. Un brano che vanta diverse cover (Nina Simone, The Animals, Marylin Manson). Nella versione di Fogerty è splendido, commovente, struggente e monumentale. Vi si scorge tutta la genesi del rock dal rhytm and blues. Il continuum del blues qui acquista la forma più definita di un rock minimale ed incalzante. La batteria che conduce ad un finale da apoteosi sembra quasi suggellare l’incantesimo di cui parla il testo. Un brano che toglie il fiato e che ti fa ringraziare Dio, o chi o cosa per lui, che sia esistita una band del genere, che esista il Rock. Una volta rapiti da questo pezzo un pò siamo trasognati un pò ansiosi di proseguire nell’ascolto degli altri. Non sappiamo cosa aspettarci, dopo un tale incipit. Ed ecco The Working Man, inedito composto da Fogerty che qui mette alla prova la sua stoffa da bluesman. Un pezzo “semplicemente complesso” da cui sembra sgorgare come acqua purissima l’essenza sia del rock che del blues. E dopo questa prova che Fogerty sapeva essere un autore, oltre che esecutore, di blues si passa a Suzie Q. Si tratta di una cover di un pezzo blues del ’57 del bluesman bianco Dale Hawkins. Il rifacimento di Fogerty and co. consiste in una versione estesa del brano, ben 8:37 minuti. Lo stile è acid-oriented e quasi sperimentale, ricorda le jam session acide dei Greateful Dead. Al brano viene conferito dunque un quid del tutto particolare che ci tiene per mano per più di 8 minuti, deliziandoci ed estraniandoci. Vero manifesto ante-licteram dell’acid rock. Arriviamo quindi alla quarta traccia. Ad aspettarci c’è un brano più leggero, scanzonato, come se dopo il trip di quello precedente dovessimo approdare a qualcosa di più rassicurante. Il pezzo in questione è Ninety-Nine And A Half ( Won’t Do). Cover di un brano del ’66 di Wilson Pickett (uno dei maggiori cantanti neri di soul degli anni 60). La versione dei Creedence è un soul-blues rockeggiante facile ma di impatto. In questo, come in moltissimi altri pezzi dei CCR, è la voce graffiata e urlante di John Fogerty a fare la differenza. La quinta traccia è Get Down Woman, un classic blues. Una sorta di punto di incontro fra Before You Accuse Me di Bo Diddley e un tipico Detroit-blues (il blues degli emigrati dal Mississipi) di John Lee Hooker. La sesta traccia è Porterville. Si tratta di un brano risalente al periodo pre-CCR, essendo uscita nel 1967 come ultimo singolo a nome The Gollywogs, quando il quartetto ancora si chiamava così. Qui viene riproposta e il suo appartenere ad una fase precedente è visibile dal fatto che è molto vicina a quel roots- rock, il rock delle radici tipico dei Buffalo Springfield e di The Band. Una sorta di piccolo excursus nelle atmosfere del rock embrionale delle praterie. La settima traccia è Gloomy. Già dalle prima battute ci si rende conto di quanto siano acide le chitarre, roba che qui i fratelli Fogerty potrebbero dare lezione persino a NeilYoung. Un piccolo capolavoro. A chiudere l’album troviamo Walk On The Water. Anche questa edita già in precedenza sotto il nome Gollywoogs e qui riproposta in una nuova versione più pesante ed incisiva. Il basso di Cook è furioso e rende molto bene la tensione del testo che parla di un incontro quasi mistico con un uomo che cammina sulle acque di un fiume. Eccelso e calzante con le atmosfere evocate nella canzone, manco a dirlo, il contributo di John Fogerty, sia alla voce che alla chitarra. Un album che apre col botto e finisce col botto. Un album che consiglio caldamente a tutti quanti vorranno scoprire le radici del rock e il debutto quantomeno godibilissimo di una band imprescindibile.

Sara Fabrizi

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