Recensione di Ancora Rock’n’Roll di Abusivi

Autore: Abusivi

Titolo Album: Ancora Rock’n’Roll
Anno: 2015

Casa Discografica: La Grande V Records
Genere musicale: Punk-Rock

Voto: 7
Tipo: CD

Membri band:
Donato Zecchinato – voce
Davide Zordan – chitarra e cori
Alberto Baldo – basso
Francesco Baldo – batteria

Tracklist:
1. Ancora Rock’n’Roll
2. In Costume
3. Tr3
4. Neo Melodico
5. Avere La Barba
6. Laika
7. Piove Alcool
8. Pop-Corn
9. T.E.T.T.E.
10. Facebook
11. Tassativo

Un bel Rock (nello specifico Punk-Rock) italiano, ironico, scanzonato e attuale. Questa la mia impressione immediata di un album che mi ha positivamente incuriosita facendomelo ascoltare più e più volte. Loro sono gli Abusivi, rock band di Padova di recente formazione (2012). Il lavoro in questione è Ancora Rock’n’Roll, uscito nel settembre di quest’anno. In coerenza con i lavori precedenti il loro ultimo album è pervaso da una spiccata ironia, ed autoironia, nell’affrontare i temi del quotidiano con cui un giovane di oggi deve confrontarsi. Continua a leggere Recensione di Ancora Rock’n’Roll di Abusivi

Aidan Baker – Dualism (2016, 3CD Deluxe Edition)

Un esempio di discografia come forma d’arte contemporanea.
Musicalmente dark ambient, perfetto per fare da sottofondo ad una mostra in un capannone con mura di cemento bianco e opere sui muri e sul pavimento.
La versione deluxe è davvero luxe con un packaging che lo rende un bell’oggetto da collezione.

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Custodia in tela

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insert back-alt Continua a leggere Aidan Baker – Dualism (2016, 3CD Deluxe Edition)

Rimanere Lucidi: il primo EP dei Florio’s

Autore: Florio’s

Titolo Album: Rimanere Lucidi

Anno: 2015

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Rock

Voto: 8

Tipo: EP

Sito web: http://www.floriosband.it/

Membri band:
Valeria Maria Pucci – voce
Marco Nardone – chitarra
Davide Pascarella – basso
Riccardo Bianchi – batteria e percussioni

Tracklist:
1. Ho Sbagliato Tutto
2. Non Solo Tu
3. Dove
4. Vacanze Romane
5. Telo Blu

