Commento a “cinquantatré anni sette mesi e undici giorni notti comprese”, personale di Roberta Maola (Casalvieri, Agosto 2015)

11143639_396566697205095_3131916927277548967_nSi rimane senz’altro colpiti, dalla tecnica e dall’evocazione delle opere di questa mostra personale di Roberta Maola: pittrice, grafica, decoratrice casalvierana.
Una cosa che si nota subito della mostra è il generoso accompagnamento di testo, ad introdurre e guidare lo spettatore, fornendo una chiave di lettura per le opere, scelta forse orientata alla massa, forse orientata ad ampliare le possibilità interpretative.
Il titolo risulta essere un fattore importante per comprendere i temi esposti, e viene dal romanzo di G. G. Marquez “L’Amore ai tempi del colera”.
La patina11038722_353866961475069_2208324584115934315_n di quella strana forma di romanticismo penitente copre in trasparenza le opere, lasciando un gusto amaro tra infelicità e accettazione.
Proprio accettare la realtà vuole essere un punto focale per guardare diversamente queste opere.
Il testo di accompagnamento spiega come l’iperrealismo delle opere sia il risultato di un passaggio duplice che ha origine dalla realtà fenomenologica, passa per la psiche e torna sulla rappresentazione come prodotto di questo processo.
Insomma, quello che si vede è la rappresentazione di una realtà personale: qualcosa di meno immediato di una fotografia e più reale/realistico di un dipinto.
Per quanto ciò sia interessante ed abbia trovato una legittimità artistica, non si può fare a meno di notare quanto ciò che c’è sulla carta sia, in fondo, solo realtà.
La testimonianza di quel processo che intinge la percezione nella psiche semplicemente non è sul foglio. È impercettibile e non fruibile.
Il che potrebbe non essere un problema, se non fosse che l’artista ha invece ossessivamente reso percettibile, visibile e fruibile ogni singolo riflesso del vetro, linea del legno e filo del tessuto.
C’è quindi questa contraddizione tra l’iperrealismo come realtà eccessivamente, intensamente percepita e rappresentata e l’iperrealismo come tecnica rappresentativa di un certo processo psicologico.
Unica prova di questa seconda interpretazione è la sedia nel barattolo, opera che dimostra che l’artista ha impegnato la sua tecnica anche per rappresentare qualcosa di non realisticamente presente davanti a lei, qualcosa che la realtà non le può aver fornito (anche se una sedia in miniatura entrerebbe facilmente in un barattolo…).
Speculazioni sul realismo filosofico a parte, l’esposizione punta il riflettore su temi legati alle relazioni sentimentali, alla vita, alle emozioni, dimostrando attenzione alla psicologia e alla soggettività.
Un invito al pubblico ad osservare e riflettere, e all’autrice a continuare a produrre.

Pubblicato da

Manuel D'Orso

Nel collettivo dal 2013, INTJ, appassionato di metal e musica sperimentale.

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