Petting Zoo – Good Evening (2015)

Spaesato? Leggi la guida!

  • Artista: Petting Zoo
  • Album: Good Evening
  • Anno: 2015
  • Genere: Alternative | Electronic | Neo-psychedelia
  • Durata: 38:29

1.

Global Conveyor 00:38

2.

Thoughts on the Equator 04:32

3.

Too Upset 03:12

4.

TV Show 04:03

5.

Misfortune Fingers 04:29

6.

Dollhouse 04:21

7.

Hymno 05:33

8.

Abraxas 02:00

9.

Spanish Influenza 03:19

10.

Old Man Syndrome 06:18

  • Membri: Christian Hegland Joey Distasio Zach Ballard Tim Zoidis

 

Jamie Dams – Rush Of Souls (2016)

Spaesato? Leggi la guida!

Deshody – 89th (2016)

Secondo album, con un cambiamento di stile anche abbastanza netto rispetto a Collapsing Colors del 2014, recensito anch’esso su questo blog per la metal band laziale Deshody.

89th si presenta musicalmente come metalcore con una forte componente elettronica che irrompe già dalla seconda traccia.
Ben 11 brani compongono una selezione che tra djent e dubstep dà corpo ad un concept imperniato nel tema dell’imminente (immanente) apocalisse.
Lo stile da ambo i lati, strumentale ed elettronico, trova spazio per esprimersi con tracce come Stepping Into Eternity che ricorda in qualche modo i Meshuggah e con Eternal Mask che è invece dedicata completamente alla dubstep.

DISCO-cropLa produzione si dimostra attenta nello strutturare l’album e le tracce, con le (immagino) non poche difficoltà nell’attaccare organicamente l’elettronica, che non suona come una base o un accompagnamento ma si inserisce bene come parte del sound.
Inoltre non manca di intraprendenza con collaborazioni che portano a pezzi decisamente interessanti come il piano in Revelation di Gabriele “Gabriels” Crisafulli tastierista di Vivaldi Metal Project e noto agli indigeni ciociari anche per la militanza nel gruppo prog Metaphysics.
Altro brano interessante per gli appassionati di metalcore è Uncovering, con la collaborazione della voce di Ryan Kirby dei Fit For A King (christian metalcore statunitense).

Un album sicuramente solido, pieno e ben fatto.
Fa forse un po’ fatica a scorrere fino alla fine, causa via vai dagli stilemi di genere che creano un po’ di “effetto roller coaster”, che è comunque anche il punto di forza dell’album preso nell’insieme.
Diciamo che è una raccolta dalla quale pickare tracce piuttosto che scorrerla per i suoi 43 minuti.

Speriamo però che nella profezia lasciata alla fine del brano di chiusura “89th is the last one” il riferimento sia al titolo della traccia e non all’album…

 

Movimento D’Avanguardia Ermetico – Torri Del Silenzio (2015)

Terra pulita,
derma.
Sorretto come un arco dalle braccia
il freddo che frusta la schiena
penitenza del sensibile
chiodi nel piede di chi è condannato
a camminare
narcotico nei polmoni di chi non può smettere
di respirare

 

Bruce Springsteen, The Boss, al Circo Massimo

Un concerto di Bruce Springsteen è un’esperienza unica, da fare almeno una volta nella vita. Chissà quante volte avrete già sentito queste parole. Parole che si riempiranno di tangibile verità quando e se avrete la fortuna di assistervi. L’ho sperimentato sulla mia pelle due giorni fa al Circo Massimo e vi assicuro che è così. Che siate ammiratori, fan sfegatati, semplici amanti del rock, anche se non conoscete mezza delle sue canzoni (impossibile!) andate a vederlo. Vi cambia la vita, vi restituisce ordine nei pensieri, speranza nel cuore, serenità nell’anima..in un momento storico-sociale dove terrore e sconforto la fanno da padrone. The Boss è una sorta di sciamano, un santone che infonde positività in nome del dio Rock, forse l’unico che andrebbe davvero adorato…La platea del Circo Massimo sabato 16 ha partecipato a questo grande rito collettivo di purificazione, da ogni male e da ogni pensiero di male. In uno scenario incantato dove si respira aria di eternità e classicità, con un clima addirittura ideale (caldo ma non troppo), con un venticello che pareva cullarti, al tramonto, alle 20 e 15 per l’esattezza, ha inizio questo non stop di musica e amore che dura per ben 4 ore. Amore per la musica e per la vita, reso visibile anche da una semplice ma bellissima coreografia di cuori preparata dai fan delle prime file. E’ come se la città di Roma avesse creato un nido sicuro dove poter godere di tanta arte, e di tanta vita. Sì, perché in un concerto del Boss il confine fra le due è davvero molto labile. Mai nessuno come il nostro rocker americano, attivo da più di 40 anni, è riuscito a comunicare in maniera così diretta la sua Musica, mettendo il Rock a disposizione della collettività. Continua a leggere Bruce Springsteen, The Boss, al Circo Massimo

