Kurt Cobain 20 anni fa… di Sara Fabrizi

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“Meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente”. Un verso di una canzone di Neil Young su un pezzo di carta, così Kurt Cobain il 5 aprile di 20 anni fa decise di lasciare quel mondo che gli doveva esser sembrato ormai invivibile, un fardello insopportabile la sua esistenza. Un fardello di cui pensò bene di liberarsi con un colpo di fucile in faccia nel garage della sua casa di Seattle. Sì, ne conosciamo tante di storie simili. Una rockstar giovane e all’apice di un bruciante successo che ad un certo punto non ce la fa più a reggere tutto
un mondo che si sente gravare sulle spalle e per liberarsi dal ruolo si priva della sua stessa vita.

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Caparezza – Il Sogno Eretico (2011)

Caparezza è un artista che mi piace molto, anche se non amo il suo genere.il-sogno-eretico

Non che sia una gran sorpresa per i fedeli ascoltatori delle nostre dirette, dato che mi capita spesso di passare qualche suo pezzo, ma ci tenevo a specificarlo, in quanto non riesco ad essere troppo critico nei suoi confronti.

Solitamente sono abituato a buttar giù le mie recensioni in una sorta di stream of consciousness e non voglio cambiare il mio modo di scrivere, dunque vi sorbirete ancora una volta le mie impressioni a caldo (caldissimo, in contemporanea con l’ascolto di questi pezzi che ormai conosco comunque a memoria).

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Isis – Panopticon

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“Ma nel programma del Panopticon si trova [la] preoccupazione dell’osservazione individualizzante della caratterizzazione e della classificazione, dell’organizzazione analitica dello spazio. Il Panopticon è un serraglio del re; l’animale è sostituito dall’uomo, il raggruppamento specifico dalla distribuzione individuale, il re dall’apparato di un potere furtivo. Tenuto conto di queste differenze, anche il Panopticon fa opera di naturalista.”

“Il mio destino – dice il Signore del Panopticon – è legato al loro [a quello dei detenuti] da tutti i legami che io sono stato capace di inventare.”

da Sorvegliare e Punire, Michel Foucault

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Deshody – Collapsing Colors

Mi capitò di ascoltare questo album per caso, e pensai “‘mmazza, bravi ‘sti qua; italiani, primo album: li passo nella prossima diretta“. Così ho fatto. Solo dopo ho scoperto che quel gruppo era quello dell’amico Domenico “Mimmo” “James” Gesmundo . I casi della vita. Mi sono poi precipitato ad ascoltarli anche live a Metal Assault al Dens (FR).

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Kraftwerk – Trans Europe Express

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I Kraftwerk (nome che , in italiano, suona più o meno come “centrale elettrica”) sono un gruppo che ho imparato ad apprezzare solo da un anno a questa parte. Grazie al gentile suggerimento del mio amico Luca [le aule studio della facoltà di Ingegneria sono piene di risorse a volte, sapete?] . Con questa recensione analizzerò uno dei lavori di punta, forse uno dei più riusciti del gruppo: Trans Europe Express.

Con i Kraftwerk l’elettronica inizia ad abbandonare il suo ambiente di nicchia per espandersi verso altri mondi, contaminando e dando spunto alla nascita di nuovi generi (che ci crediate o no , una campionatura di un brano di quest’album è stata utilizzata da uno dei primi gruppi Hip Hop).  Si tratta quindi di un gruppo vitale che ha dato un enorme contributo alla nascita e allo sviluppo di molti generi moderni, oltre ad aver deliziato le orecchie e l’intelletto di molti ascoltatori [me compreso].

Questo lavoro è caratterizzato da un massiccio uso del sequencer che dona un certo senso di ripetitività al lavoro ma attenzione. Il voler essere ripetitivi non significa essere banali ,visto che gli arrangiamenti sono curati ed elaboratissimi [provare per credere, se si pensa che l’album è datato 1977] ma significa voler dare al lavoro una certa anima  futurista , nel senso letterario del termine. Basti pensare al concetto di alienazione dell’uomo (ripreso nell’album successivo, the man machine) in cui l’essere umano, schiavo ed amante di una tecnologia sempre più presente ed egemone, è imbrigliato in una monotonia e ripetitività estenuante. Questo Ralf Hütter e Florian Schneider l’avevano capito e vogliono trasmetterlo anche a noi attraverso i loro lavori. Sono sicuro che, una volta appurato questo, non avrete più lo stesso approccio con la musica elettronica in generale (ovviamente mi riferisco sempre a lavori di un certo calibro).

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Leprous – Coal

leprouscoalcoverlgNello stesso anno di Dream Theater è uscito quest’album. Da una parte un progressive che manca di atmosfera e verve compensando con una buona dose di tecnica, e che più che altalenante è simile ad un katoon; dall’altra un album tutto di un pezzo, che ti mette nell’atmosfera classica del prog-metal dalla prima all’ultima canzone. Da una parte testi poco interessanti e che ricercano poesia fine a sé stessa, dall’altra una coerenza ed un’espressione di sensazioni e dimensioni.

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Silver Mt. Zion: Fuck Off Get Free We Pour Light On Everything

(Quella che segue non è una vera e propria recensione dell’album ma le impressioni a caldo man mano che ascolto il disco per la prima volta. Magari queste impressioni cambieranno con un secondo ascolto.)

Da dove cominciare,

credo sia meglio parlare della trave, come prima cosa:

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Addio a Pete Seeger, folksinger e pacifista (di Sara Fabrizi)

“This machine surrounds hate and forces it to surrender.”

1610047_10203133080671021_1747494436_n“Questo strumento circonda l’odio e lo costringe ad arrendersi. “ Una frase lapidaria e potentissima nella sua scarna semplicità. Un vero inno alla pace e alle potenzialità pacifiste della musica.

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