Art As Catharsis Sampler 2018

Rinnovo uno dei miei appuntamenti di fine anno con il campionario gratuito dell’etichetta Australiana Art As Catharsis, che raccoglie tantissime sfaccettature della musica emergente di uno dei paesi con la più florida produzione al mondo.

Commenterò al volo, al primo ascolto, i 27 brani che compongono questa compilation, lasciando a voi la scelta di ascolti ulteriori e approfonditi, ma segnalando i miei preferiti con un asterisco.

Ascoltatelo tutto a fine articolo!

  1. * Bear The Mammoth – Mossian. È un brano post-rock gradevole e melodico, con una transizione un po’ estemporanea nel mezzo. Buon inizio.
  2. Blackline – COAST. Si rivela jazz fusion dopo una lunga introduzione, lasciando spazio ad un sax moderno e ad una chitarra elettrica. Pezzo lunghino.
  3. * Doubt – Eishan. Timbri esotici e ritmi ipnotici, una melodia solida quasi da colonna sonora di un film asiatico.
  4. * Reductio ad Absurdium – Instrumental (adj.). Inizia il metal, matematico e strumentale (con quel nome era ovvio). Su e giù per stranezze metalliche, con passaggi dalle sonorità simili a certi Haken. Non sembrano mai soffermarsi su un tema ma in continua metamorfosi.
  5. Whatever Happened to Xanadu – Brian Campeau. La prima voce dopo 4 brani strumentali. Voce pulita per un brano che ha le credenziali per un pop orecchiabile, magari di un’altra dimensione.
  6. Mystic Flute: A Version – Zela Margossian Quintet. Quelli bravi saprebbero identificare le scale usate nell’intro (forse spagnola?). In ogni caso trattasi di jazz polistrumentale con quel pizzico di etnico che lo rende spesso interessante.
  7. SEARCH – Ground Patrol. Prende forma lentamente un mix di ritmica martellante e improvvisazione elettrica, con suoni leggermente dark.
  8. * Against The Wall – Gauche. Ritorna una voce, stavolta femminile, che intavola un’estetica retro-punk sperimentale e instabile.
  9. * Fear To Hide – Skullcave. Sfondo stoner/doom, che sorprende invece con un unizio melodico e voce a tratti rock. Che sia post-doom? Ma nel brano che supera i 10′ troviamo perlopiù strumentale stoner e vocal sporche che soffocano. Chiusura valida stilisticamente con voci su vari livelli ad affermare questo mix di emozioni.
  10. Futureheavy – Lack The Low. Si allenta la pressione spostando però l’attenzione su una forma canzone assolutamente post-strutturalista.
  11. XXXX Bitter Irony – Milton Man Gogh. È un sax a insinuarsi in una impro jazz che forse poteva trovare più carattere per essere un brano sui 6′.
  12. One Five Nine – Comatone & Foley. Elettronica pura, fuori dagli stereotipi e con un’occhio rivolto ad una IDM più statica.
  13. Miami Funk – InTechincolour. Evocano policromia e la spensieratezza ma rivelano invece un metal a la Mastodon, comunque gradevole.
  14. A Glimpse Of A Thursday Afternoon – Kurushimi. Il free jazz dei Kurushimi mi ha già conquistato da tempo, e non mi tradisce ora. Questa volta preferiscono sporcare una tela di jazz standard, per infastidire l’orecchio abituato. Certo manca il nuovo, ma il punto concettuale è chiaro.
  15. Plan C – Hinterlandt. Anche questi sono vecchie conoscenze, archi che giocano a rincorrersi per intrecciare una base sinfonica. Non esagerano col climax e inseriscono anche fiati per non forzare il tema, che comunque è troppo presente.
  16. Cultfathers – Bridge Burner. Introducono la brutalità con dei suoni che aprono all’inevitabile esplosione di doppio pedale, per inserire anche una doppia voce, dal doppio gusto avant-garde metal e death.
  17. * Thigh High Cat Tights – Uboa. Power electronics noise, per orecchie maggiorenni. Ben strutturata, non monotonica o drone, che aggiunge un parlato scream straziante nella seconda metà.
  18. LEECHES – CONSUMED. Qui si va di death. Poco altro da aggiungere per chi è più sgamato, apprezzabile quanto siano autoconclusivi questi 1’35”.
  19. * Levitation (live) – Hashashin. I grandi Hashashin ci incantano di nuovo con un live del loro bel post-metal molto ispirato e progressivo.
  20. Empty Ships – Turtle Skull. Lascia spazio al silenzio e all’ambient questo brano che prosegue poi con sonorità melodiche spensierate e strumenti fortemente effettati.
  21. We’re No Fish – Brian Campeau. Torna il nome del numero 5 per una canzone voci e chitarra. Si parla di quanto non sia semplice rispondere ai sentimenti.
  22. Follow Me – Bonniesongs. Tenue voce femminile che sembra più nordeuropea che Australiana, capace di catturare al volo.
  23. The Song Is A Lie – MNMM. Permane il clima disteso, per lanciare nel mezzo una batteria in impro, un violino estemporaneo, un testo poco chiaro e una chitarra che accompagna gli oltre 6′ di qualcosa che sicuramente ha bisogno di maggiore contestualizzazione.
  24. “pinpointed” – Shoeb Ahmad. Pop melodico molto contemporaneo senza troppi cliché.
  25. Solo Tar and Double Bass – Eishan. Anche qui un ritorno del nome al numero 3. Il titolo dice tutto.
  26. Running Around – half/cut. Brano leggero con una voce fioca, ambientale, da sottofondo.
  27. Classrooms – Gauche. Ritorno della formazione al numero 8, stavolta con un’estetica differente. Solo la voce si distanzia da una base strumentale perlopiù malinconica, salvo accendersi in un breve delirio noise che chiude la compilation.

Il bello di questa etichetta, e di questo campionario che ce ne dà un assaggio, è la quasi totale assenza di pezzi e formazioni stereotipate. Pura innovazione musicale, sperimentazione e libertà creativa in tutte le sue forme.

Pubblicato da

Manuel D'Orso

Nel collettivo dal 2013, INTJ, appassionato di metal e musica sperimentale.

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