Tv Telepath – I Won True Love on a Gameshow (2016)

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    • Artista: Tv Telepath
    • Album: I Won True Love on a Gameshow
    • Anno: 2016
    • Genere: Alternative Rock
    • Durata: 24:52

1.

Serotonin 05:34

2.

A Song For Someone Else 04:21

3.

Home 00:51

4.

San Quinten (Nostradamus) 02:51

5.

The Millionaires Grin 05:36

6.

I Won True Love on a Gameshow 05:36

Will It Burn – Alcoholic Swear Monster (2016)

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    • Artista: Will It Burn
    • Album: Alcoholic Swear Monster
    • Anno: 2016
    • Genere: Alternative Rock
    • Durata: 40:18

1.

Yes 03:23

2.

Mercy 03:06

3.

Big Bad 03:15

4.

Daddy’s Girl 04:11

5.

Alcoholic Swear Monster 03:53

6.

RPM 02:56

7.

Psychopath 02:29

8.

Dynamite Pastures 03:25

9.

To Be Light 03:01

10.

Keep the Key 04:05

11.

Your Tidy Lullaby 03:46

12.

Deadmen (Live on WMSE) 02:42

 

School Disco – The Rest of Us Have More Realistic Expectations (2016)

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    • Artista: School Disco
    • Album: The Rest of Us Have More Realistic Expectations
    • Anno: 2016
    • Genere: Surf Rock
    • Durata: 17:31

1.

School Disco 03:22

2.

Cats Gone Wild 05:33

3.

Locked Up in Chains 06:00

4.

Inclinded 02:33

Yet to see a Yeti – The King Of The Doves (2016)

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    • Artista: Yet to see a Yeti
    • Album: The King Of The Doves
    • Anno: 2016
    • Genere: Alternative Rock
    • Durata: 21:06

1.

Friend Or Foe 04:11

2.

Messiah 04:14

3.

Gaius 03:08

4.

Blood In The Senate 02:24

5.

Ancient Magic 02:54

6.

The King Of The Doves 04:13

 

persons from porlock – things people don’t like (2016)

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Relapse Sampler 2016

Anche quest’anno Relapse Records ha rinnovato l’iniziativa (bellissima) di un campionario liberamente scaricabile dalla sua pagina bandcamp, per mettere così in mostra tutte le uscite di questo anno 2016 che volge al termine.

coverBen 40 tracce da 40 album e 40 artisti del genere di riferimento di Relapse, ossia il metal e l’hard rock. Come l’anno scorso e come per il sampler primaverile di Nuclear Blast ad aggiungere un breve commento per ogni traccia.
Quest’anno per fortuna il campionario è corredato da un booklet con una piccola intro sulle band, quindi non mi dilungherò particolarmente nei dettagli.
Dato il numero di tracce metterò anche un simpatico curoricino ♥ vicino alle mie tracce preferite.

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Simon & Garfunkel – Wednesday Morning, 3 A.M.

Autore: Simon & Garfunkel

Titolo Album: Wednesday Morning, 3 A.M.

Anno: 1964

Casa Discografica: Columbia Records

Genere musicale: folk rock

Voto: 8

Tipo: LP

Sito web: http://www.simonandgarfunkel.com/

Membri band:
Paul Simon – voce, chitarra acustica
Art Garfunkel – voce
Barry Kornfeld – chitarra acustica
Bill Lee – contrabbasso

Tracklist:
1. You Can Tell The World
2. Last Night I Had The Strangest Dream
3. Bleecker Street
4. Sparrow
5. Benedictus
6. The Sound Of Silence
7. He Was My Brother
8. Peggy-O
9. Go Tell It On The Mountain
10. The Sun Is Burning
11. The Times They Are a-Changin’
12. Wednesday Morning, 3 A.M.

