Intervista a Dan Stuart @ Deliri Noise Hub, 6 Luglio 2016

“Daniel Gordon “Dan” Stuart (Los Angeles, 5 marzo 1961) è un musicista statunitense noto per essere stato il cantante dei Green on Red e per la collaborazione con Steve Wynn nel duo Danny and Dusty.”

Noi l’abbiamo incontrato grazie all’associazione culturale musicale Deliri Noise Hub presso il locale Deliri Cafè Bistrot di Sora che ha ospitato l’evento.
L’intervista, in inglese, è stata tenuta da Audrey (un grazie anche a Gabriella) e la trovate insieme al concerto nella sezione Live Radio della Stagione 4.

Audrey: Quando hai iniziato a viaggiare, intorno agli anni ’80, hai notato cambiamenti nel modo in cui le persone interpretano la tua musica?

Dan Stuart: Voglio rassicurare i miei amici italiani: dagli anni ’80 ad oggi l’Italia è sempre l’Italia. So che si sono preoccupati di questo specialmente durante gli anni di Berlusconi e durante l’americanizzazione dell’Italia, che inizia alla fine degli anni ’80 credo.
Ma c’è anche qualcosa che è cambiato: ai vecchi tempi chiunque, non importa di quale appartenenza regionale o di classe economica, aveva un po’ il suo senso dello stile. Adesso si vestono tutti nello stesso modo pacchiano, e questo è cambiato. Le generazioni “passate” non hanno perso il loro stile, ma i ragazzi sotto i 40 diciamo, hanno un po’ perso la strada.
Il cibo poi è davvero spettacolare. Non parlo italiano ed è difficile andare in profondità su cosa è cambiato, ma l’Italia in generale è ancora piena di gente accogliente e generosa. Sono stato in Calabria, in Sicilia e il loro livello di ospitalità è davvero impressionante.
Per quanto riguarda il resto dell’Europa ad esempio il regno unito si è molto continentalizzato, quindi si è spostato di più nell’Europa; io sono davvero pro-UE. Non mi piace la sua parte degli accordi commerciali, ma la gente dimentica quanta gente è morta per l’europa nel XX secolo, quindi è importante ricordare quanto l’UE è una idea importante. Gli europei viaggiano molto di più in europa e questa è una grande cosa. Ma per me non c’è Italia, Francia, Spagna: c’è l’Europa e i suoi diversi dialetti.

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A: Qual è il rapporto tra la musica e la letteratura che ti ha ispirato? C’è qualche autore americano contemporaneo che segui?

DS: Sono un prodotto di molti gradi autori del XX secolo, da Hemingway a Raymond Carver. Come questo si traduca poi in musica non mi è affatto chiaro. Sono cresciuto in un’epoca in cui il rock’n’roll era una nuova forma di letteratura, e questo è stato bello.
E anche la critica del rock’n’roll era fantastica, roba molto seria. Scrittori come Richard Meltzer, Lester Bangs hanno iniziato con questo genere che poi è rientrato nella musica pop.
Detto questo le canzoni sono facili da scrivere. Sono come uno sprint, ma nemmeno uno sprint dei 100 metri, sono 50 metri. Una canzone si scrive molto velocemente, puoi metterci anni per finirla ma entra dalla finestra quando la lasci aperta e sai che hai qualcosa. Non c’è bisogno di molta disciplina, al contrario di altre forme di scrittura come ad esempio un romanzo; un romanzo è come una maratona, forse 5 maratone.
È un passatempo, e rende le persone felici, il che è un bene, oppure le fa piangere o ridere. Connette sul livello umano.

Ricordo quando potevi farci soldi. Adesso è un qualcosa di assurdo, ma anche prima lo era, solo che potevi farci dei soldi. Adesso abbiamo tutta l’assurdità ma niente più soldi.
Devi accettare di sembrare patetico, specialmente quelli della mia generazione. Avevo una band che si chiamava Green On Red, che faceva quasi un album all’anno per una decina d’anni. Ma da solo ho fatto solo 3 album, e sono orgoglioso di questo. Perché molti miei contemporanei ne hanno fatti 30: e dici “Davvero? Hai così tanto da dire?”. È molto un fatto economico, perché è cambiato il lato economico della musica. Quelli della mia generazione sono infami perchè screditano i ragazzini, che invece hanno bisogno di ossigeno per fare quello che vogliono e per essere presi sul serio.
Quello che mancano sono le voci critiche e autorevoli che puntano il dito e dicono questo è buono, questo è cattivo.
Ora, dato che internet è piatta, tutti vincono un premio e tutti sono sullo stesso livello di nullità.

