The Claypool Lennon Delirium – Monolith of Phobos

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Cosa succede quando si mettono insieme Sean Lennon (figlio di John Lennon e Yoko Ono) e Les Claypool (dei Primus)?
Psichedelia.

E infatti è quello che troviamo a pacchi in questo album frutto di una collaborazione già mostrata in un tour di oltre 30 date negli USA.
Tra ragazze da ossicodone e viaggi Ohmerici, con una composizione liristicamente tendente al narrativo e musicalmente piena di belle trovate l’album è una collezione di pezzi interessanti.

Pezzi come Bubbles Burst e Oxycontine Girl sono tipicamente psichedelico-cantautoriali, simili allo stile Lennon, mentre altri brani come Breath of a Salesman fanno uscire il Claypool che tutti amiamo. I due stili si mixano bene anche nello scorrere dello stesso brano, come in Captain Lariat, mentre si fondono in un prodotto totalmente inedito e progressivo nei pezzi di apertura come il singolo in due movimenti Cricket and the Genie e la title track.
There’s no Underwear in Space strizza quasi l’occhio ai Tame Impala e allo space rock.

Insomma, ci voleva la sinergia di due nomi “importanti” per tirare fuori una psichedelia sana e commestibile nel 2016, mettendo a segno un album figlio della storia moderna della musica psichedelica, rock e non.

 

Shawn Lee’s Ping Pong Orchestra – Voices and Choices (2007)

Ci ritroviamo ancora una volta sul blog a parlare di un gruppo particolare;

questa volta peró non si tratta di un qualcosa di microsconosciuto, bensì di Shawn Lee’s Ping Pong Orchestra, il cui fondatore, Shawn Lee, è un polistrumentista americano pluripremiato in ambito di colonne sonore in attività dal 1993.

Tra i suoi lavori in ambito cinematografico possiamo trovare Ocean Thirteen, CSI: Miami e Lost, mentre in ambito videoludico si è fatto notare con Bully, gioco della Rockstar del 2006 e con un suo brano contenuto all’interno di questo album in Tales From the Borderlands, ennesimo capolavoro della Telltale Games.

Non affronterò una recensione pezzo per pezzo, ma parlerò in generale dei pezzi che mi hanno attirato di più.

Kiss the sky è un pezzone, togliamoci subito il dente. La canzone che mi ha attirato di più giocando a Tales From the Borderlands resta sempre interessante, voce perfetta per l’adattamento strumentale, seconda voce di Shawn Lee in falsetto.

Il secondo pezzo degno di nota dal punto di vista vocale è Francoise Hardy, cantato da Jacques Brel, con l’alternanza di sonorità antiche come archi e voce calda francese al beat moderno.

Subito dopo Glass Act mi dà l’idea di una hall di un albergo futuristico, lasciando posto all’atmosfera quasi caraibica di Perculator.

The Hour Glass Effect non mi piace, non preferendo il rap ma comunque ha una buona base che si lascia ascoltare. JW sembra un pò dream pop unito a momenti di chitarra spagnoleggiante.

Changing Times è un pezzo parecchio bizzarro: si tratta di una rivisitazione della colonna sonora di Mission Impossible nella quale la parte del basso è eseguita dalla voce incerta del cantante, insieme a coretti e ad un arrangiamento da sala, in pieno stile Richard Cheese.

L’album termina con Jawbreaker, brano post-rock elettronico della durata di 5 minuti.

Nel complesso consiglio l’acquisto e l’ascolto a tutti gli amanti del post-rock e di musica ambient, ma anche a coloro che amano cose strane e particolari;

in ogni caso con Kiss the Sky dovreste andare sul sicuro, quindi correte ad ascoltarlo e poi, se vi piace, preparatevi al resto dello strano album!

 

Giorgieness – La giusta distanza (2016)

Come promesso, dopo aver “recensito” Noianess passo all’ascolto di La giusta distanza, sempre di Giorgieness.

