Mad Mad Mad Minerva – OWL Φ (2016)

Mi sono recato, in rappresentanza del collettivo, alla presentazione del nuovo lavoro dei ragazzi di Sora (FR) e dintorni.
Il teatro decorato da sculture un po’ dechirichiane e le proiezioni del VJ hanno creato il giusto ambiente immersivo per l’ascolto del primo lavoro inciso su disco della formazione: voce, 2 chitarre, fiati, batteria.

14900535_1046040538846991_1952469877833538239_nIl loro tipico suono alt-rock / post-grunge (nel senso buono) si è avvalso di tante integrazioni intelligenti, anche estetiche: l’intro di uno scacciapensieri, l’uso di un aulos.
Con l’ascolto, specialmente dal vivo, ci si accorge che è uno di quei casi in cui il basso fa davvero la differenza, in cui la chitarra è matura ed in molte parti si sente la vera musica d’ensamble, orchestrata e ben coordinata.

L’EP di 5 tracce (?) si apre con un brano, Ocean of Grace, in cui si chiariscono le sonorità di riferimento, che abbiamo detto essere di un alt-rock/post-grunge edulcorati da un’aura più ricercata e delicata, anche grazie ai tempi dispari sul finale.
Track Five, preferita, raggiunge l’ottimale e potrebbe essere tranquillamente uscita da un album da classifica. Il proto-prog di cui sopra qui si manifesta con un riff di flauto che funziona alla grande.
I testi sono artistici nel dipingere scene estemporanee che trasmettono sensazioni intime ed emozionali.
La terzimg_20161101_172858a traccia, Dream, fa apparire la tromba e crea un ambiente disteso “to lean back to”, che in Lazy Cigar diventa più ritmato e forte.
L’ultima traccia, in italiano, non può non ricordare le tante realtà di pseudo-grunge italiano, nel bene e nel male. L’uso della nostra lingua sarebbe congeniale a questo tipo di sound, e basterebbe un testo più audace per rendere questa carta un asso vincente.

Nel complesso si fanno notare il letto strumentale e la vocazione art-rock della band come loro componenti uniche, le varie scelte di fino pagano, e l’EP risulta ben prodotto.

Quindi tanti auguri e buon lavoro.

Lambs – Betrayed from birth (2016)

L’agnello è tradito dalla nascita.
In questo disco c’è la vita animale breve, impaurita e permeata di violenza.
Suonata con un adeguatissimo avant-black / crust.

Chi non mangia agnello dovrebbe avere pietà anche di sé stesso.

 

Drown Within Records, Italia

Fleshgod Apocalypse + Nerodia + 5Rand @ Traffic Live (14/10/16)

Dopo aver fatto una mezza idea di fine estate per l’Agglutination Metal Festival in provincia di Potenza, il sottoscritto insieme a Tullio e Luca è stato più fortunato a trovare una data della band brutal death perugina nella più vicina Roma.

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© Martina Santoro Fotografia

Aprono la serata i 5Rand, band capitolina taggata “thrashcore”, e che per questo mi preoccupava un pochetto. Invece niente di male, hanno solo mostrato un po’ di incertezza, sicuramente per la poca esperienza live. Il sound è in effetti sul trash e la cantante era capace nel growl, ma mi hanno dato l’impressione di avere la possibilità tecnica di fare di più e “pulire” quel thrash per arrivare ad un sound meno anonimo.

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© Martina Santoro Fotografia

Li seguono i Nerodia, già incontrati in apertura degli Arch Enemy all’Orion. Un breve inconveniente tecnico ha rovinato un po’ lo spettacolo death che la band è in grado di regalare, soprattutto grazie a David “mezzo metro di nervi” Folchitto (Prophilax, Stormlord).
La loro performance però mi è sembrata, seppur ineccepibile, fin troppo lineare. I componenti sono talmente bravi a fare quello che fanno che lo fanno senza il necessario “drive”, che deve essere in loro per essere trasmesso al pubblico. Che sia il caso di mettere in discussione il purismo death?

