COSMO’S FACTORY – CREEDENCE CLEARWATER REVIVAL

Autore: Creedence Clearwater Revival

Titolo Album: Cosmo’s Factory
Anno: 1970

Casa Discografica: Fantasy Records
Genere musicale: rock

Voto: 10
Tipo: LP

Sito web: http://www.creedence-online.net/
Membri band:
John Fogerty – chitarra, piano, sassofono, voce
Tom Fogerty – chitarra ritmica
Doug Clifford – batteria
Stu Cook – basso

Tracklist:
1. Ramble Tamble
2. Before You Accuse Me
3. Travelin’ Band
4. Ooby Dooby
5. Lookin’ Out My Back Door
6. Run Through The Jungle
7. Up Around The Bend
8. My Baby Left Me
9. Who’ll Stop The Rain
10. I Heard It Through The Grapevine
11. Long As I Can See The Light

Cosmo’s Factory è il quinto album targato CCR, e ne rappresenta la summa. Tra tutti gli album è il più vario ed enciclopedico per la sua attitudine a svelare tutte le svariate influenze della band. Vera e propria sintesi della loro arte, del loro modo di essere rock e di forgiarlo pescando a piene mani nel passato per creare qualcosa di inedito. Un album che arriva nel 1970, ossia un anno dopo il memorabilis 1969 che vide la fortunatissima trilogia Bayou Country, Green River e Willie And The Poor Boys. Il successo dei CCR è ormai consolidato e internazionale, acclamati da critica e pubblico. Da ogni tipo di pubblico, si va dal nostalgico del rock’n’roll all’hippie avvezzo alla psichedelia lisergica. E questo perché la formula Creedence è uno straordinario contenitore, un calderone dove ogni ingrediente convive e si sposa perfettamente con l’altro. Un miscuglio infallibile di blues, rock’n’roll, country rock, folk, swamp rock e pure pop. Tutti sapientemente miscelati a creare una forma rock essenziale, pura, semplice e travolgente. Dopo aver tanto dato e stupito con i 4 formidabili album precedenti nessuno si sarebbe aspettato che la band di Fogerty avrebbe potuto fare di meglio. Invece si superarono. Nonostante uscisse in un momento di forte tensione, stress e caos interno. Tornati in primavera dalla tournée europea (con tappa alla storica Royal Albert Hall londinese) e diventati insofferenti allo strapotere del leader John Fogerty, crearono un album di straordinaria completezza ed organicità. Brano di apertura è Ramble Tamble, una galoppata rock fatta da un riff incisivo e reiterato e da una prova vocale graffiante come sempre. Proprio quando sembra tutto finito, il brano rallenta e si trasforma: le chitarre raffreddano l’irruento calore delle frasi precedenti e virano in una lenta ballad che prosegue indisturbata fino all’ennesimo cambio di tempo e alla chiusura veloce, speculare alla prima parte. Straordinaria. Come ogni album l’apertura è con il botto. Il secondo brano è una cover di Bo Diddley, Before You Accuse Me. Un bel blues rock che sembra quasi voler sedare gli animi sovraeccitati dal brano precedente. Assoli classici e temperati e pianoforte in sottofondo. Piacevole e rasserenante. Ma questa calma apparente viene subito stravolta dalla scatenata Travellin’ Band. Un rock’n’roll travolgente ed anfetaminico, alla Chuck Berry, in cui la voce di Fogerty sembra quasi spezzarsi per la foga. Il quarto brano è ancora una cover: Ooby Dooby di Roy Orbison. Bella e coinvolgente riproposizione di un classico rock’n’roll anni ’50. Il quinto brano è Lookin’ Out My Back Door. Una ballata country rock con un riff contagioso e una melodia saltellante ed accattivante. In questo pezzo c’è il tema del viaggio che però ricorda più le atmosfere giocose e scanzonate delle avventure narrate da Mark Twain che il road trip lisergico alla Easy Rider. Quindi si passa al sesto brano che quasi non avrebbe bisogno di commento e didascalia. Si tratta di Run Through The Jungle. Ma è un pezzo così evocativo, efficace e anche onomatopeico che di parole su di esso bisognerebbe spenderne tante. Run Through The Jungle è una vietnam song. Mi si obietterà che ne fecero così tante in quel periodo, fra contestazione reale e sincera e voglia, forse un po’ cinica, di cavalcare l’onda proponendo brani di sicura presa. Ma questa è un caso a parte. E’ ossessiva ed ossessionante. Ci porta davvero nella jungla vietnamita. Ora siamo i soldati che corrono senza voltarsi lasciandosi dietro fiumi di napalm. Con le sue esplosioni chitarristiche, il ritmo incalzante e i riff ossessivi disegna a livello multisensoriale la realtà di cui parla. “Better run through the jungle, don’t look back to see”. Con il settimo brano si cambia decisamente registro. Il cupo e l’inquietante del pezzo precedente viene rasserenato da Up Around The Bend. Un riff di chitarra elettrica micidiale e cori azzeccatissimi. Scanzonato, coinvolgente e ballabile. Ancora spensieratezza con l’ottavo brano: My Baby Left Me. Ancora una cover, una brillante rilettura di un rock’n’roll del ’56 targato Arthur Crudup ed interpretato anche da Elvis Presley. Il nono brano è l’epica Who’ll Stop The Rain. Una ballad quasi nello stile di The Byrds. Il tema è ancora la guerra in Vietnam ma i toni sono meno cupi e molto più rilassati. L’atmosfera è più serena e corale rispetto a Run Through The Jungle, illuminata com’è dai fraseggi aperti di chitarra acustica e armonie vocali da inno generazionale. Accende un barlume di speranza, uno spiraglio di positività. Quindi passiamo al decimo pezzo, la lunghissima cover (circa 11 minuti) di I Heard Through The Grapevine di Marvin Gaye. Nella versione dei Creedence il brano perde la sua patina glam e sensuale e diventa uno stravolto e stravolgente tour de force di rock-soul allucinato. E’ come se l’originale si sporcasse esplorando territori espressivi inediti che la fanno rivivere di un rock quasi sfiancante. Le chitarre creano veri e propri vortici dai quali sembra non poter riemergere più. Il finale non arriva mai, ed infatti il pezzo muore in dissolvenza. L’undicesimo brano chiude l’album e lo fa in maniera rosea ed ottimista. As Long As I Can See The Light è una ballad romantica che ricorda un pò lo stile di The Band. Il suo andamento è serenamente pigro. C’è un languido sassofono. John Fogerty sfodera tutta la sua abilità di polistrumentista. Difficile credere che dopo un album così dannatamente “creedence” i Creedence avrebbero potuto fare ancora di meglio.Cosmo's Factory

Sara Fabrizi

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