Rimanere Lucidi è il primo EP dei Florio’s, rock band del basso Lazio (Cassino) che, partendo da un’attività di cover e reinterpetazione in chiave rock di noti brani italiani anni ’60 e ’70, è approdata a sfornare propri inediti. Un disco tutto loro. Composto, arrangiato, suonato e registrato da 3 giovani musicisti ed una giovanissima cantante. Un bel punto di arrivo che ha a monte un alacre lavoro di rivisitazione e personalizzazione di classici italiani (iniziato nel 2011) e di partecipazione a contest musicali con annesse vittorie. Nel novembre 2014 vincono l’8° rassegna musicale ADSU al Teatro Ridotto de L’Aquila, mentre a maggio 2015 arriva la vittoria nella 1° edizione dell’Industrie Sonore Contest. E’ soprattutto nei live, con cui letteralmente invadono tutto il basso Lazio, che i Florio’s si formano le ossa. E dei live fanno proprio quel desiderio di immediatezza musicale priva di sovraincisioni. Caratteristica che cercano di rendere anche nella registrazione in studio, atta appunto a riprodurre la spontaneità artistica della performance dal vivo. E tale freschezza musicale emerge con forza all’ascolto dei 5 brani che costituiscono l’EP. Quattro inediti e una cover che sprigionano tanta energia rock e tematiche di tormento e disincanto. Un rock acido, a tratti impudente ed arrabbiato, che scuote l’ascoltatore catturato dai ritmi incalzanti e dalla voce pulita e suadente della cantante. La prima traccia dell’EP è Ho Sbagliato Tutto. Titolo che la dice lunga sul senso di dubbio e tormento che pervade un po’ tutto l’album. In un contesto di incertezza e sbagli, sempre in agguato nelle relazioni con gli altri, l’invito è quello di “rimanere lucidi”. Un brano dunque che si pone un po’ come manifesto programmatico dell’intero EP. Un pezzo veloce, un ritmo vivace, a tratti cupo, che si sposa perfettamente con il testo. Il secondo pezzo è Non Solo Tu. Energia e ritmo incalzante dalle prime battute. Un rock delicatamente duro che veicola ancora tormenti, frustrazioni, consapevolezze amare e personali rese. Rese appunto, ma mai capitolazioni. L’amarezza dei propri sbagli è sempre controbilanciata da un desiderio di energico riscatto. La terza traccia è Dove. Un incipit dal gusto punk rock. Veloce, martellante, lascia quasi subito spazio alla voce che, acuta e suadente, quasi urlando ci parla di amore. Di un amore perduto e perso di vista. Una fiamma che non brucia più e che si invoca, per un ritorno forse. Il tormento amoroso in questo brano trova nella parte strumentale un catalizzatore e una valvola di sfogo al contempo. Quindi giungiamo alla quarta traccia che è una cover. Vacanze Romane. Un rifacimento molto rock e molto raffinato del celebre brano dei Matia Bazar. Qui la voce dispiega tutte le sue potenzialità. Un incipit che cattura e trascina verso l’acuto della bravissima cantante che non ci fa rimpiangere per niente Antonella Ruggiero. Ne segue un andamento a tratti dolcemente sognante, a tratti decisamente rock. Bella questa scelta di inserire questa cover, quasi a voler smorzare un po’ i toni tormentati degli inediti. Quasi a voler portare una ventata di freschezza e relax in un contesto più acido. Una trovata schizofrenica, ma molto efficace. Arriviamo dunque al pezzo conclusivo, Telo Blu. Il brano inizia con la voce in primo piano rispetto alla parte strumentale. Riflessioni su una relazione d’amore. Qui si coglie però un senso di maggiore rilassatezza, una maggiore presa di coscienza che porta ad un accettazione più serena delle cose. Anche se il tema del dolore, della solitudine, del vuoto lasciato da un amore finito è sempre presente. Ciò che cambia, l’evoluzione rispetto al tormento dei brani iniziali, è il sentimento di riscatto e rinascita. La voglia di superare tutto questo, di innamorarsi ancora, di farcela senza di lui. Verso la fine del brano, supportata da un sound più cupo, la propositività si alterna al ricordo naturalmente amaro di un amore finito male. “vorrei vederti piangere, vorrei vederti ridere..di noi” Che dire? E’ un album che invade lo spazio acustico ed emozionale dell’ascoltatore, trasportandolo in un contesto a tratti amaro e disincantato, a tratti energicamente propositivo. Sempre profondo, mai patetico. E mi pare di capire che questo per i Florio’s sia solo l’inizio.

Sara Fabrizi

Enisum – Arpitanian Lands / Tundra – The Burning Fanatism (2015)

Split reviewaste per due bellissimi album tutti italiani del cosiddetto Atmospheric Black Metal o, come preferisco, post-black metal.

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È dalle Terre Arpitane che vengono gli Enisum, che inseriscono come luogo di provenienza la Val di Susa.
In questa dedica alle loro terre ci ho voluto leggere anche una posizione nelle contestazioni NoTAV, ma forse mi sbaglio.
Fatto sta che l’album è fantastico, evocativo, ben prodotto, scorrevole. In qualche modo risente del folk black. Il ritmo si rilassa e le chitarre si alleggeriscono di tanto in tanto lasciando spazio di manovra allo scream e al sound più forte.
Fauna’s souls con soave voce femminile al centro dell’album è una perla.

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La lineup di questo album comprende anche musicisti d’impatto della scena europea di questo genere.
Suona sfrenato, violento e senza scrupoli questo album, come il fanatismo bruciante che anima il corpo di un uomo.