L’album d’esordio del neocostituito duo folk fu un flop di vendite, inizialmente. Era il 1964 e il mondo, forse, non era pronto per la novità che apportavano i due giovani newyorkesi. Erano da poco sbarcati i Beatles negli States e il concetto stesso di musica pop si legava in maniera quasi univoca a loro. Non c’era ancora posto nel cuore del pubblico giovane per le soavi melodie, le armonie vocali e il loro delicato rock’n’roll in chiave folk. E per quanto riguarda il folk, chi all’epoca diceva folk diceva Bob Dylan. Eppure i due timidi ragazzi, amici fin dall’infanzia e artisticamente complementari, si stavano ricavando un loro spazio preciso, una loro personalissima strada, stavano inconsapevolmente costruendo il loro mito. E a riprova di quanto spesso la risposta del mercato non sia indicativa del valore di un disco c’è il fatto che solo due anni dopo quest’album venne rivalutato. Era accaduto un evento curioso ma che, di fatto, fu cruciale per far spiccare il volo al duo folk. Il produttore discografico Tom Wilson ebbe una grande idea: recuperare uno dei pezzi forti dell’album precedente di S &G, The Sound Of Silence, e regalargli una nuova verniciatura elettrica, secondo la recente moda di Dylan e del folk-rock. Chiamò così in studio i sessionmen Bobby Gregg (batteria), Bib Bushnell (basso) e Al Gorgoni (chitarra elettrica) e fece loro sovraincidere le rispettive parti sull’originale. Il risultato fu convincente: la Columbia decise all’insaputa totale degli autori di far uscire il pezzo a 45 giri. In brevissimo tempo la canzone volò al primo posto delle classifiche, vendette un milione di copie e costrinse uno spiazzato Paul Simon, che si trovava in Inghilterra, al precipitoso ritorno in patria. Alla luce di ciò il loro debut album, stroncato dalle vendite, non fu affatto un insuccesso, bensì l’inizio acerbo e inconsapevole di una stagione d’oro per Simon & Garfunkel. Una manciata di anni, dal 1964 al loro scioglimento nel 1970, di successo planetario derivante da una geniale ricetta fatta di storie semplici e tormenti interiori raccontati da un folk-rock delicato e misurato ma evocativo ed emozionante come nessuno ancora aveva saputo fare. Un marchio di fabbrica che li rese unici, che ha reso imperituro il loro mito ben oltre il loro scioglimento, fornendo terreno fertile di ispirazione per tutti i folksinger a seguire, influenzando artisti ancora oggi. Un’eredità enorme per il rock, nella sua variante tenue e apparentemente semplice che spesso chiamiamo folk. E in Wednesday Morning, 3 A.M. è già contenuta embrionalmente la promessa di tutto ciò. 12 brani fatti di melodie immediate, delicate chitarre e un pizzico di tradizione popolare. Un rock solo accennato. Poco più di 40 minuti che già però rendono molto bene l’idea del buono che ne verrà. Ad aprire l’album è You Can Tell The World, un allegro rock’n’roll perfetto per l’epoca, una cover dei The Seekers ma nello stile dei tanto adorati Everly Brothers. Un ritornello gioiosamente ossessivo “brought joy joy joy into my heart”. Il secondo brano è Last Night I Had The Strangest Dream. Ancora una cover, questa volta di Ed McCurdy. Una sorta di filastrocca spensierata di chiara matrice folk-country. Ciò che colpisce già da questi primi due brani sono le loro voci, come si cercano, come si trovano, come si coprono, armonizzando in piacevolissimo modo. Il terzo brano è Bleecker Street. Dolce e leggero, ancora acerbo ma una cartina tornasole di quello che sarà l’inconfondibile stile vocale di Art Garfunkel. Oserei dire che è un esempio di impressionismo in musica, è come una pennellata delicata ma decisa che ritrae e consegna all’eternità un istante. “Voices leaving from a sad café, smiling faces try to understand; I saw a shadow touch a shadow’s hand on Bleecker Street”. Inaugura un modo di dipingere la realtà che sarà la forza del duo in brani successivi e di grande successo. Il quarto brano è