Faccio la conoscenza di questo gruppo da un nome biascicatomi dall’amico Michele, che mi suonava abbastanza brutal. Poi vedo un fiocco di neve su una copertina da album indie folk e un titolo post-rockeggiante. Leggo che il gruppo suona dall’Australia (che di neve ne deve aver vista poca) e suona progressive metal.
Il mistero si infittisce.
Musicalmente lasciano in superficie le vocals, sorprendente unione di Riverside e Haken, mentre gli strumenti switchano senza progressioni prolisse tra lunghi riff melodici, tempi dispari e un approccio djent prerogativa di una delle correnti di progressive metal moderno, il tutto senza forzature tecniche.
La forma canzone è molto simile a quella degli Haken, ma si distingue in brani davvero originali: Into the White, Old Cracks in the New Earth, strumentale, e All is Quiet by the Wall.
Poi le varie intro/outro e interludi come Thief non fanno molto pesare la tracklist.
L’album nel complesso sta nel giusto mezzo tra scorrevolezza e contenuto, almeno per chi è abituato al progressive dei gruppi sopracitati, rispetto ai quali la band è meno esperta (il primo EP è del 2011) e certamente riconoscente.
Si infoltisce la schiera della New Wave of Progressive Metal, contentissimo.
Un commento su “Caligula’s Horse – The Tide, the Thief & River’s End”