d’ZIC Trio con Carmine Ioanna @ Atina Jazz, 20 Luglio 2016

La d apostrofata è muta, talmente muta che non compare nemmeno sul volantino che riporta questo trio come primo concerto “main” dell’edizione 2016 di Atina Jazz.

A formare la sigla ZIC sono Zabsonré (percussioni, voce) – Ioanna (fisarmonica, voce) – Capone (tastiere, balafon, voce), provenienti rispettivamente da Burkina Faso, Irpinia e Francia. Inizialmente Eric Capone e Wendlavim Zabsonré formavano un loro duo, arricchito poi dalla fisarmonica campana di Carmine Ioanna.
Proprio lui ha descritto il trio all’apertura del concerto come un meticcio, immagine in effetti piuttosto azzeccata, ma non solo per i suoi aspetti positivi.

Continua a leggere d’ZIC Trio con Carmine Ioanna @ Atina Jazz, 20 Luglio 2016

CCR: Pendulum

Autore: Creedence Clearwater Revival

Titolo Album: Pendulum
Anno: 1970

Casa Discografica: Fantasy Records
Genere musicale: rock

Voto: 9
Tipo: LP

Sito web: http://www.creedence-online.net/

Membri band:
John Fogerty – chitarra, piano, sassofono, voce
Tom Fogerty – chitarra ritmica
Doug Clifford – batteria
Stu Cook – basso

Tracklist:
1. Pagan Baby
2. Sailor’s Lament
3. Chamaleon
4. Have You Ever Seen The Rain?
5. (Wish I Could) Hideaway
6. Born To Move
7. Hey Tonight
8. It’s Just A Thought
9. Molina
10. Rude Awakening, No.2

Pendulum, sesto album dei CCR, penultimo lavoro della loro breve, iperattiva, folgorante carriera. Critica e pubblico da sempre divisi nel valutare quest’album così “schizofrenico”, così completo, così ricco di spunti, di generi, di suoni, di strumenti (persino i fiati!), così deviante (eppure rispettoso) dalla rassicurante formula Creedence di un rock basico che frulla insieme country, folk, blues, soul e ce li restituisce insieme in un sound che è il rock, per le masse e per gli esperti, per tutti semplicemente potentemente rock. John Fogerty, voce e leader assoluto, qui rafforza addirittura la sua leadership. Lui qui è tutto: autore di tutte le musiche e testi. Qui come mai negli album precedenti sfodera tutta la sua grinta di polistrumentista. Un album apice della sua vena creativa, il canto del cigno. Qualche dissidio interno con il fratello Tom, da sempre insofferente all’eccessivo protagonismo di John, porterà il maggiore dei Fogerty ad abbandonare la band. Dopo Pendulum la creatività di John si affievolisce, ma come dargli torto? In soli 4 anni era stato fonte inesauribile di meravigliose azzeccatissime canzoni, creatore della “rock Creedence formula”, era stato contaminatore di generi, aveva riportato in vita (revival!) pezzi della tradizione blues, folk e rock’n’roll donando loro nuova vita e respiro. Aveva spianato la strada ai cantautori successivi. Non curiamoci del fatto che fosse un po’ arrogante, quale genio non lo è? Godiamoci questo viaggio track by track in questo suo e loro sesto folgorante lavoro. Continua a leggere CCR: Pendulum

MGM – Sunny Days Gone By

Autore: MGM

Titolo Album: Sunny Days Gone By
Anno: 2016

Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: hard rock

Voto: 8
Tipo: CD

Sito web: www.facebook.com/mgm.rock/?fref=ts

Membri band:
Sebastiano Scittarelli: basso e voce
Peter Cornacchia: chitarra e voce
Fabrizio Musto: batteria e percussioni
Marco Capitanio: organo, piano, synth

