Peppe Servillo & Soling String Quartet @ Atina Jazz, 25 Luglio 2014

Certe volte fa bene anche ascoltare qualcosa che non ci piace”, “Magari è meglio di quanto penso”.

Ho mormorato questo tipo di cose appena seduto al mio posto davanti al palco di Atina Jazz, mentre i due presentatori Gino Castaldo ed Ernesto Assante mi annunciavano che sarebbe di lì a poco iniziato un concerto di canzone napoletana con contorno d’archi. C’è da premettere che non conoscevo Peppe Servillo, ma siccome il collega Emilio me ne aveva dato un accenno positivo e la serata era propizia, ho colto l’occasione per fare la sua conoscenza. Non sapevo quindi che il contenuto della serata sarebbe stato tutto napoletano.

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Townes Van Zandt: il country dell’anima

Non è di certo semplice prendere uno dei pezzi più belli dei Rolling Stones, “Dead Flowers”, e migliorarlo, renderlo perfetto. Trasformare una ballad calda e avvolgente in un pezzo country morbido e deciso. Stemperare la base grezza e cruda del country rendendola amabile, ed indimenticabile. Ci è riuscito Townes Van Zandt.

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Kwoon – When The Flowers Were Singing (2009)

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Finalmente mi trovo a parlare dei Kwoon, gruppo post-rock parigino, nati nel 2006, anno del loro primo album autoprodotto Tales and Dreams. Vengono messi in relazione con i Sigur Ros, gli Explosions in the Sky e i Godspeed You! Black Emperor. Dopo tre anni iniziano a girare l’Europa per partecipare a Festival e cominciano ad organizzare tour. Personalmente apprezzo molto la loro scelta di fare Post-Rock cantato, senza però rendere le voci invasive.

L’album si compone di 10 tracce, di lunghezza molto variabile.

Overture ci introduce all’interno del mondo creato dal gruppo, con una chitarra che ci ricorda pesantemente gli Explosions in the Sky, mentre batteria e basso scandiscono il tempo.

Great Escape inizia con suoni quasi da carillon, con voce e violoncello che portano avanti la canzone, quasi fossero un unico strumento.  Il tutto rimane su un tono abbastanza cupo, anche quando interviene la female vocalist, fino a sfociare al minuto 3:40 in un tripudio di post-rock puro, quasi più speranzoso e spensierato.

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Cold War Kids – Mine is yours (2011)

I Cold War Kids sono un gruppo alternative rock statunitense, più precisamente sono Californiani. Personalmente ignoravo la loro esistenza fino al 2011, quando per la prima volta mi sono imbattuto nel famoso (almeno per chi segue le nostre puntate settimanali) mercatino musicale fallimentare. Tra i vari dischi che comprai, mi incuriosì Robbers and Cowards, il loro primo album in studio del 2006. Ascoltandolo quasi come sottofondo, trovai alcuni spunti molto interessanti, che puntualmente ho ritrovato in questo loro ultimo album, Mine is yours.

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Cat Stevens

“Tea for the Tillerman” e “ Teaser and the Firecat”. Dovrebbero bastare questi due nomi. I meno giovani che hanno avuto l’incomparabile fortuna di vivere musicalmente i primi anni ’70 sanno bene a cosa alludo. I più giovani potranno, con una buona dose di curiosità, accostarsi alla conoscenza di un capitolo fondamentale del rock britannico.

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Mono – Hymn To The Immortal Wind (2009)

67 minuti per 7 canzoni, in pieno stile post-rock.

Canzone iniziale “Ashes In The Snow” con sonorità che incantano, archi, pianoforte, chitarra.

Climax emotivo di “Burial at Sea”, quasi una lunga traversata per mare, archi che addolciscono la chitarra, facendola risuonare quasi angelica.

“Silent Flight, Sleeping Dawn” è un breve (si fa per dire) viaggio interiore, come del resto ogni canzone all’interno di quest’album.

“Pure As Snow (Trails Of The Winter Storm)” presenta note sparse che si incrociano simmetricamente, mentre i violini vanno a rappresentare il soffio del vento, crescente fino all’esplosione finale.

“Follow the map” in quasi 4 minuti collega la prima metà dell’album alle ultime due canzoni, pur non risultando un riempitivo.

In “The Battle To Heaven” ritroviamo il tanto amato (dai Mono) climax, con un inseguirsi di strumenti che riescono a riproporre una battaglia vera e propria per la conquista del Paradiso, pur, come sempre, senza l’utilizzo di una sola parola.

La conclusiva “Everlasting Light” si basa su un pianoforte che srotola note avvolte dall’orchestra, alle cui spalle irrompono chitarre che si inerpicano per poi ricadere su se stesse lasciando la chiusura a un giro di violini, presenza costante di tutto il viaggio mentale che quest’album costituisce.

Insomma, chiudete gli occhi per un ora e viaggiate, esplorando pensieri che non sapevate di avere.

Copertina dell'album, che riprende perfettamente lo stato d'animo dell'ascoltatore amante del pst-rock (me)
Copertina dell’album, che riprende perfettamente lo stato d’animo dell’ascoltatore amante del pst-rock (me)