13627038_780022465431352_6385186546244289969_nA: Com’è la tua collaborazione con Antonio Gramentieri?

DS: Ho incontrato Gramo con i Green On Red prima del crollo finanziario del 2008. Abbiamo fatto un tour per fare quanti più soldi possibili e cogliere questa opportunità di guadagno facendo una reunion. L’ho incontrato ad un festival e mentre guidavamo lungo la costa della Toscana credo, ho ascoltato la musica che stava facendo per uno show televisivo italiano e gli ho chiesto perché perdeva tempo ad aiutare dei perdenti come me, dovrebbe avere un suo progetto.
Sono stato fortunato coi chitarristi. Altri chitarristi come Chuck Prophet con cui ho prodotto tante canzoni, ama il modo di suonare di Antonio.
È stato un po’ un talento tardivo, ha fatto altre cose nella sua vita, il che contribuisce a quello che metti sul tavolo.
Un po’ come i grandi attori caratteristi del XX secolo, sono tutti attori che sono andati alla scuola con la G.I. Bill (programma di riabilitazione per veterani della seconda guerra mondiale o del vietnam n.d.r.). Sono persone che avevano delle vite prima di diventare famosi, e se porti qualcosa con te dalla realtà, normalmente diventi un migliore compositore, pittore, scrittore.
Penso abbia ancora molto davanti a sé, anche se per me a 55 anni probabilmente è ora di andare via. Non ho mai pensato alla mia vita musicale come una “carriera” che deve finire. È qualcosa che è successa, è giusto dire che ho partecipato al music business perché l’ho fatto. Però se fossi qui nel ‘77 o ‘78 starebbero facendo delle manifestazioni musicali spontanee e ci starei dentro.
Poi qualsiasi cosa stesse accadendo sul piano culturale, il punk rock era così divertente, innocente, immersivo. Ora si pensa al punk rock come uomini pieni di tatuaggi che suonano chitarre a tutto volume, ma non era così nel ’77. Erano amatori, nel senso più classico della parola. C’erano un sacco di strumenti diversi, anche sassofoni e cose così, ed era divertente.
Quando è uscito fuori il termine new-wave è stato perché hanno detto: “Senti, questa etichetta che abbiamo chiamato punk non sta vendendo. Ma se la compariamo al cinema new wave francese degli anni ’50, come Truffaut, potrebbe essere una mossa furba. Lo chiameremo New Wave”.
Questo cambiò tutto, ma io mi sento ancora nel punk rock old school.
Comunque nonstante tutti i dischi che ho fatto, mi sarebbe piaciuto scrivere più libri. Sono uno scrittore pigro, e questo nel rock’n’roll funzionava.
Mi sono divertito, ma avrei preferito fare quello che nella mia mente è considerato un modo più serio di scrivere.

A: Questo porta un po’ alla mia ultima domanda, che è: quali sono i tuoi piani per il futuro? Hai qualche progetto particolare in mente?

DS: Devo finire il secondo libro di Marlowe e devo fare un altro disco di Marlowe. Perché la trilogia è un concetto importante, di qualsiasi cosa tu stia parlando. Quindi ancora due libri di Marlowe, a cui do il nome a partire dal disco. Il primo è stato The Deliverance of Marlowe Billings, ora Marlowe’s Revenge e il prossimo penso che lo chiamerò The Unfortunate Demise of Marlowe Billings.

È molto difficile andare in tour. Dieci giorni fa ho suonato a Glastonbury e tutti mi hanno detto “Wow!” ma in realtà “There’s no there there”, come disse Gertrude Stein sull’Oakland.
Non c’è un modello su come continuare, l’aspetto economico del rock’n’roll è deplorevole.
Forse le cose cambieranno con gli algoritmi e lo streaming, ma ai vecchi tempi se scrivevi una canzone che tanta gente ascoltava e suonava in radio e vendevi i dischi potevi anche pagarti l’affitto, invece ora è molto dura.
Il sistema è sballato ed è triste. Ricordo che quando un grande artista decideva di far usare un suo pezzo in una pubblicità era una cosa grossa e parecchio negativa. Ora invece tutti cercano il product placement, o di stare in un film; i film sono una cosa diversa, ma anche per questo si veniva criticati. Ma ora è tutto nella cultura del consumo e questa è la sola cosa che paga.

