Titolo Album: Piccola Storia Di Una Bimba E Del Suo Aquilone Di Idee
Anno: 2015
Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: rock
Voto:7
Tipo: CD
Sito web: https://www.facebook.com/zavarock/
Membri band:
Pietro “Sanpiè” Santilli – voce
Marco “Zavarock” Zavarella– chitarre
Francesco Antinarella – basso
Alfo “Novecento” Di Pillo – batteria
Tracklist: 1. La Bimba 2. Il Nonno Della Bimba (Il Vecchio) 3. Sorella 4. Il Destino (Di Un Uomo) 5. La Scelta 6. La Strada 7. L’Attesa 8. Madre 9. Dietro La Finestra 10. Il Ritorno 11. Festa
Piccola Storia di Una Bimba E Del Suo Aquilone Di Idee è la prima fatica degli Abiura. Album dato alla luce sotto la sapiente guida del tecnico del suono e musicista Giorgio Pontone. L’impronta è palesemente rock, quello di matrice italiana che trova in Litfiba, Timoria e Omar Pedrini i maggiori rappresentanti. 11 tracce che narrano microstorie a loro volta inscrivibili in una macrostoria che è quella di una bimba, appunto. Una bimba che cresce sognando la sua libertà, la realizzazione dei suoi sogni incarnati dal suo aquilone. Una bimba che deve confrontarsi con la famiglia di cui fa parte, con le varie figure più o meno autoritarie che la circondano. Combattuta fra il suo desiderio di realizzazione e la lealtà ed attaccamento ai valori della sua famiglia, al richiamo di un ossequio e di un’obbedienza senza tempo. Ma la bimba cresce, diventa una donna, e va via di casa per trovare la sua dimensione seguendo il volo del suo aquilone di idee. Ormai grande e indipendente vive la sua vita, fa le sue esperienze raggiungendo o mancando gli obiettivi che si era proposta. Eppure il richiamo delle radici è forte, mentre la fermezza della scelta di andare via vacilla. La bimba (donna) fa ritorno a casa dove ad accoglierla ci sono i luoghi della sua infanzia, il lago sulle cui sponde giocava. L’aquilone è sempre stretto al suo polso ma non la condurrà più lontano. E’ giunto il momento del ricongiungimento con i propri cari, con la propria terra natale. Ed è il momento di celebrare il ritorno tramite la festa con tutto il suo valore simbolico. La festa, sacra e profana, che ricongiunge gli uomini fra loro e con Dio. Tutto torna al suo posto, quello giusto, concludendo così la parabola esistenziale della giovane donna. L’aquilone è ancora stretto al suo polso, forse un giorno, se vorrà, potrà ancora volare.
Un album da cantastorie, moderni menestrelli rock. Affrontano la tematica del distacco e del ritorno alle proprie origini. Della tensione fra il noto e il rassicurante, che a volte è soffocante, e l’ignoto, il nuovo, così attraente per la libera realizzazione dell’essere umano. E lo fanno in un concept album che racconta un percorso. La vena di rock italico è egualmente presente in ogni pezzo. Forte, a mio parere, la citazione dei Litfiba di Pelù. Unico neo è forse un po’ di monotonia di fondo. I pezzi sono tutti rock, ma tutti alla stessa maniera. Non noto un crescendo, un’evoluzione del sound di brano in brano, che invece dovrebbe essere in qualche modo speculare all’evolversi della storia narrata. Manca un po’ quella varietà e quella crescita che mi piace osservare in un concept album. Rimane comunque un buon album italiano, di un buon rock.
L’agnello è tradito dalla nascita.
In questo disco c’è la vita animale breve, impaurita e permeata di violenza.
Suonata con un adeguatissimo avant-black / crust.
Chi non mangia agnello dovrebbe avere pietà anche di sé stesso.
Dopo aver fatto una mezza idea di fine estate per l’Agglutination Metal Festival in provincia di Potenza, il sottoscritto insieme a Tullio e Luca è stato più fortunato a trovare una data della band brutal death perugina nella più vicina Roma.
Aprono la serata i 5Rand, band capitolina taggata “thrashcore”, e che per questo mi preoccupava un pochetto. Invece niente di male, hanno solo mostrato un po’ di incertezza, sicuramente per la poca esperienza live. Il sound è in effetti sul trash e la cantante era capace nel growl, ma mi hanno dato l’impressione di avere la possibilità tecnica di fare di più e “pulire” quel thrash per arrivare ad un sound meno anonimo.
Li seguono i Nerodia, già incontrati in apertura degli Arch Enemy all’Orion. Un breve inconveniente tecnico ha rovinato un po’ lo spettacolo death che la band è in grado di regalare, soprattutto grazie a David “mezzo metro di nervi” Folchitto (Prophilax, Stormlord).
La loro performance però mi è sembrata, seppur ineccepibile, fin troppo lineare. I componenti sono talmente bravi a fare quello che fanno che lo fanno senza il necessario “drive”, che deve essere in loro per essere trasmesso al pubblico. Che sia il caso di mettere in discussione il purismo death?
Dopo le aperture il palco si trasforma e compare un piano, una batteria da 15 pezzi e delle aste microfoniche in stile seicentesco.
I Fleshgod Apocalypse entrano in campo con una cantante lirica, tutti in costume di scena, e scatenano la loro forza brutale suonando tutto il suonabile del loro ultimo album King e qualcosa da Agony e Oracles.
Questo album affronta in modo piuttosto diretto il rapporto con l’autorità e il rapporto tra sovranità e divinità: la sua copertina raffigura infatti un re con i fili da marionetta.
L’ambientazione scelta è quella del periodo storico in cui la forma di sovranità prevalente era quella del monarca assoluto, che incarna la perfezione e che riceve il suo mandato da dio.
In linea con questa lettura il frontman (Tommaso Riccardi), aggiunge delle didascalie introduttive ai brani:
“La ricerca della libertà interiore è un dovere morale”
“Fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”
“La perfezione è fredda, propria dei cadaveri”.
La vera potenza di queste affermazioni si coglie quando le si accostano il suono metal brutale e il pogo sfrenato.
L’esperienza live è stata, come potete immaginare, incredibilmente forte e immersiva. Il piano ha fatto fatica ad uscire nell’acustica del club se non in qualche occasione, mentre ha avuto più fortuna la voce della cantante lirica, favolosa accompagnatrice della frenesia metallica, ancora più eccitante dal vivo.
In bocca al lupo ai FA per il loro tour americano 2017 e grazie al Traffic Club per aver offerto questo spettacolo.