Tracklist:
1. Magic Highway
2. Sometimes
3. Sunny Days Gone By
4. You Think It’s True
5. If You Don’t Fight
6. Plastic Soldier
7. Inside Lookin’ Out
8. Smokey Room

Prendi quattro grintosi musicisti del cassinate, la loro passione per il rock duro e puro di derivazione seventies, la loro volontà di far rivivere il sound sincero di quegli anni in inediti attuali e timeless al contempo e vedrai suonare davanti a te gli MGM. Attivi dal 2000, hanno conosciuto nel tempo solo una variazione nella line up quando nel 2008 Peter Cornacchia è subentrato ad Aurelio Gargiulo. Si sono fatti le ossa in sala prove ma soprattutto nei live, vera irrinunciabile location non solo della loro performance ma anche della loro crescita artistica, del loro stesso farsi arte. L’improvvisazione come etica musicale, il piacere di suonare e comunicare se stessi al pubblico, anche ristretto, anche magari poco avvezzo al genere proposto. Non la pretesa di scalare classifiche e ottenere consensi su vasta scala. Ma la volontà di regalare al proprio auditorio un’istantanea di se stessi e della passione che li anima. C’è una assoluta congruenza fra ciò che emerge da una mia breve intervista al chitarrista della band e ciò che è immediatamente palese all’ascolto. E’ come se i brani ti parlassero del processo creativo insito, dell’influenza di Hendrix, Led Zeppelin, Deep Purple, Pink Floyd, CSN, Black Sabbath, Santana, Jeff Beck e altri ancora. Influenze che però non si traducono mai in una copia, in un’esecuzione clone dell’originale. Anzi, c’è molta libera interpretazione, molto spazio alla sensibilità personale di ognuno dei quattro musicisti che, pur provenendo da un background simile, hanno poi naturalmente ognuno una propria personalità musicale fatta di ispirazione dai propri mostri sacri e abilità creativo-compositive autonome. Dunque ampio spazio a variazioni sui temi dei grandi dell’hard rock, variazioni e degenerazioni da cui poi scaturiscono veri e propri brani. E negli otto brani del loro primo full lenght tutto ciò è fortemente riscontrabile, anche ad un orecchio poco allenato a mio parere, tanto sincero è il loro sound e il modo di comunicarlo. Energia, potenza, impatto sono i tre aggettivi che mi vengono immediatamente in mente per descrivere i pezzi. Un potenza primitiva e sanguigna che si dipana per tutto l’album persino quando incontriamo una ballad. Sin dal primo brano, Magic Highway, veniamo trascinati in un vortice di sano rock’n’roll, veloce e di impatto che evidenzia, ad un certo punto del brano, delle armonie non convenzionali e non prevedibili frutto di una creatività spontanea. Il secondo brano, Sometimes, è costruito attorno ad un riff molto efficace. Tipico esempio di come una cellula minuscola possa poi ispirare il resto del brano strutturandolo di fatto. Il terzo brano è la ballad che è anche la title track, Sunny Days Gone By. Una malinconia limpida emerge all’ascolto, il gusto dolce ed amaro di qualcosa di bello ormai trascorso che lascia trasognati. Giorni pieni di sole ormai passati, appunto. Chissà perché la scelta di dare all’album il titolo di questo pezzo. Forse perché tutta quella energia primitiva che permea il disco aveva bisogno di essere incanalata nei meandri di un pezzo più rassicurante, più calmo, più riflessivo. Nelle note di una ballad dolce ma che è in grado di esprimere il tormento, l’impeto, l’emozione forte, sia essa positiva o negativa, che sono all’origine di ogni componimento musicale quasi meglio di pezzi più rock. E la chitarra, che ad un certo punto si infiamma in un assolo delicato ma deciso deviando dalla melodia principale, interpreta egregiamente questo mood. Con il quarto brano, You Think It’s True, veniamo riportati nel regno della potenza e del ritmo. Ancora un riff indovinatissimo da cui sgorga con nonchalance il resto del brano. Sembra quasi di vederlo il processo creativo degli MGM, tanto i brani ci comunicano spontaneità, improvvisazione, musica nel suo farsi. Ed è per questo motivo che sembra quasi di ascoltare un live album. I quattro musicisti sono riusciti a rendere in uno studio album il calore e l’energia libera e “schizofrenica” di una performance live. Abilità riscontrabile ai massimi livelli nel quinto brano, If You Don’t Fight. Batteria e basso a tutta. Sezione ritmica lanciatissima. Assoli di chitarra e organo infiammati. Il sesto brano, Plastic Soldier, trasuda forza e qualche concessione al funk. Il modo di cantare del cantante/bassista qui mi piace particolarmente. Ci sento dentro echi di Hendrix (Foxy Lady?) davvero trascinanti. Energia a profusione anche per il settimo brano, Inside Lookin’ Out. Anche qui grande voce. E’ come se il cantato del bassista abbia avuto per me un’evoluzione in termini di bravura lungo l’album. Nei pezzi finali davvero riesce a dare il meglio. Quasi come se venisse rispettato quel crescendo, quel pathos che sale, tipico di un live. Quando si parte decisi ma controllati e poi ci si scalda e si esplode nel corso della performance. Ed è un discorso che io applicherei anche agli altri strumenti in questo album. La forza e l’impeto da subito palesi si arricchiscono di calore e “umanità” di brano in brano. A chiudere il disco è Smokey Room. Brano interamente strumentale che sfocia nella jam. Molto spazio al synth. Toni più rilassati rispetto ai pezzi precedenti. Certo l’energia anche qui è tangibile ma è più tenue e latente, meno esplosiva. Nella mia ottica quasi una sorta di brano di “defaticamento”. Come per guidare l’auditorio verso la fine di un viaggio musicale che è stato adrenalinico e che ora lascia posto al silenzio. Dopo il dispiegamento di tante forze, ritmi e Sunny Days Gone Bybattiti accelerati da live il nostro cuore rock’n’roll ritrova la calma. Dopo l’ascolto dell’album la sensazione è di essere appena tornati da un concerto, con quel miscuglio di lasciti di energia e desiderio di assistere subito ad un altro.