Non posso tanto lamentarmi perché nella storia uno veniva pagato una sola volta: il ricco o il latifondista commissionava un ritratto o un poema e lo pagava. E questo non riflette quello che poi è successo con i diritti di copyright. Forse sono nato sbagliato. È un periodo strano quello attuale, che però è a vantaggio dei ragazzini, che possono decidere quali sono le regole, come nel punk rock.
Possono fare quello che vogliono, se poi ha senso è una questione a parte.

 

Foto di Francesco Salemme e Marco Catallo
Foto di Francesco Salemme e Marco Catallo

Haken + Special Providence + Arkentype @ Legend Club (Milano, 6/6/16)

Vicino al club ci sono bambini che scorazzano e un bel giardino con poltroncine, gazebi, spillatori di Pilsener Urquell e una chitarra-vanga.IMG_20160606_202355

Trovo già gli Arkentype (Norvegia), primo gruppo di apertura, che si dà da fare sul palco, con il loro sound hardcore con qualcosa in più in ritmica e in djent.
Li seguono gli Special Providence (Budapest), con una formazione strumentale di chitarra, basso (corde a iosa per entrambi), batteria e organo/synth.
Quello che suona è quello che sentireste se i Polyphia e i Meshuggah uscissero a cena insieme. Continua a leggere Haken + Special Providence + Arkentype @ Legend Club (Milano, 6/6/16)

InterWaste – Winter Severity Index (Human Taxonomy, 2016)

“Human Taxonomy” è il secondo LP pubblicato a nome Winter Severity Index.

Uscito in questi giorni per i tipi di Manic Depression Records, è stato recentemente presentato in anteprima alla venticinquesima edizione del Wave-Gotik-Treffen di Lipsia, ricevendo una caldissima accoglienza di pubblico.

“Human Taxonomy” (tassonomia umana) nasce da una riflessione sulla pressante volontà classificatoria dell’essere umano, non solo nei confronti della realtà a lui circostante, ma anche di se stesso. L’uomo ridotto a una categoria, incasellato in un ruolo che deve necessariamente ricoprire per essere riconosciuto dalla società, vede sostituire la sua personalità con un modello precostituito, al quale sente in qualche modo di dover aderire, rivendicando, tuttavia, l’esigenza di differenziarsi da esso. Ma anche nel suo dichiararsi diverso, a volte, l’uomo incappa di nuovo in un gioco di maschere ed etichette dal quale è difficile liberarsi definitivamente. Ne consegue un senso di dolorosa alienazione dal suo essere più intimo, che rivendica, infine, la libertà di vivere nelle sfumature e nelle ambiguità.

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The Claypool Lennon Delirium – Monolith of Phobos

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Cosa succede quando si mettono insieme Sean Lennon (figlio di John Lennon e Yoko Ono) e Les Claypool (dei Primus)?
Psichedelia.

E infatti è quello che troviamo a pacchi in questo album frutto di una collaborazione già mostrata in un tour di oltre 30 date negli USA.
Tra ragazze da ossicodone e viaggi Ohmerici, con una composizione liristicamente tendente al narrativo e musicalmente piena di belle trovate l’album è una collezione di pezzi interessanti.

Pezzi come Bubbles Burst e Oxycontine Girl sono tipicamente psichedelico-cantautoriali, simili allo stile Lennon, mentre altri brani come Breath of a Salesman fanno uscire il Claypool che tutti amiamo. I due stili si mixano bene anche nello scorrere dello stesso brano, come in Captain Lariat, mentre si fondono in un prodotto totalmente inedito e progressivo nei pezzi di apertura come il singolo in due movimenti Cricket and the Genie e la title track.
There’s no Underwear in Space strizza quasi l’occhio ai Tame Impala e allo space rock.

Insomma, ci voleva la sinergia di due nomi “importanti” per tirare fuori una psichedelia sana e commestibile nel 2016, mettendo a segno un album figlio della storia moderna della musica psichedelica, rock e non.