Sparrow. Una favola tratta dalla tradizione letteraria inglese. La storia del fragile passero che cerca una briciola d’amore. Tocca nel profondo, parole e melodia sono in simbiosi perfetta. Come nei migliori brani di S & G. Con il quinto brano, Benedictus, siamo nell’ambito della tradizione popolare religiosa. Si tratta di un rifacimento liturgico che, probabilmente, è solo un pretesto dei due per fornirci un’eccelsa prova vocale. Quindi siamo al sesto brano, The Sound Of Silence. Versione embrionale del futuro classico. Registrato per sole voci e chitarra acustica. Un brano nudo, con le 2 voci che si alternano e sovrappongono e una sola chitarra. In seguito sarebbero stati aggiunti strumenti elettrici e batteria, ma la prima incisione risulta oggi, a 52 anni di distanza, di un fascino arcano ed enigmatico. Impossibile non rabbrividire all’ascolto. Paul Simon tocca qui uno dei suoi vertici espressivi: disegna metafore sul tema dell’incomunicabilità umana, racconta sogni e incubi con una lucidità poetica autentica e inarrivabile, riuscendo nel tentativo ultimo di fornire un suono al silenzio. Il suo capolavoro creativo, indubbiamente. Il settimo brano è He Was My Brother, uno dei loro pezzi più dylaniani per la tematica affrontata tipica del folk impegnato. Imperversa la guerra in Vietnam e, sebbene i due newyorkesi abbiano scelto di non allinearsi a partiti politici e movimenti preferendo scandagliare i tormenti dell’animo umano nel quotidiano, un’ode contro la guerra serviva, era doverosa. E la condanna dell’ars bellica arriva in questa canzone che parla di un giovane di soli 23 anni morto ammazzato mentre combatteva per i suoi fratelli. “They shot my brother dead because he hated what was wrong”. Poche semplici parole, cantate con delicatezza e decisione su una melodia immediata. Non servono troppi giri di parole per “cantarla alla guerra”, loro lo sanno e centrano perfettamente l’obiettivo. Non sarà la più complessa e cervellotica fra le anti-war songs ma è una delle più dirette e commoventi. L’ottavo brano è Peggy-O. Una sublime filastrocca, candida e rassicurante. Perfetta per mettere alla prova le loro armonizzazioni vocali. Con il nono brano, Go Tell It On The Mountain, siamo sempre nell’ambito dei canti tradizionali-religiosi, retaggio probabilmente delle loro prime esperienze musicali di ragazzini. Un pezzo gioioso che annuncia al mondo intero la nascita di Gesù. Un ulteriore modo di “provare” i prodigi delle loro voci armonizzate. Il decimo brano è l’incantevole Sun Is Burning. Si tratta di una cover dell’omonimo pezzo di The Ian Campbell Folk Group. La parabola del Sole è innestata su una bellissima linea melodica. Simon & Garfunkel arricchiscono la versione originale del valore aggiunto delle loro voci, rendendo soave un pezzo già stupendo. L’undicesimo brano è ancora una cover, questa volta dylaniana: The Times They Are a-Changin’. Un tributo davvero appassionato che rivela tutta l’ammirazione dei 2 folksinger per il maestro Dylan. Scelgono di coverizzare un pezzo che è considerato il manifesto del folk impegnato e danno vita a una versione fluida ed accattivante. Il brano conclusivo è la title track: wednedsay-morning-3-amWednesday Morning, 3 A.M. Pura poesia. E’ un ritratto da brividi, è il peso di azioni sconsiderate: “My life seems unreal, my crime an illusion: a scene badly written in wich I must play”. La luna piena delle notti d’inverno, il magone terribile della stupidità. Eppure è anche speranza: è la sicurezza del tiepido corpo dell’amore, è l’attesa del mattino, giusto poche ore più in là, a riscaldare il freddo dell’animo. E’ come se le voci e le chitarre dialogassero nel raccontarsi a vicenda questa storia di tormento. Una piccola storia, eppure degna di essere narrata in musica. Quella di Simon & Garfunkel è la poetica musicale delle piccole cose. Con questo album nasceva qualcosa di unico e straordinario.
Sara Fabrizi