Dopo le aperture il palco si trasforma e compare un piano, una batteria da 15 pezzi e delle aste microfoniche in stile seicentesco.
I Fleshgod Apocalypse entrano in campo con una cantante lirica, tutti in costume di scena, e scatenano la loro forza brutale suonando tutto il suonabile del loro ultimo album King e qualcosa da Agony e Oracles.
Questo album affronta in modo piuttosto diretto il rapporto con l’autorità e il rapporto tra sovranità e divinità: la sua copertina raffigura infatti un re con i fili da marionetta.
L’ambientazione scelta è quella del periodo storico in cui la forma di sovranità prevalente era quella del monarca assoluto, che incarna la perfezione e che riceve il suo mandato da dio.

photo_2016-10-21_13-20-58In linea con questa lettura il frontman (Tommaso Riccardi), aggiunge delle didascalie introduttive ai brani:
“La ricerca della libertà interiore è un dovere morale”
“Fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”
“La perfezione è fredda, propria dei cadaveri”.
La vera potenza di queste affermazioni si coglie quando le si accostano il suono metal brutale e il pogo sfrenato.

© Martina Santoro Fotografia
© Martina Santoro Fotografia

L’esperienza live è stata, come potete immaginare, incredibilmente forte e immersiva. Il piano ha fatto fatica ad uscire nell’acustica del club se non in qualche occasione, mentre ha avuto più fortuna la voce della cantante lirica, favolosa accompagnatrice della frenesia metallica, ancora più eccitante dal vivo.

In bocca al lupo ai FA per il loro tour americano 2017 e grazie al Traffic Club per aver offerto questo spettacolo.

 

Trna – Lose Yourself to Find Peace

Finalmente mi sento tranquillo a parlare di post-black metal. Dire atmospheric è leggermente diverso, seppure ormai convergente allo stesso genere, ma con questo album si può dire senza esitazione “post-black”.

È post come nel post-rock che dà quelle senzazioni di sprofondamento, che ti incanta esattamente come hanno fatto i Godspeed You! Black Emperor e i God Is An Astronaut, ed è black metal sia in certe linee di batteria sia nella visione still , fredda e annichilente.

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Perché “31” di Rob Zombie è meglio di quello che sembra.

L’ultimo film di Rob Zombie, che, per chi non lo sapesse, oltre ad essere musicista si diletta anche con la scrittura e la direzione di film per il cinema, si intitola 31, perché “31 è la guerra” (fatevelo bastare).

Voglio spendere due righe in una reviewaste cinematografica CHE CONTIENE SPOILER per descrivere una lettura che ho dato al film che mi pare salvare il titolo dall’accoglienza di serie Z che mi pare stia ricevendo.

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Neurosis – Fires Within Fires (2016)

Non hanno retrocesso di un passo. Ancora forti e penetranti, nel periodo in cui vede maggior fioritura il genere che hanno contribuito a fondare insieme agli ISIS (ora sciolti) ossia lo sludge che diventerà il post-metal.

Si tratta di natura, della sua forza distruttiva e punitiva sulle possibilità umane. In 4 brani che ti piegano e in un 5° che ti spezza i Neurosis hanno ancora lezioni da insegnare al metal.

Produzione Steve Albini per Neurot Records, etichetta degli stessi Neurosis.

Plini – Handmade Cities (2016)

a2040672325_10Un album che si colloca sulla scia del nuovo progressive, stavolta strumentale da un chitarrista emergente, che sta riscuotendo un discreto successo per la sua estetica sognante, pastello e i suoi tratti suggestivi.

I suoni sono positivi e sorridenti e le ritmiche sono stimolanti in quell’espressione unica che solo il prog può rendere.
La fruizione dell’album mi ha ricordato molto quella dei Polyphia di Renaissance, recensito su questo blog.
La raccolta copre “soli” 34 minuti e incita l’ascoltatore meno distratto a più ascolti consecutivi per cogliere tutte le sfumature delle tracce.

