Inauguro questa sezione del blog sperando che non me ne vogliano coloro che ci seguono esclusivamente per la musica: mi accingo infatti a parlarvi di un videogioco, To the Moon. Capirete, andando avanti con la recensione, che toccheremo comunque il lato prettamente collegato alla musica. Cominciamo, dunque.
Autore: Marco Catallo
I am waiting for you last summer – I am waiting for you last summer (2010)
Premetto che non conosco bene questo gruppo. Ho sentito per caso un loro pezzo su Grooveshark e ho deciso di approfondirli insieme a voi: questo album contiene tre pezzi, ne scriverò la recensione man mano che vado avanti con l’ascolto. Continua a leggere I am waiting for you last summer – I am waiting for you last summer (2010)
Kwoon – When The Flowers Were Singing (2009)
Finalmente mi trovo a parlare dei Kwoon, gruppo post-rock parigino, nati nel 2006, anno del loro primo album autoprodotto Tales and Dreams. Vengono messi in relazione con i Sigur Ros, gli Explosions in the Sky e i Godspeed You! Black Emperor. Dopo tre anni iniziano a girare l’Europa per partecipare a Festival e cominciano ad organizzare tour. Personalmente apprezzo molto la loro scelta di fare Post-Rock cantato, senza però rendere le voci invasive.
L’album si compone di 10 tracce, di lunghezza molto variabile.
Overture ci introduce all’interno del mondo creato dal gruppo, con una chitarra che ci ricorda pesantemente gli Explosions in the Sky, mentre batteria e basso scandiscono il tempo.
Great Escape inizia con suoni quasi da carillon, con voce e violoncello che portano avanti la canzone, quasi fossero un unico strumento. Il tutto rimane su un tono abbastanza cupo, anche quando interviene la female vocalist, fino a sfociare al minuto 3:40 in un tripudio di post-rock puro, quasi più speranzoso e spensierato.
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Cold War Kids – Mine is yours (2011)
I Cold War Kids sono un gruppo alternative rock statunitense, più precisamente sono Californiani. Personalmente ignoravo la loro esistenza fino al 2011, quando per la prima volta mi sono imbattuto nel famoso (almeno per chi segue le nostre puntate settimanali) mercatino musicale fallimentare. Tra i vari dischi che comprai, mi incuriosì Robbers and Cowards, il loro primo album in studio del 2006. Ascoltandolo quasi come sottofondo, trovai alcuni spunti molto interessanti, che puntualmente ho ritrovato in questo loro ultimo album, Mine is yours.
Mono – Hymn To The Immortal Wind (2009)
67 minuti per 7 canzoni, in pieno stile post-rock.
Canzone iniziale “Ashes In The Snow” con sonorità che incantano, archi, pianoforte, chitarra.
Climax emotivo di “Burial at Sea”, quasi una lunga traversata per mare, archi che addolciscono la chitarra, facendola risuonare quasi angelica.
“Silent Flight, Sleeping Dawn” è un breve (si fa per dire) viaggio interiore, come del resto ogni canzone all’interno di quest’album.
“Pure As Snow (Trails Of The Winter Storm)” presenta note sparse che si incrociano simmetricamente, mentre i violini vanno a rappresentare il soffio del vento, crescente fino all’esplosione finale.
“Follow the map” in quasi 4 minuti collega la prima metà dell’album alle ultime due canzoni, pur non risultando un riempitivo.
In “The Battle To Heaven” ritroviamo il tanto amato (dai Mono) climax, con un inseguirsi di strumenti che riescono a riproporre una battaglia vera e propria per la conquista del Paradiso, pur, come sempre, senza l’utilizzo di una sola parola.
La conclusiva “Everlasting Light” si basa su un pianoforte che srotola note avvolte dall’orchestra, alle cui spalle irrompono chitarre che si inerpicano per poi ricadere su se stesse lasciando la chiusura a un giro di violini, presenza costante di tutto il viaggio mentale che quest’album costituisce.
Insomma, chiudete gli occhi per un ora e viaggiate, esplorando pensieri che non sapevate di avere.
Ministri – Tempi bui (2009)
Parto con un presupposto: i Ministri sono uno dei miei gruppi italiani preferiti.
Detto questo, specifico che non li seguo da molto tempo, diciamo che ho sentito per la prima volta una loro traccia tre anni fa circa; da allora, però, mi sono innamorato dei loro testi e del loro sound, cattivo quanto serve e in linea con i testi, grande punto a favore del gruppo.
Dunque, perchè partire da Tempi bui? Perchè è stato il primo album dei Ministri che ho sentito e che mi ha portato ad imparare a memoria la maggior parte dei testi.
Caparezza – Il Sogno Eretico (2011)
Caparezza è un artista che mi piace molto, anche se non amo il suo genere.
