I Cold War Kids sono un gruppo alternative rock statunitense, più precisamente sono Californiani. Personalmente ignoravo la loro esistenza fino al 2011, quando per la prima volta mi sono imbattuto nel famoso (almeno per chi segue le nostre puntate settimanali) mercatino musicale fallimentare. Tra i vari dischi che comprai, mi incuriosì Robbers and Cowards, il loro primo album in studio del 2006. Ascoltandolo quasi come sottofondo, trovai alcuni spunti molto interessanti, che puntualmente ho ritrovato in questo loro ultimo album, Mine is yours.
Partiamo subito specificando che in questo album sono aumentati i pezzi assimilabili al primo ascolto, cosa invece che accadeva con il contagocce negli album precedenti.
La canzone che apre l’album, “Mine is yours”, ha il difficile compito di non spaventare l’ascoltatore che per la prima volta si approccia al gruppo, e vi riesce perfettamente; questo brano si poggia sulla classica alternanza strofa – ritornello, sulla maggior apertura melodica di quest’ultimo rispetto alla strofa e su un suono consistente ma morbido;
Con “Louder then ever” si ripete il medesimo schema compositivo, con un sound leggermente più sporco ma allo stesso tempo più intenso.
“Royal Blue” presenta invece una sorta di crescendo, con un ritornello che mi è rimasto in mente per parecchio tempo; potrebbe essere considerato come uno dei singoli di questo album.
“Finally Begin” è uno dei pochi brani che trasmette tranquillità e la sua struttura vede la presenza di un importante bridge tra strofa e ritornello;
“Out Of The Wilderness” ha un accompagnamento musicale tendente alle frequenze basse, senza però mostrare un andamento irregolare.
“Skip The Charades” presenta una prima differenza rispetto ai brani precedenti, con uno stacco melodico collocato dopo il ritornello; molto orecchiabile, è apprezzabile anche per le innegabili qualità vocali del cantante Nathan Willett .
In “Sensitive Kid” ritroviamo le atmosfere cupe di due brani prima, con un basso che riesce quasi ad ipnotizzare l’ascoltatore, insieme all’inseguirsi delle voci all’interno del ritornello.
“Bulldozer” ci colpisce con sonorità semplici ma efficaci. Il ritornello è uno dei più belli (secondo me) presenti all’interno dei loro vari album.
“Broken Open” riprende l’idea dei primi due brani di un aumento della facilità melodica nel ritornello rispetto alla strofa ed è articolato dal punto di vista musicale, con variazioni anche importanti di melodia tra le diverse strofe.
“Cold Toes On The Cold Floor” si basa su saliscendi che sembrano rappresentare veri e propri sbalzi d’umore e la conclusiva “Flying Upside Down” riprende l’idea del crescendo, ma in modo più deciso.
Questo album secondo me è quello che si affaccia di più sul pop-rock, andando a perdere quella ventata di novità che si ritrova in Robbers and Cowards, ma senza semplificare troppo lo schema musicale. Questo è un ascolto non impegnativo, invito tutti i lettori del blog e della rivista a “buttarci un orecchio”; fatemi sapere come vi è sembrato!
Un commento su “Cold War Kids – Mine is yours (2011)”