Senza perdermi in chiacchiere vi rimando alla mia recensione precedente che si ricollega perfettamente a questo album attraverso la prima traccia:

Sai parlare; Si comincia subito con una nostra “vecchia” conoscenza, in una versione piú “sporca” e interessante, con varie pause, momenti di accelerazione rock e cambi di ritmo che ci introducono al secondo pezzo, K2. In piú di un’occasione mi sono ritrovato a canticchiare mentalmente il ritornello. Sui due minuti e 50 vengo sorpreso dalla voce della cantante, in grado di ricollegare perfettamente due momenti del pezzo ad una prima impressione scorrelati.

Il presidente mi sorprende per il ritmo martellante che si respira fin dal primo momento e per la tematica potere/uso dello stesso.

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COSMO’S FACTORY – CREEDENCE CLEARWATER REVIVAL

Autore: Creedence Clearwater Revival

Titolo Album: Cosmo’s Factory
Anno: 1970

Casa Discografica: Fantasy Records
Genere musicale: rock

Voto: 10
Tipo: LP

Sito web: http://www.creedence-online.net/
Membri band:
John Fogerty – chitarra, piano, sassofono, voce
Tom Fogerty – chitarra ritmica
Doug Clifford – batteria
Stu Cook – basso

Tracklist:
1. Ramble Tamble
2. Before You Accuse Me
3. Travelin’ Band
4. Ooby Dooby
5. Lookin’ Out My Back Door
6. Run Through The Jungle
7. Up Around The Bend
8. My Baby Left Me
9. Who’ll Stop The Rain
10. I Heard It Through The Grapevine
11. Long As I Can See The Light

Cosmo’s Factory è il quinto album targato CCR, e ne rappresenta la summa. Tra tutti gli album è il più vario ed enciclopedico per la sua attitudine a svelare tutte le svariate influenze della band. Vera e propria sintesi della loro arte, del loro modo di essere rock e di forgiarlo pescando a piene mani nel passato per creare qualcosa di inedito. Un album che arriva nel 1970, ossia un anno dopo il memorabilis 1969 che vide la fortunatissima trilogia Bayou Country, Green River e Willie And The Poor Boys. Continua a leggere COSMO’S FACTORY – CREEDENCE CLEARWATER REVIVAL

Giorgieness – Noianess EP (2013)

Rieccomi ancora una volta con una recensione di un gruppo Indie ma con una grossa differenza: non stiamo parlando di Inghilterra, nemmeno di Australia o di Stati Uniti; stiamo parlando di un gruppo italiano.

Il 9 aprile io ed il collega Manuel, a Milano per lavoro, andiamo all’International Radio Festival; tra le varie conferenze e spettacoli ci fermiamo ad ascoltare un’intervista a Giorgia D’Eraclea, interessante anche perchè intermezzata da suoi pezzi in acustico. Decido dunque di cercare qualcosa che riguardi il gruppo ed arrivo a questo EP, rimanendo -spoiler- piacevolmente colpito.12961513_740912369342362_6159015804674611155_n

Per quanto riguarda l’artista cito (e linko) la pagina facebook della stessa: Giorgieness è il progetto della cantante e chitarrista Giorgia D’Eraclea, accompagnata dal polistrumentista Andrea De Poi.

 

Nato nel 2011, riscuote da subito un grande interesse, che la porta a condividere il palco con alcuni importanti artisti del panorama indipendente italiano, come Tre Allegri Ragazzi Morti, Morgan, Il Pan Del Diavolo, Fast Animals & Slow Kids e Paletti. Del 2013 l’EP d’esordio Noianess, prodotto da Luigi Galmozzi ed Andrea Maglia (Manetti!, Tre Allegri Ragazzi Morti). Con il 2014 Giorgia comincia a lavorare sul nuovo materiale, continuando ad affiancarvi un’attività live in costante crescita.

Formazione live :
Giorgia D’Eraclea : chitarra/voce
Andrea De Poi : basso
Davide Lasala : chitarra
Lou Capozzi : batteria

Cominciamo allora a dire qualcosina sull’album.

Si compone di quattro tracce, per un totale di dodici minuti. Il tema principale che viene affrontato è l’amore, in alcune delle sue sfaccettature.

