Autore: MGM
Titolo Album: Sunny Days Gone By
Anno: 2016
Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: hard rock
Voto: 8
Tipo: CD
Sito web: www.facebook.com/mgm.rock/?fref=ts
Membri band:
Sebastiano Scittarelli: basso e voce
Peter Cornacchia: chitarra e voce
Fabrizio Musto: batteria e percussioni
Marco Capitanio: organo, piano, synth
Tracklist:
1. Magic Highway
2. Sometimes
3. Sunny Days Gone By
4. You Think It’s True
5. If You Don’t Fight
6. Plastic Soldier
7. Inside Lookin’ Out
8. Smokey Room
Prendi quattro grintosi musicisti del cassinate, la loro passione per il rock duro e puro di derivazione seventies, la loro volontà di far rivivere il sound sincero di quegli anni in inediti attuali e timeless al contempo e vedrai suonare davanti a te gli MGM. Attivi dal 2000, hanno conosciuto nel tempo solo una variazione nella line up quando nel 2008 Peter Cornacchia è subentrato ad Aurelio Gargiulo. Si sono fatti le ossa in sala prove ma soprattutto nei live, vera irrinunciabile location non solo della loro performance ma anche della loro crescita artistica, del loro stesso farsi arte. L’improvvisazione come etica musicale, il piacere di suonare e comunicare se stessi al pubblico, anche ristretto, anche magari poco avvezzo al genere proposto. Non la pretesa di scalare classifiche e ottenere consensi su vasta scala. Ma la volontà di regalare al proprio auditorio un’istantanea di se stessi e della passione che li anima. C’è una assoluta congruenza fra ciò che emerge da una mia breve intervista al chitarrista della band e ciò che è immediatamente palese all’ascolto. E’ come se i brani ti parlassero del processo creativo insito, dell’influenza di Hendrix, Led Zeppelin, Deep Purple, Pink Floyd, CSN, Black Sabbath, Santana, Jeff Beck e altri ancora. Influenze che però non si traducono mai in una copia, in un’esecuzione clone dell’originale. Anzi, c’è molta libera interpretazione, molto spazio alla sensibilità personale di ognuno dei quattro musicisti che, pur provenendo da un background simile, hanno poi naturalmente ognuno una propria personalità musicale fatta di ispirazione dai propri mostri sacri e abilità creativo-compositive autonome. Dunque ampio spazio a variazioni sui temi dei grandi dell’hard rock, variazioni e degenerazioni da cui poi scaturiscono veri e propri brani. E negli otto brani del loro primo full lenght tutto ciò è fortemente riscontrabile, anche ad un orecchio poco allenato a mio parere, tanto sincero è il loro sound e il modo di comunicarlo. Energia, potenza, impatto sono i tre aggettivi che mi vengono immediatamente in mente per descrivere i pezzi. Un potenza primitiva e sanguigna che si dipana per tutto l’album persino quando incontriamo una ballad. Sin dal primo brano, Magic Highway, veniamo trascinati in un vortice di sano rock’n’roll, veloce e di impatto che evidenzia, ad un certo punto del brano, delle armonie non convenzionali e non prevedibili frutto di una creatività spontanea. Il secondo brano, Sometimes, è costruito attorno ad un riff molto efficace. Tipico esempio di come una cellula minuscola possa poi ispirare il resto del brano strutturandolo di fatto. Il terzo brano è la ballad che è anche la title track, Sunny Days Gone By. Una malinconia limpida emerge all’ascolto, il gusto dolce ed amaro di qualcosa di bello ormai trascorso che lascia trasognati. Giorni pieni di sole ormai passati, appunto. Chissà perché la scelta di dare all’album il titolo di questo pezzo. Forse perché tutta quella energia primitiva che permea il disco aveva bisogno di essere incanalata nei meandri di un pezzo più rassicurante, più calmo, più riflessivo. Nelle note di una ballad dolce ma che è in grado di esprimere il tormento, l’impeto, l’emozione forte, sia essa positiva o negativa, che sono all’origine di ogni componimento musicale quasi meglio di pezzi più rock. E la chitarra, che ad un certo punto si infiamma in un assolo delicato ma deciso deviando dalla melodia principale, interpreta egregiamente questo mood. Con il quarto brano, You Think It’s True, veniamo riportati nel regno della potenza e del ritmo. Ancora un riff indovinatissimo da cui sgorga con nonchalance il resto del brano. Sembra quasi di vederlo il processo creativo degli MGM, tanto i brani ci comunicano spontaneità, improvvisazione, musica nel suo farsi. Ed è per questo motivo che sembra quasi di ascoltare un live album. I quattro musicisti sono riusciti a rendere in uno studio album il calore e l’energia libera e “schizofrenica” di una performance live. Abilità riscontrabile ai massimi livelli nel quinto brano, If You Don’t Fight. Batteria e basso a tutta. Sezione ritmica lanciatissima. Assoli di chitarra e organo infiammati. Il sesto brano, Plastic Soldier, trasuda forza e qualche concessione al funk. Il modo di cantare del cantante/bassista qui mi piace particolarmente. Ci sento dentro echi di Hendrix (Foxy Lady?) davvero trascinanti. Energia a profusione anche per il settimo brano, Inside Lookin’ Out. Anche qui grande voce. E’ come se il cantato del bassista abbia avuto per me un’evoluzione in termini di bravura lungo l’album. Nei pezzi finali davvero riesce a dare il meglio. Quasi come se venisse rispettato quel crescendo, quel pathos che sale, tipico di un live. Quando si parte decisi ma controllati e poi ci si scalda e si esplode nel corso della performance. Ed è un discorso che io applicherei anche agli altri strumenti in questo album. La forza e l’impeto da subito palesi si arricchiscono di calore e “umanità” di brano in brano. A chiudere il disco è Smokey Room. Brano interamente strumentale che sfocia nella jam. Molto spazio al synth. Toni più rilassati rispetto ai pezzi precedenti. Certo l’energia anche qui è tangibile ma è più tenue e latente, meno esplosiva. Nella mia ottica quasi una sorta di brano di “defaticamento”. Come per guidare l’auditorio verso la fine di un viaggio musicale che è stato adrenalinico e che ora lascia posto al silenzio. Dopo il dispiegamento di tante forze, ritmi e battiti accelerati da live il nostro cuore rock’n’roll ritrova la calma. Dopo l’ascolto dell’album la sensazione è di essere appena tornati da un concerto, con quel miscuglio di lasciti di energia e desiderio di assistere subito ad un altro.
Sara Fabrizi