Sara Fabrizi

Haken + Special Providence + Arkentype @ Legend Club (Milano, 6/6/16)

Vicino al club ci sono bambini che scorazzano e un bel giardino con poltroncine, gazebi, spillatori di Pilsener Urquell e una chitarra-vanga.IMG_20160606_202355

Trovo già gli Arkentype (Norvegia), primo gruppo di apertura, che si dà da fare sul palco, con il loro sound hardcore con qualcosa in più in ritmica e in djent.
Li seguono gli Special Providence (Budapest), con una formazione strumentale di chitarra, basso (corde a iosa per entrambi), batteria e organo/synth.
Quello che suona è quello che sentireste se i Polyphia e i Meshuggah uscissero a cena insieme. Continua a leggere Haken + Special Providence + Arkentype @ Legend Club (Milano, 6/6/16)

Giorni Usati di Michele Anelli

Autore: Michele Anelli

Titolo Album: Giorni Usati
Anno: 2016

Casa Discografica: Adesiva Discografica
Genere musicale: rock cantautorale

Voto:7
Tipo: CD

Sito web: http://www.micheleanelli.org/

Membri band:
Michele Anelli – voce, chitarra elettrica, chitarra acustica
Andrea Lentullo – piano elettrico, synth, organo, vocoder
Matteo Priori – contrabbasso
Stefano Bertolotti – batteria
Francesco Giorgio – corno, tromba
Gianluca Visalli – viola, violino
Caterina Cantoni – violoncello
Federica Diana – cori
Francesco Marchetti – cori

Tracklist:
1. Lavoro Senza Emozioni
2. Leader
3. Adele E Le Rose
4. Alice
5. Giulia
6. Gospel
7. Eco
8. Tu Sei Me
9. Cento Strade
10. Giorni Usati

Giorni Usati rappresenta la svolta cantautorale nella carriera di Michele Anelli. Per lungo tempo frontman, autore e cantante dei Groovers, qui si reinventa come cantastorie, menestrello dell’attualità. Dopo un passato da garage-punker con la sua band degli anni ’80, The Stolen Cars, e dopo una carriera ventennale con The Groovers, si reinventa solista. Dunque incontra il tastierista Andrea Lentullo, che fornisce terreno fertile alle sue idee, e il contrabbassista Matteo Priori che apporta un intenso groove determinando la fisicità ritmica anche grazie al lavoro di tre differenti batteristi che si alternano nei brani. Ne scaturisce Giorni Usati. Continua a leggere Giorni Usati di Michele Anelli