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Sai parlare ci fa sentire parti rabbiose, portate in alto dalla voce interessante di Giorgia e momenti in cui si rallenta per provocare una netta contrapposizione con l’attacco forte che ci porta alla chiusura. La parte “che cosa è successo alle tue prime scarpe? Le consumavi per farti più forte” mi ha ricordato “io le sporcavo per sembrare un pò più interessante”, frase dei Ministri in Vestirsi male sempre riferita alle scarpe. Chi segue questo blog sa quanto io ami i Ministri, quindi non posso far altro che apprezzare.

Magari sta sera ci descrive una ragazza nella tipica indecisione sul chiamare o meno un ragazzo della quale sembra innamorata nonostante i suoi tentativi di autoconvincersi del contrario. Il ritmo rimane costante e durante il ritornello esplode tutta la rabbia nei pensieri della donna che però si calma nel momento in cui ricomincia a pensare alle scuse da usare per contattare l’uomo. Una frase che mi ha fatto sorridere è “Magari stasera ti chiamo, è il compleanno di Björk”; bella scusa per contattare qualcuno in effetti!

Lampadari sembra basata sui ricordi di un amore combattuto. “Toccherà a te guardarmi dal basso e ai miei occhi, trovarti fra le luci. Dovrai volermi con tutte le smagliature del caso, e con il tempo che giocherà a rovinarmi.” viene praticamente urlato dalla cantante, che riesce a rendere perfettamente ciò che voleva trasmettere.

Brividi/Lividi mi ha colpito fin da subito, con il basso in grado di scandire e accompagnare le parole di Giorgia. Molto interessante l’alternarsi delle frasi quasi sussurrate e i momenti in cui strumenti e voce esplodono; il tempo cambia improvvisamente intorno al minuto e mezzo, quasi per preparare l’ascoltatore ad un finale in crescendo. Bellissima la parte successiva, con le note cantate e la chitarra ben scandite,  fino al “guàrdami guardàmi guàrdami guardàmi” che riesce a mantenere perfettamente il ritmo.

Nel complesso consiglio quest’album, come anche questo gruppo. Appena possibile cercherò di recensire anche la loro ultima opera, che in realtà ho già ascoltato su Spotify – molto interessanti le nuove versioni di Brividi/Lividi e Parlami, ne riparleremo in futuro –  ma nel frattempo vi invito a supportarli e a seguirli.

Buon ascolto, alla prossima!

Limbo di Alessandro Di Traglia

Autore: Alessandro Di Traglia
Titolo Album: Limbo
Anno: 2016
Casa Discografica: autoproduzione
Genere musicale: rock
Tipo: CD
Sito web: http://tinyurl.com/adtyoutube
Membri band:
Alessandro Di Traglia – voce
Peter Cornacchia – chitarre elettriche e acustiche, mandolino, basso, cori, voce ne L’Amore Vincerà Di Nuovo
Ivo Di Traglia – batteria
Marco Lucci – piano, tastiere, hammond, rhodes
Marco Capitanio – hammond su Niente Da perdere
Paolo Cornacchia, Fabrizio Migliorelli, Cinzia Turchetta – cori

Tracklist:
1. Guardati Intorno
2. Limbo
3. Oggi No
4. Tu Lascia Piovere
5. Fragile
6. Niente Da Perdere
7. Prigradica
8. L’Amore Vincerà di Nuovo
9. Tu Sei Qui