Non che sia una gran sorpresa per i fedeli ascoltatori delle nostre dirette, dato che mi capita spesso di passare qualche suo pezzo, ma ci tenevo a specificarlo, in quanto non riesco ad essere troppo critico nei suoi confronti.
Solitamente sono abituato a buttar giù le mie recensioni in una sorta di stream of consciousness e non voglio cambiare il mio modo di scrivere, dunque vi sorbirete ancora una volta le mie impressioni a caldo (caldissimo, in contemporanea con l’ascolto di questi pezzi che ormai conosco comunque a memoria).
Silver Mt. Zion: Fuck Off Get Free We Pour Light On Everything
(Quella che segue non è una vera e propria recensione dell’album ma le impressioni a caldo man mano che ascolto il disco per la prima volta. Magari queste impressioni cambieranno con un secondo ascolto.)
Da dove cominciare,
credo sia meglio parlare della trave, come prima cosa:
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[RevieWaste] Hellblinki – Oratory
Gli Hellblinki sextet sono un trio steampunk del Nord Carolina. Detto così sembrano degli idioti, ma come ogni gruppo indie che tenta di emergere, cerca di far riscontrare un qualcosa di strano sin dal nome. Il loro unico album che ho e’ Oratory, acquistato circa due settimane fa; mi hanno colpito sin da subito,vuoi per la voce del cantante fortemente modificata attravero filtri, vuoi per le sonorita’ particolari, a causa dell’unione di strumenti quali piano, synth e violini. C’e’ da dire, inoltre, che mi hanno sorpreso con la quinta canzone dell’album, Bella Ciao. Dopo i primi quattro brani (il primo si chiama The end, per fare gli alternativi ad ogni costo) abbastanza veloci e melodici, pur avendo la voce del cantante che sembra quasi stonare con il resto, ci ritroviamo con la nota canzone italiana.
[RevieWaste] Explosions in the Sky – The Earth Is Not a Cold Dead Place
Mi trovo quasi in difficoltà a dover parlare del mio gruppo preferito in assoluto. Aggiungiamo a cio’ il dover parlare del mio album preferito e della mia canzone preferita, ed allora capirete che non potro’ che essere di parte. Gli Explosions in the Sky sono un gruppo post-rock americano, composto da tre chitarre elettriche e una batteria (o alcune volte due chitarre elettriche, un basso e una batteria). Personalmente li ammiro molto per aver mantenuto inalterato il loro stile nel corso dei vari album, senza piegarsi al mercato.
L’album di cui voglio parlare brevemente è “The Earth is not a Cold Dead Place”.
L’apertura è lasciata a “First Breath After Coma”, accompaganata da una batteria sempre pulita e precisa; le chitarre ci accompagnano in modo psichedelico, a volte senza effetti di nessun tipo, altre volte distorte, andando a creare una sorta di climax che si chiude all’inizio della seconda parte della canzone, ma senza concludersi in modo preciso. Cosi’ arriva “The Only Moment We Were Alone”, che tutti ricorderanno per la pubblicità dei pisellini Findus. Ammetto che sentire una canzone quasi psichedelica associata all’immagine di una mano all’interno di un bustone di pisellini mi ha turbato e non poco, ma non per questo perde il suo fascino.
Rappresenta, come ogni canzone degli Explosions, un viaggio interiore che puoi vivere chiudendo gli occhi ed affidandoti alla musica. Proseguiamo allora con “Six Days at the Bottom of the Ocean”, forse la canzone più elegante dell’album, perfettamente suddivisa in due; la prima parte più calma, la seconda quasi incalzante, ma mai eccessiva. Memorial parte in modo molto tranquillo, forse addirittura troppo; per tutto il brano troviamo una tranquillità quasi assoluta, con poche ma significative variazioni di volume e accordi. Giungiamo dunque alla mia canzone preferita, che è anche l’ultima dell’album: “Your Hand In Mine”. Tre singole note aprono il brano; gli accordi cominciano ad inseguirsi, accompagnati solo durante i momenti più concitati dalla batteria acustica.
Arrivati a circa 2:25 inizia la canzone vera e propria: si presenta come un viaggio interiore, in contemplazione delle emozioni umane. Il crescendo della batteria giunge fino ad un punto in cui le emozioni esplodono insieme alla chitarra, ed il ritmo torna a cambiare; prima si trasforma quasi in una marcia, poi torna la calma. Giunge dunque al termine dopo un ultimo, breve, sprint.
Concludo dicendo solo che conviene sentire l’intero album, essendo un pilastro del Post-Rock moderno, avvicinandosi con una mentalità aperta e fantasiosa, in grado di cogliere le varie sfumature musicali in correlazione con la propria emotività.