Metti quattro ragazzi che nella provincia al confine fra Lombardia e Piemonte, nel 2015, decidono di trasportarci in centro America. E lo fanno scrivendo, suonando ed autoproducendo un album dal titolo eloquente, What The Thunder Said. Più che un viaggio, una vera e propria telecinesi che annulla in un attimo le distanze spaziali ma anche quelle temporali. Non solo veniamo catapultati fra montagne rocciose e mitici rivers, ci ritroviamo anche in una dimensione quasi a-temporale. Echi decisi di anni ’70 o di decenni ed epoche ancora precedenti, comunque di tempi in cui l’aspetto geografico e morfologico degli States è divenuto prepotente metafora della condizione e della psicologia umana. E la musica d’oltreoceano, dalla tradizione popolare americana fino al cantautorato recente, ha sempre indagato e cantato i legami fra natura ed uomo. Insolito e soprendente che sia una band italiana di recente formazione a cimentarsi in un questo ambito. Forse a testimonianza che alcuni miti e universi di significati trascendono davvero le barriere spazio-temporali. E forse proprio il legame con il territorio, l’osservare la natura selvaggia delle valli del Piemonte orientale e del fiume Ticino avrà condotto i quattro musicisti sulle sponde del Colorado River. E li avrà invogliati a scrivere e cantare storie che ruotano attorno al tema del river e della sua simbologia. Quasi come fossimo dentro un fumetto di Tex Willer. E proprio da uno dei personaggi apparsi in Tex la band mutua il suo nome: Jack Thunder Band.
What The Thunder Said è il secondo album autoprodotto della band. Già dal primo brano, Rolling Thunder, emergono le influenze country-blues e il tema del “River” che diventa minimo comun denominatore dell’intero disco rendendolo una sorta di concept album. Il fiume, quindi, alimentato dal temporale, dalla pioggia che viene giù con impeto e che crea un cerimoniale di purificazione, di rinascita, di novità. Il tuono ha parlato: è tempo di cambiare, di aprirsi al nuovo, di abbandonare le zavorre e danzare sotto la pioggia. Brano molto bluesy, alla Creedence maniera. Il secondo brano è una ballad. Take These Hands Of Mine, stringi le mie mani. Il tema dell’amore attraverso il tema del fiume, dell’acqua che fluisce e cancella le tracce della propria identità e della propria anima. Quindi l’invito ad aggrapparsi all’amore per trattenere il momento e un sentimento che potrebbe andar perso. “Take this love of mine, bared in the sunshine, take it before it melts like dew…”. Una melodia dolce e leggermente malinconica. Un riff che ti entra subito nelle orecchie e nel cuore: “There is gold in the river, there are diamonds in the rain, but my soul is drawn with charcoal and I’ll fear it’ll wash away”. Un’impostazione vocale che ci ricorda Elvis, e Johnny Cash. Brano molto country, molto bello. Il terzo pezzo è The Great Train Robbery. Un bell’incipit blues, deciso. Un’armonica alla Canned Heat. Un ritmo incalzante, ben scandito da una chitarra quasi alla Clapton (del resto è un brano fortemente bluesy). Questo sound ci veicola un testo che parla ancora d’amore, di treni da prendere, di una donna che ci deruba di tutto sotto la falsa promessa di un viaggio e poi sparisce. La delusione quindi ed il raggiro. Sullo sfondo un treno che, indifferente ai drammi sentimentali umani, fa il suo percorso… “Roll on train, on down the line, through wind and rain, mile after mile”.
Ed il tema del viaggio ricorre anche nel quarto brano, Into The Flow. Il fluire del fiume inteso come continuo, incessante, divenire. Anche qui una forte impronta blues, una parte iniziale solo strumentale che mi ricorda i Doors. E con l’inizio del cantato ne trovo conferma. Il quinto brano è Workingman Blues. Il blues del lavoratore, appunto. Pezzo in cui la vena bluesy si fonde con un accattivante e veloce rock’n’roll. Il tema del lavoro come necessità contrapposta al desiderio di correre, di fuggire via, di prendere il treno che ci riporti a casa dalla persona amata. Il quinto pezzo è interamente strumentale, Song For Charlie. Decisamente country, il banjo la fa da padrone. Una melodia che da dolce diventa man mano più decisa ed incalzante. Come collocarlo nell’architettura dell’album? Esercizio stilistico? Momento di relax? Di sicuro introduce un momento di svuotamento della mente, facendoci divagare dai temi del disco ma anche rafforzandoli in qualche modo, affidandosi totalmente all’evocatività dei suoni. Il sesto brano è The Deer, il cervo. Si gioca sulla simbologia dell’animale, notoriamente conosciuto come totemico. E sulla necessità di sacrificarlo, di versare il suo sangue nel fiume, come rito di purificazione e di maggiore presa di coscienza. Il cervo, e il suo sacrificio, diventano infatti metafora di un rito di passaggio che comporta il sacrificio di una parte di noi stessi per poterci trovare veramente. Una dolorosa ma ineluttabile necessità: versare il sangue e raccogliere le lacrime per superare la paura. Capire che ogni strada percorsa, ogni gioia e dolore, sono stati necessari perchè ci hanno portato verso la nostra meta che altro non è che la nostra coscienza. Brano denso di simboli e metafore comunicate da una melodia un pò amara e solenne, con un’impronta alla Bruce Springsteen. Soprattutto nell’uso dell’armonica sembra di sentire The River o The Ghost Of Tom Joad. Quanta America in questo album.. A chiuderlo è When The Song Is Over. Ci si pone l’interrogativo di cosa rimarrà di noi dopo che avremo percorso il viaggio interiore, dopo che la canzone sarà finita. Resterà la canzone stessa, la voglia di cantarla, di ricordarla. E finchè ci sarà qualcuno che la canterà tutto ciò non sarà stato uno spreco di tempo. In fin dei conti noi siamo qualcosa di labile e transitorio, mentre la canzone resta. L’arte, dunque, che ci consola, che ci sprona ad abbandonare le nostre paure nel viaggio che ci aspetta e che ci consegna all’eternità. Tutto questo reso da un trascinante blues. Un album per viaggiare dentro e fuori di noi.
Autore: Jack Thunder Band
Titolo Album: What The Thunder Said
Anno: 2015
Casa Discografica: Rockin’ Chair Records
Genere musicale: Folk, Blues
Voto: 8
Tipo: CD
Sito web: http://www.jackthunderband.it
Membri band:
Paolo Brunini – voce, basso
Dario Simontacchi – chitarra, mandolino
Andrea Merlo – voce, chitarra, banjo, armonica
Stefano Brusatori – batteria, percussioni
Tracklist:
Rolling Thunder
These Hands Of Mine
The Great Train Robbery
Into The Flow
Workingman Blues
Song For Charlie
The Deer
When The Song Is Over