Limbo è il primo album del cantautore pontecorvese Alessandro Di Traglia. Un disco rock, sano rock italiano. Melodico a tratti. Più potente, azzarderei quasi hard rock, in alcuni pezzi. Influenze musicali e sensibilità personali si sono amalgamate a creare 9 brani interessanti, mai scontati sia nei testi che nelle soluzioni musicali adottate. Se all’ascolto è chiaro l’eco di rock band 90s quali Afterhours, Timoria, Negrita, è anche deducibile un altro set di influenze che pur rimanendo più sullo sfondo ha comunque avuto un suo peso nel processo creativo dell’artista. Come mi rivela il cantautore stesso la sua primissima educazione musicale ha avuto un piglio decisamente metal: Black Sabbath, Iron Maiden, Stratovarius. E poi il grunge dei Nirvana, quasi inevitabile per ogni aspirante rocker che muove i suoi primi passi negli anni ’90. Una formazione musicale che lo ha nutrito ma che poi lo ha portato a scelte stilistiche e creative abbastanza distanti dall’heavy rock ascoltato nell’adolescenza. Limbo infatti è più inquadrabile nel rock melodico che in quello duro e pesante. Soprattutto per le tematiche introspettive ed intimiste affrontate nei pezzi, meglio veicolate da un rock classico e misurato che da ritmi martellanti e duri. Anche se, come accennavo prima, ci sono dei guizzi più hard in alcuni pezzi che non dispiacciono affatto ma conferiscono verve e un po’ di varietà stilistica andando a scongiurare il pericolo di un album altrimenti troppo monocorde. Di sicuro è stato fondamentale ai fini di questo risultato l’apporto dei musicisti che supportano il cantautore, molti dei quali hanno anche avuto un peso determinante nella fase compositiva e di realizzazione dell’album. In particolare il chitarrista Peter Cornacchia, che è anche produttore dell’album e autore del brano Prigradica, e il batterista Ivo Di Traglia.
Brano di apertura dell’album è Guardati Intorno. Pezzo veloce, ritmato, anche un po’ arrabbiato. Un brano che è un invito ad aprire gli occhi sulla realtà che ci circonda. Una realtà dura, spesso ostile, nella quale è difficile trovare una propria collocazione. Un’esortazione a trovare la propria identità, la propria strada, senza però farsi illusioni sulle persone e sul mondo che è fuori. Il secondo brano è Limbo, da cui il titolo dell’album. Una ballad un po’ amara. Un intro di chitarra dolce che dissolve nei cori e poi una chitarra più energica. Si va avanti così per l’intero pezzo. In un’alternanza fra il malinconico e l’arrabbiato. Echi di Afterhours hanno di sicuro ispirato l’artista. La melodia veicola un testo che parla di una crisi di identità, del limbo in cui ci si ritrova a vivere perché non si riconosce più se stessi. Una rock ballad molto sincera e fortemente sentita. Non deve essere un caso che la canzone abbia dato il titolo all’intero album. Il terzo pezzo, decisamente più rock, è Oggi No. Si parla di incertezze, di mancanza di punti saldi, della difficoltà e quasi del rifiuto ad accettare e a vivere la vita per quello che è. Una punta di nichilismo che però non sfocia nella rassegnazione. L’energica veste rock, hard rock, del pezzo conferisce al brano un qualcosa di propositivo a mio parere. Quindi si passa al quarto brano, Tu Lascia Piovere. Io lo vedo come quasi una sorta di evoluzione rispetto al brano precedente. Il nichilismo diventa presa di coscienza delle proprie capacità di reagire, della propria energia vitale. Una prorompente positività e forza nell’affrontare la vita, nel trovare le risposte. E tutto ciò non poteva che essere reso da un rock incalzante. Il quinto brano è Fragile. Ancora una ballad, un altro brano fortemente intimista. Sonorità delicate e malinconiche. Un lungo intro di chitarra acustica e mandolino. Un testo che è una candida ammissione di fragilità. Un appello, probabilmente rivolto alla persona amata, a non andarsene via. Il sesto brano è Niente Da Perdere. Una brano decisamente rockettaro e veloce. Aprono in modo piuttosto heavy batteria e chitarra elettrica. Un testo pieno di energia e di determinazione. Un appello ad andare per la propria strada, a credere solo in se stessi, ad andare fino in fondo perché non si ha niente da perdere. Il settimo brano è Prigradica. Brano interamente strumentale. Essenzialmente dolce. Cori che si alternano a chitarre delicate. Molto evocativo e rilassante. Funziona molto bene come introduzione al pezzo seguente a cui si lega in una sorta di continuum. Prigradica dissolve in L’Amore Vincerà Di Nuovo. Qui siamo di fronte a una cover, trattandosi di un pezzo della prog band Osanna. Bella la scelta di mettere una cover, interessante l’aver scelto proprio questo pezzo. Sia per la tematica del testo che parla di rinascita, di rivincita dell’amore sulla morte, e lo fa con i toni epici tipici di molte ballad prog. Sia per le musiche, dove melodie dolci sfumano in ritmi più rock e decisi. Quindi in perfetta coerenza con quello che secondo me è un po’ il filo rosso dell’intero album: l’alternanza fra delicato ed energico, fra tenue e rock, tra malinconico e fortemente propositivo. La cover conferisce respiro all’album, una sorta di divagazione che però non si pone in contrasto con il resto ma anzi ne rafforza il senso e l’unitarietà. A chiudere l’album è Tu Sei Qui. Di nuovo un brano intimista e malinconico. Testo evocativo che allude al desiderio di fuggire dalla vita che si ha, di liberarsi dal peso di una gabbia, di ritrovare la propria essenza più profonda. Un pezzo che invita alla riflessione e all’introspezione. Un finale intimamente rock. Come l’intero album.