 

Sincope Night – Rotorvator + Wound @ La Cantina Mediterraneo (Frosinone, 25/3/16)

L’etichetta Sincope era sott’occhio da un po’, e quando ho scoperto una loro exhib a Frosinone non ho esitato ad avviarmi per una esperienza live sicuramente particolare. E così è stato.

Introduce WoIMG_20160326_000420und, progetto solista di Massimo “truculentboy” Onza, membro del duo drone Compoundead e del progetto punkcore Tronco nonché curatore della stessa label Sincope dal 2010.
Un massaggio di pressione acustica. Da multieffetto e mixer è uscito rumore modulato dall’immaginazione, onde sonore sintetizzate, distrutte, scomposte e risintetizzate ti arrivavano in faccia. Suoni cupi e disarmonia riempivano la stanza di aria rarefatta. Se volete avvicinarvi alla vera potenza del suono, avvicinatevi al noise.

IMG_20160326_003026Seguono i Rotorvator che, come il precedente nome evocava le sperimentazioni di Nurse With Wound, citano un importante e bellissimo album dei Coil, Horse Rotorvator.
La band si presenta in duo, setup elettronico, chitarra e voce. La chitarra elettrica è usata in maniera non convenzionale, come strumento di produzione di un suono continuo, inarticolato, di sfondo e accompagnamento alla base elettronica. Il sound è di predominanza industrial, con aggiunte di abbondanti colpi di basso e suoni graffianti come un macigno di pietra trascinato a terra. La voce in growl e scream mi ha fatto pensare ai meno ricercati ma più conosciuti Psyclon Nine e a qualche sperimentazione di black metal. L’ambientazione è sicuramente industrial noise e lo spettacolo è votato alla violenza del suono e al decadimento nichilista di ogni salvezza.
Una produzione sicuramente speciale, che non richiede altro che disposizione.

Esperienza d’ascolto rarissima, almeno in queste zone, che ha creato un centro di magnetismo in un piccolo music club a cui pochi danno la giusta importanza.

 

Polyphia – Renaissance (2016)

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Questo album è stato pubblicato nei primi mesi del 2016 e già è un ottimo candidato per la top 10 di quest’anno.

I Polyphia sono al loro secondo album in studio e hanno fatto già con Muse nel 2014 un metal strumentale con i tratti di quel progressive contemporaneo “new wave”: molto tecnico e dai suoni morbidi. Già prima  erano stati notati dal loro EP Inspire e subito inseriti nella cerchia del nuovo progressive americano con Periphery, Between the Buried and Me, Animals as Leaders etc.
Con Renaissance hanno continuato sulla stessa linea, dando senso a questo titolo: il suono è insieme classico, armonico e moderno, innovativo.
L’ascolto è luminoso, instilla positività con linee melodiche indimenticabili (Light, NightmareAmour) e qualche intro elettronica a spezzare il tripudio di chitarre.
La band di Dallas, Texas, essendo prettamente strumentale studia bene i suoi suoni e si inserisce in modo esemplare nel panorama del rock/metal “di nuova generazione”.
Una fruizione profonda delle composizioni lascia ipnotizzati nel seguire con l’orecchio ciò che esce da soli 3 strumenti.
Lo spettacolo moderno del metal strumentale.

 

Nuclear Blast Showdown Spring 2016

frontCome ho fatto anche con il campionario Relapse nel 2015, voglio fare una track-by-track del campionario primaverile dell’etichetta dedicata al metal Nuclear Blast. L’etichetta di origine tedesca non ha di certo bisogno di presentazioni essendo su album di Slayer, Children Of Bodom e Nightwish.
Ma iniziamo questa breve rassegna del loro campionario più recente: Continua a leggere Nuclear Blast Showdown Spring 2016

The Aristocrats @ Planet Live Club (18/02/2016)

IMG_20160219_225345Il club era più gremito del previsto al mio ingresso con Federico, Luca, Tullio e Sandro. Data la vocazione piuttosto “di nicchia” del super trio abbiamo subito notato una sovrabbondante presenza maschile (per cause di mera statistica), alla quale i componenti sembravano abituati, tanto da scherzarci su dal palco.
L’ironia e il divertimento sono il filo portante delle produzioni della band strumentale insieme ad una stupefacente qualità tecnica.

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