Dario Germani – Fog Monk (2016)

Dario Germani è un contrabassista classe ’84 e introduce da sé la sua ultima opera in questo breve video:

L’album è quindi dedicato a Thelonius Monk ed è direi un album in un senso un po’ più autentico del solito: è una collezione, una raccolta di 3 Long Playing composti di 10 brevi brani ognuno.

Il principe è il contrabbasso, suonato in solo.
Il testo di accompagnamento al disco a firma di Francesco Martinelli spiega che Monk stesso insegna il peso della nota, del suo campo gravitazionale e geometrico, tema fondamentale del primo LP, che richiede quindi un ascolto quantomeno educato, un po’ come con una guida ad una mostra.
Nel secondo LP invece il colore predominante è il blu. Variazioni e interpretazioni sonore sul blues, che si vuole quasi sottointeso nell’orecchio dell’ascoltatore.
La terza collezione vede la splendida compagnia femminile della cantante Valeria Restaino. Scelta che dà corpo all’album nel complesso e lo rende certamente più espressivo e meno clinico ed ermetico.

img_20161107_212618_220I diversi approcci alla musica di Monk, la limpidezza della registrazione e qualche accortezza (intro spoken dello stesso Monk, un’alternate take divertente, inserti “fisici”) rendono l’album una buona esperienza d’ascolto. Da non lasciare però al sottofondo o ad un ascolto distratto e periferico.

È una bella sensazione posare l’orecchio su una produzione così cristallina e con la precisa vision di una esplorazione in profondità e interpretazione espressiva di un autore così conosciuto e studiato.

Consigliato a tutti gli ascoltatori di jazz con buona soglia di attenzione e ai jazzisti maturi.

Stampato su vinile e disponibile su iTunes, pubblicato a nome GRM records, etichetta dello stesso Germani.

Badgers Milk – Badger’s Milk EP (2009)

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Mad Mad Mad Minerva – OWL Φ (2016)

Mi sono recato, in rappresentanza del collettivo, alla presentazione del nuovo lavoro dei ragazzi di Sora (FR) e dintorni.
Il teatro decorato da sculture un po’ dechirichiane e le proiezioni del VJ hanno creato il giusto ambiente immersivo per l’ascolto del primo lavoro inciso su disco della formazione: voce, 2 chitarre, fiati, batteria.

14900535_1046040538846991_1952469877833538239_nIl loro tipico suono alt-rock / post-grunge (nel senso buono) si è avvalso di tante integrazioni intelligenti, anche estetiche: l’intro di uno scacciapensieri, l’uso di un aulos.
Con l’ascolto, specialmente dal vivo, ci si accorge che è uno di quei casi in cui il basso fa davvero la differenza, in cui la chitarra è matura ed in molte parti si sente la vera musica d’ensamble, orchestrata e ben coordinata.

L’EP di 5 tracce (?) si apre con un brano, Ocean of Grace, in cui si chiariscono le sonorità di riferimento, che abbiamo detto essere di un alt-rock/post-grunge edulcorati da un’aura più ricercata e delicata, anche grazie ai tempi dispari sul finale.
Track Five, preferita, raggiunge l’ottimale e potrebbe essere tranquillamente uscita da un album da classifica. Il proto-prog di cui sopra qui si manifesta con un riff di flauto che funziona alla grande.
I testi sono artistici nel dipingere scene estemporanee che trasmettono sensazioni intime ed emozionali.
La terzimg_20161101_172858a traccia, Dream, fa apparire la tromba e crea un ambiente disteso “to lean back to”, che in Lazy Cigar diventa più ritmato e forte.
L’ultima traccia, in italiano, non può non ricordare le tante realtà di pseudo-grunge italiano, nel bene e nel male. L’uso della nostra lingua sarebbe congeniale a questo tipo di sound, e basterebbe un testo più audace per rendere questa carta un asso vincente.

Nel complesso si fanno notare il letto strumentale e la vocazione art-rock della band come loro componenti uniche, le varie scelte di fino pagano, e l’EP risulta ben prodotto.

Quindi tanti auguri e buon lavoro.