Una Striscia di Terra Feconda – Vincent Courtois Trio, Giovanni Guidi & Theo Ceccaldi @ Tivoli, 4/9/18

Mi sono trovato a Tivoli durante la seconda serata del festival Una Striscia di Terra Feconda, tour di concerti franco-italiano di jazz e improvvisazione.
Ho partecipato senza sapere nulla degli artisti che si sarebbero esibiti, e voglio commentare qui le mie impressioni.

L’ambientazione della terrazza della pallacorda nella Villa D’Este è già d’eccezione, affacciandosi sul bellissimo complesso di giardini e giochi d’acqua durante l’orario più romantico, il tramonto.
L’occhio è caduto anche sulla qualità dell’amplificazione (Meyer Sound) e della microfonazione degli strumenti, molti dei quali acustici. Attenzione al dettaglio confermata dal direttore artistico che ha introdotto il concerto e che, c’è da ammettere, rende l’esperienza d’ascolto impeccabile.
Dinamicità, orientamento, nitidezza e sugli strumenti elettroacustici un dettaglio quasi incredibile. 

I primi nomi sono stati quelli del Vincent Courtois Trio, con Daniel Erdman e Robin Fincker ai sax e l’omonimo musicista al violoncello.
Si prevedeva che avrebbero suonato brani tratti dalle colonne sonore, programma che (fortunatamente, aggiungo) è stato cambiato a favore di composizioni originali denominate Love of Life, ispirate a vari scritti di Jack London.
A colmare le mie sconosciute aspettative ho trovato un sound incredibilmente evocativo costruito dal violoncello, vicino al genere della colonna sonora, che notoriamente bene si sposa con gli archi.

Da un mood di base prevalentemente avventuroso si sono stagliati climax altissimi e prolungati, sfociati in una bellissima foga espressiva di muscolare improvvisazione, maestralmente incastonata nei binari concordati della composizione.
Ho particolarmente apprezzato, da cultore del sassofono contemporaneo di Stetson e Gustaffson, le espressioni esplicitamente e implicitamente eterodosse dei due sax, che sia in momenti dedicati (come interludio, come solo) sia nelle fasi di accompagnamento si sono destreggiati in tecniche innovative che purtroppo raramente vedo in festival e concerti jazz.
Il violoncello non è stato meno entusiasmante, costituendo un bilanciatissimo trio che ha dato saggio di abilità tecniche e bruciante passione.

Il secondo tempo del concerto è stato riempito da nomi più famosi nell’ambiente jazz; il pianista italiano Giovanni Guidi ed il violinista francese Theo Ceccaldi, presentati come parte dell’élite internazionale del jazz.
L’interezza della performance è stata di pura, ininterrotta improvvisazione, per una durata di circa 30 minuti.
Ho potuto decodificare un determinato mood del violino del tutto simile a quello del violoncello che lo ha preceduto (contaminazione circoscritta o scena francese?), mentre dal piano si ascoltava una più spiccata vocazione jazzistica.
Ovviamente sarebbe inutile cercare di descrivere la progressione dell’improvvisazione, ma potete immaginare un tappeto di frasi ipnotiche con infinite e capillari variazioni.
Il pianoforte ha dato prova, come i sax, di quelle belle eterodossie soniche oltre che tecniche, così come il violino ne ha dato di un’espressività inedita, grazie anche alle possibilità dell’amplificazione elettroacustica.
Mi piacerebbe potervi descrivere il suono della percussione sorda del martelletto del piano o il suono dell’archetto che sfrega le corde di violino senza però farle vibrare alla loro frequenza tonale.

Insomma un concerto incredibile ed emozionante, che non ho potuto fare a meno di confrontare impietosamente con date da più blasonati e partecipati festival (Umbria Jazz per tutti) per qualità dell’esperienza e modernità.
Disegniamo un grosso cerchio rosso su questo festival, perché fa davvero eccezione.

 

Pubblicato da

Manuel D'Orso

Nel collettivo dal 2013, INTJ, appassionato di metal e musica sperimentale.

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