Sara Fabrizi

Sincope Night – Rotorvator + Wound @ La Cantina Mediterraneo (Frosinone, 25/3/16)

L’etichetta Sincope era sott’occhio da un po’, e quando ho scoperto una loro exhib a Frosinone non ho esitato ad avviarmi per una esperienza live sicuramente particolare. E così è stato.

Introduce WoIMG_20160326_000420und, progetto solista di Massimo “truculentboy” Onza, membro del duo drone Compoundead e del progetto punkcore Tronco nonché curatore della stessa label Sincope dal 2010.
Un massaggio di pressione acustica. Da multieffetto e mixer è uscito rumore modulato dall’immaginazione, onde sonore sintetizzate, distrutte, scomposte e risintetizzate ti arrivavano in faccia. Suoni cupi e disarmonia riempivano la stanza di aria rarefatta. Se volete avvicinarvi alla vera potenza del suono, avvicinatevi al noise.

IMG_20160326_003026Seguono i Rotorvator che, come il precedente nome evocava le sperimentazioni di Nurse With Wound, citano un importante e bellissimo album dei Coil, Horse Rotorvator.
La band si presenta in duo, setup elettronico, chitarra e voce. La chitarra elettrica è usata in maniera non convenzionale, come strumento di produzione di un suono continuo, inarticolato, di sfondo e accompagnamento alla base elettronica. Il sound è di predominanza industrial, con aggiunte di abbondanti colpi di basso e suoni graffianti come un macigno di pietra trascinato a terra. La voce in growl e scream mi ha fatto pensare ai meno ricercati ma più conosciuti Psyclon Nine e a qualche sperimentazione di black metal. L’ambientazione è sicuramente industrial noise e lo spettacolo è votato alla violenza del suono e al decadimento nichilista di ogni salvezza.
Una produzione sicuramente speciale, che non richiede altro che disposizione.

Esperienza d’ascolto rarissima, almeno in queste zone, che ha creato un centro di magnetismo in un piccolo music club a cui pochi danno la giusta importanza.

 

Polyphia – Renaissance (2016)

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Questo album è stato pubblicato nei primi mesi del 2016 e già è un ottimo candidato per la top 10 di quest’anno.

I Polyphia sono al loro secondo album in studio e hanno fatto già con Muse nel 2014 un metal strumentale con i tratti di quel progressive contemporaneo “new wave”: molto tecnico e dai suoni morbidi. Già prima  erano stati notati dal loro EP Inspire e subito inseriti nella cerchia del nuovo progressive americano con Periphery, Between the Buried and Me, Animals as Leaders etc.
Con Renaissance hanno continuato sulla stessa linea, dando senso a questo titolo: il suono è insieme classico, armonico e moderno, innovativo.
L’ascolto è luminoso, instilla positività con linee melodiche indimenticabili (Light, NightmareAmour) e qualche intro elettronica a spezzare il tripudio di chitarre.
La band di Dallas, Texas, essendo prettamente strumentale studia bene i suoi suoni e si inserisce in modo esemplare nel panorama del rock/metal “di nuova generazione”.
Una fruizione profonda delle composizioni lascia ipnotizzati nel seguire con l’orecchio ciò che esce da soli 3 strumenti.
Lo spettacolo moderno del metal strumentale.