 Sentire la tua presenza in ogni momento
vedere il tuo sguardo su di me in ogni momento
i tuoi occhi che mi spiano dal vuoto della tua vita schifosa
una sensazione insopportabile attraversa il mio corpo
non so resistere, non so resistere

I miei occhi iniettati di sangue e odio
bruciano la tua carne
le mie mani strappano a brandelli
quel poco cervello che ti è rimasto
e come un fanatico, guidato dall’estro eccessivo
con follia affiguro la tua ultima cena
e tu non esisti
e tu non esisti più

Tutte le strade portano a Miles

Ci ho provato. Mi sono allontanato dalla musica improvvisata nel tentativo di parlare d’altro: è stato così e non escludo lo sia anche in futuro. Ma il jazz è proprio la musica contro cui vado a sbattere continuamente, per tutta una serie di ragioni molto divertenti.
Per questo ho deciso di raccontarvi da dove viene questa mia strana passione. Tutto è cominciato con un disco abbastanza famoso che mi capitò fra le mani dopo mesi di ascolto compulsivo di American Idiot dei Green Day. Nel 2005 c’era ancora MTV e questo passava il convento se non volevi suicidarti prematuramente dopo aver guardato il video di The Reason degli Hoobastank. American Idiot lo consumai, arrivando a solfeggiare perfettamente Jesus of Suburbia. Si tratta di un album che ho amato, di un amore acerbo e adolescenziale. Poi però si insinuò in me quella curiosità per le cose complicate (e spesso inutilmente tali) che mi avrebbe accompagnato più o meno continuativamente per alcuni anni. Credo di essere passato al jazz anche perché in quel periodo mi era capitato di ascoltare roba prog italiana (Storia di un Minuto della Pfm, Crac! degli Area, per esempio), fatto sta che un giorno, nel mio stereo, mentre fuori dalla finestra impazzava la guerra in Iraq e Million Dollar Baby era il film dell’anno, andò a finire il celeberrimo Time Out del Dave Brubeck Quartet.
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RECENSIONE TERZO ALBUM DEI CREEDENCE CLEARWATER REVIVAL

Autore: Creedence Clearwater Revival

Titolo Album: Green River

Anno: 1969

Casa Discografica: Fantasy Records

Genere musicale: Rock

Voto: 9

Tipo: LP

Sito web: http://www.creedence-online.net/

Membri band:
John Fogerty – voce, chitarra, sax tenore, armonica a bocca, tastiere
Tom Fogerty – chitarra, voce
Stu Cook – basso
Douglas “Cosmo” Clifford– batteria, voce

green riverTracklist:
1. Green River
2. Commotion
3. Tombstone Shadow
4. Wrote A Song For Everyone
5. Bad Moon Rising
6. Lodi
7. Cross-Tie Walker
8. Sinister Purpose
9. The Night Time Is The Right Time