I contenuti ci sono (sì, è strumentale, ma parliamo di contenuti lo stesso), anche se il progressive si sente più nella tecnica compositiva che nell’approccio al brano e all’album, che non li vede come parti organiche ed omogenee. L’album va letto insomma come una raccolta di brani singoli, ed il progressive è qui più un riferimento che un genere di appartenenza.
Comunque l’ambiente creato è particolarmente interessante se lo si riconosce come un ibrido di un certo tipo di post-rock e una chitarra prog. E qui sta la vera innovazione.

Un consiglio di ascolto per tutti, anche (forse specialmente) per i meno avvezzi al progressive tradizionale.

 

Deshody – 89th (2016)

Secondo album, con un cambiamento di stile anche abbastanza netto rispetto a Collapsing Colors del 2014, recensito anch’esso su questo blog per la metal band laziale Deshody.

89th si presenta musicalmente come metalcore con una forte componente elettronica che irrompe già dalla seconda traccia.
Ben 11 brani compongono una selezione che tra djent e dubstep dà corpo ad un concept imperniato nel tema dell’imminente (immanente) apocalisse.
Lo stile da ambo i lati, strumentale ed elettronico, trova spazio per esprimersi con tracce come Stepping Into Eternity che ricorda in qualche modo i Meshuggah e con Eternal Mask che è invece dedicata completamente alla dubstep.

DISCO-cropLa produzione si dimostra attenta nello strutturare l’album e le tracce, con le (immagino) non poche difficoltà nell’attaccare organicamente l’elettronica, che non suona come una base o un accompagnamento ma si inserisce bene come parte del sound.
Inoltre non manca di intraprendenza con collaborazioni che portano a pezzi decisamente interessanti come il piano in Revelation di Gabriele “Gabriels” Crisafulli tastierista di Vivaldi Metal Project e noto agli indigeni ciociari anche per la militanza nel gruppo prog Metaphysics.
Altro brano interessante per gli appassionati di metalcore è Uncovering, con la collaborazione della voce di Ryan Kirby dei Fit For A King (christian metalcore statunitense).

Un album sicuramente solido, pieno e ben fatto.
Fa forse un po’ fatica a scorrere fino alla fine, causa via vai dagli stilemi di genere che creano un po’ di “effetto roller coaster”, che è comunque anche il punto di forza dell’album preso nell’insieme.
Diciamo che è una raccolta dalla quale pickare tracce piuttosto che scorrerla per i suoi 43 minuti.

Speriamo però che nella profezia lasciata alla fine del brano di chiusura “89th is the last one” il riferimento sia al titolo della traccia e non all’album…

 

Movimento D’Avanguardia Ermetico – Torri Del Silenzio (2015)

Terra pulita,
derma.
Sorretto come un arco dalle braccia
il freddo che frusta la schiena
penitenza del sensibile
chiodi nel piede di chi è condannato
a camminare
narcotico nei polmoni di chi non può smettere
di respirare

 

d’ZIC Trio con Carmine Ioanna @ Atina Jazz, 20 Luglio 2016

La d apostrofata è muta, talmente muta che non compare nemmeno sul volantino che riporta questo trio come primo concerto “main” dell’edizione 2016 di Atina Jazz.

A formare la sigla ZIC sono Zabsonré (percussioni, voce) – Ioanna (fisarmonica, voce) – Capone (tastiere, balafon, voce), provenienti rispettivamente da Burkina Faso, Irpinia e Francia. Inizialmente Eric Capone e Wendlavim Zabsonré formavano un loro duo, arricchito poi dalla fisarmonica campana di Carmine Ioanna.
Proprio lui ha descritto il trio all’apertura del concerto come un meticcio, immagine in effetti piuttosto azzeccata, ma non solo per i suoi aspetti positivi.

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