La terza fatica dei mitici CCR è l’album della consacrazione? Si può parlare di un album della consacrazione per una band che dal primo disco non ha avuto una pecca? Che ha scalato i vertici delle classifiche portando il blues nella sua dimensione più rock ed accessibile? Forse no, ma di sicuro ogni album in più rappresenta un’ulteriore conferma di un vero e proprio fenomeno. Il prolifico John Fogerty, autore di quasi tutti i brani, non sbaglia un colpo, rafforzando la sua innegabile leadership. Continua il percorso che rappresentò un pò la “mission” dei CCR, ossia l’affrancamento dal continuum blues per approdare ad un rock minimale ma di impatto. Anche se, come già visto in precedenza, le blues roots non verranno perse mai. Si trasformeranno semmai, rimanendo sullo sfondo. Come a dire che tutto nasce dal blues, e al blues ritorna. Green River, questo il titolo dell’album. Pare che il nome si ispirasse ad una bevanda piuttosto in voga fra i giovani di El Cerrito. Il pezzo di apertura è quello che dà il nome all’album, Green River appunto. Vero e proprio capolavoro, come già nei 2 album precedenti l’apertura è sempre col botto. Radici blues ben salde qui. E un “chitarrismo” surreale, evocante psichedelia, che si trova naturalmente molto a suo agio nell’anno 1969. Una canzone azzeccatissima per il periodo. Trascinante e leggermente estraniante. Il secondo brano è Commotion. Dalla prima battuta risulta subito evidente la natura hard blues del pezzo. Potrebbe appartenere all’Hendrix più psichedelico e schizofrenico, per come è suonato. Il finale è forte, con un potente rullo di batteria che chiude il brano in maniera secca. Il terzo pezzo è Tombstone Shadow. Tipico brano da garage-band. La sua forma sincopata rivela la somiglianza con i Cream di Clapton. Un ibrido che mi azzarderei a definire garage blues. Incalzante. Il quarto brano è una ballad. Wrote A Song For Everyone. Probabilmente una delle serenate folk più belle che siano mai state composte. Un brano che trasuda pathos, passione. La vena romantica di Fogerty qui fluisce libera. C’è un andamento dolce, scandito da una batteria che ci accompagna delicatamente in un mondo ideale fatto di empatia, amore, pace. Ballad che più “ballad” non si può. Pensiamo a quanto Springsteen sia debitore a canzoni del genere. Il quinto brano è uno dei più stranoti della ditta Creedence. Bad Moon Rising. Semplicemente folk. Woody Guthrie è qui, ma con meno retorica e più realismo. Pezzi come questo rivelano l’impegno socio-politico dei CCR (quasi imprescindibile all’epoca). Impegno velato, ma sempre presente, anche se non raggiungerà mai i forti toni di denuncia della migliore tradizione folk americana di Guthrie and co. E sempre nell’alveo dell’impegno restiamo con il sesto brano, Lodi. Un classico rock’n’roll di matrice operaia che di sicuro ha fornito ottimi spunti sia a Springsteen che ad altri folksingers a seguire. Il settimo brano è Cross-Tie Walker. Qui assistiamo al tentativo di coniugare generi diversi ma affini come il country e il folk su una base rock’n’roll semplice ed elementare. Un pezzo dal sapore più “antico”, che affonda in quel rock pregresso spesso definito come “rock delle praterie”, quindi Buffalo Springfield e The Byrds essenzialmente. L’ottavo brano è Sinister Purpose. Una splendida cavalcata dal sapore quasi hard rock, con una progressione incalzante e a tratti claustrofobica ed estraniante. Se ce la immaginassimo più esasperata, cupa ed enfatica potrebbe benissimo essere un pezzo dei Black Sabbath. Brano bellissimo, potente. A chiudere l’album è una cover. The Night Time Is The Right Time. Classico del soul targato Brown/ Cadena/ Herman. Già proposto da Ray Charles nel decennio precedente, qui viene reinterpretato con un ritmo trascinante, con un piglio rhythm’n’blues da Rolling Stones. Niente altro da aggiungere su un album che, forte di una formula ormai consolidata, non presenta una sbavatura. E che, forte dell’atmosfera del ’69 fatta di tours, festivals e soprattutto Woodstock, manda sempre più in orbita la band di John Fogerty.

Sara Fabrizi

Top 10 Albums 2015 (Manuel edition)

Come l’anno scorso e l’anno prima. Non è una classifica ma album in ordine sparso pubblicati nel 2015 e che hanno particolarmente colpito Manuel.

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Cortometraggio – Sbüssen

“Proviamo  a girare un corto?”

“Ma ti droghi?”

Nacque più o meno così  il nostro progetto, in un bar, 4/5 ragazzi stanchi della monotonia del paesello.

“Perché no?”

Gli interrogativi erano molti, forse troppi.

“Chi lo scrive? Con cosa lo giriamo? Il montaggio? Gli attori? Saremo in grado?”

“Il collettivo ce la farà.”

Siamo stati ambiziosi, forse troppo, ma da qualche parte bisogna pur partire. Il lavoro di documentazione e scrittura è stato lungo e difficoltoso, pur scegliendo uno stile narrativo non lineare e concentrandoci sulla ricerca di uno stile registico ben delineato e distinguibile, anche grazie alla scelta di stesura di uno storyboard.

Il nostro progetto è stato avvalorato anche dall’aiuto di alcuni musicisti della zona (Dola J. Chaplin, Emilio Quaglieri) che ci hanno permesso di far fare un ulteriore salto di qualità al corto.

Vorremmo ringraziare sentitamente i nostri attori (Tullio, Barbara, Valentina, Emilio, Joe e Ilaria) che ci hanno supportato nonostante i nostri limiti, un altro sentito ringraziamento va alle varie attività che hanno permesso la realizzazione del corto (Marsella Foto/Video, Artrock Cafè, Bibliotè).

Il collettivo non si ferma, abbiamo in lavorazione una seconda sceneggiatura tratta da un racconto, speriamo di proporvela al più presto.

“Cosa significa Sbüssen?”

“Questa domanda è proprio Sbüssen”